L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Le bandiere

Per fortuna la maggioranza delle persone ha poche occasioni nella vita (almeno, spero che tutti ne abbiano meno bisogno possibile) per poter apprezzare l’importanza di gesti di sostegno apparentemente piccoli, ma in realtà fatti al momento giusto e con uno certo stile da una persona che a sua volta si trova in una situazione abbastanza particolare. Tra le occasioni capitate a me, posso ricordare pubblicamente le parole di un collega palestinese: nei primissimi giorni della guerra in Ucraina mi ha fatto capire, con la tipica diplomazia orientale, quanto bene capisce lo stato mentale del cittadino di uno Stato che ha iniziato una guerra di m…
Tra le occasioni visibili a tutti, ora posso ricordare le bandiere israeliane esposte a Kiev:

Tutti sono liberi a inventare cosa volevo dire con questo post.


Un’altra guerra

Il Servizio Stampa delle Forze di Difesa Israeliane chiede di non diffondere le immagini di coloro che sono stati uccisi e catturati da Hamas perché si tratta di familiari di qualcuno. È una logica comprensibile, come tante altre logiche secondo le quali non andrebbero mostrate le vittime delle guerre e del terrorismo. Ma, allo stesso tempo, ogni volta mi chiedo: come si fa a trasmettere l’idea che le guerre e il terrorismo sono brutte cose se non facciamo vedere i loro effetti?

Chissà quanti altri personaggi e gruppi in giro per il mondo hanno deciso che ora, mentre l’Occidente è concentrato sulla guerra in Ucraina, si possa tentare di fare qualcosa di «straordinario».


Il “mistero” dei like

Sul social X di Elon Musk stanno accadendo delle cose molto divertenti. Per esempio: il 29 giugno 2023 l’utente Pekka Kallioniemi ha pubblicato il post che riporto di seguito. La foto del post mostra Musk con Naila Asker-zadeh, una presentatrice e propagandista televisiva russa.

All’epoca della pubblicazione il post non aveva provocato una reazione particolare tra il pubblico. Dopo che Musk ha pubblicato un pessimo meme con Zelensky, Pekka ha ripostato il proprio tweet e quest’ultimo è diventato virale: ora ha oltre 25 milioni di visualizzazioni.
A quel punto Pekka e i suoi follower hanno iniziato a osservare con stupore delle strane avventure dei like a questo post: da un lato aumentavano rapidamente, ma dall’altro si perdevano costantemente da qualche parte in decine di migliaia, come se andassero a farsi un giro da qualche parte.


Qui potete seguire in tempo reale le avventure dei like del suddetto post e come vengono gradualmente cancellati.


È noto da tempo che se Musk mette un like o un commento sotto un post su X, quel tweet riceve un’enorme priorità nell’algoritmo: viene mostrato a decine di milioni di persone.
Ovviamente Musk non poteva apprezzare il tweet di Pekka, ma noi dobbiamo essere fiduciosi: questo non ha alcuna correlazione con il fatto che il tweet di Pekka periodicamente perde decine di migliaia di like. Evidentemente, l’algoritmo di X è leggermente guasto. Sappiamo benissimo che Musk è un grandissimo difensore della libertà di parola di Musk.


Un’altra cretina

Nel corso della conferenza stampa dedicata all’annuncio dei vincitori del premio Nobel per la chimica, al Segretario generale dell’Accademia delle Scienze reale svedese Hans Ellegren è stato chiesto: cosa ha guidato l’Accademia delle Scienze nell’assegnare il premio a uno scienziato russo: in particolare, vista la guerra in corso in Ucraina.
Hans Ellegren, considerate la sua professione e la situazione in cui è stata posta la domanda, non poteva certo chiedere alla giornalista cosa la abbia guidato nel fare le domande cretine. Io, invece, ho la grande fortuna di poterlo chiedere. Ho pure la fortuna di poter rispondere alle proprie domande.
Posso dunque ricordare che le scoperte scientifiche – come pure tutti i risultati intermedi delle ricerche e i rami abbandonati delle singole ricerche – contribuiscono allo sviluppo del pianeta intero. Non importa da chi siano stati fatti: indipendentemente dalla cittadinanza, luogo di nascita e/o di residenza, il colore dei capelli, il numero delle scarpe, le preferenze politiche etc. etc., i risultati scientifici «funzionano» sempre allo stesso modo.
In particolare, Alexei Ekimov – il fisico russo premiato ieri con il Nobel per la chimica – dal 1999 vive e lavora negli USA, non ha condotto le proprie ricerche appositamente per lo Stato russo, non si è espresso a favore della guerra in Ucraina. Di conseguenza, non si capisce perché il suo contributo al bene globale debba essere ignorato solo a causa del suo luogo di nascita. Vale anche per altre migliaia di scienziati russi che negli ultimi mesi stanno avendo dei problemi burocratici per colpa delle persone che il quoziente di intelligenza negativo come il giornalista di cui sopra.


Poteva impegnarsi in altro

Elon Musk sta facendo tutto il possibile per convincermi di essere scemo. Ieri, per esempio, ha pubblicato questo tweet (oppure ora si chiamano iksate?):

(pubblico lo screenshot perché le pubblicazioni online spesso spariscono, soprattutto  da Twitter  da X)
Secondo me potrebbe smettere di sprecare le forze. Mi sono convinto. O quasi…


La deportazione pseudo-volontaria

Migliaia di armeni residenti in Nagorno Karabakh hanno improvvisamente saputo di non poter più stare a casa propria. E si sono messi in viaggio verso il territorio armeno ancora esistente:

Da diversi decenni sapevano di non essere voluti a casa propria. Erano abituati allo stato di guerra di fatto ininterrotto. Potevano immaginare che prima o poi il conflitto riguardante la loro terra sarebbe arrivato a una svolta, positiva o negativa per loro. Ma tutto questo non rende meno drammatica (e non giustifica) la situazione nella quale si trovano ora.


La lettura del sabato

Per questa volta vi segnalo l’intervista con l’americana Sarah Ashton-Cirillo, la portavoce (anche se temporaneamente sospesa dal 20 settembre) delle Forze di Difesa Territoriali dell’Esercito ucraino per comunicare con il pubblico occidentale. L’intervista è stata fatta prima della sospensione e, in ogni caso, ha alcuni elementi interessanti.
Tra le altre cose, Ashton-Cirillo ammette di non voler essere neutrale e ci aiuta, in questo modo, di ricordare che in una guerra entrambe le parti dirette diffondono la propaganda e non le informazioni. Teniamone conto quando leggiamo le notizie su quanto avviene.


Annalena Berbock testimonia

Ieri, improvvisamente, è stata fatta una ammissione interessante: la ministra degli Esteri tedesca Annalena Berbock ha dichiarato alla CNN che alcune delle armi inviate dalla Germania all’Ucraina non funzionavano. E i dubbi circa il funzionamento – ma anche la capacità di utilizzo da parte dei militari ucraini – ostacolano la fornitura di altri armamenti, almeno da parte della Germania.
Boh… A me sembra di vedere due soluzioni – praticabili anche contemporaneamente – abbastanza ovvie al problema: 1) fornire più armamenti, per fare in modo ne funzioni correttamente una percentuale più alta possibile; 2) iniziare, finalmente, a fornire qualcosa di più recente e serio. La prima soluzione è naturalmente limitata dalla disponibilità fisica delle scorte, la seconda richiede l’addestramento dell’esercito ucraino (anche n temini di coordinamento tra le varie forze che compongono l’esercito). Ma in oltre un anno e mezzo di guerra ci si poteva organizzare o almeno preparare un piano concettuale…


Solo statistiche

Le Forze per le Operazioni Speciali ucraine hanno affermato che il 22 settembre nell’attacco missilistico contro il quartier generale della Flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli sono stati uccisi 34 ufficiali russi e feriti 105 militari russi. Tra gli uccisi, secondo l’esercito ucraino, ci sarebbe anche il comandante della Flotta russa del Mar Nero, l’ammiraglio Viktor Sokolov.
Si tratta sicuramente delle notizie di cronaca (e, probabilmente, delle informazioni storiche) interessanti, ma, allo stesso tempo, possiamo dire che quei numeri sono solo delle statistiche. Infatti, nel caso di un attacco del genere non ha alcuna importanza chi in particolare è stato ucciso e/o cosa è stato distrutto. Lo Stato russo ha tanti ufficiali (nessuno dei quali sembra distinguersi particolarmente per le proprie qualità professionali) e tiene tutti i documenti militari e tecnici in formato digitale (lo presumo perché secondo me ormai succede anche negli Stati dell’Africa centrale). Di conseguenza, un attacco del genere – assieme a tutte le sue conseguenze esprimibili in perdite umane o materiali – ha più un valore simbolico e motivazionale per l’esercito ucraino. Quest’ultimo, dopo oltre un anno e mezzo di guerra, ha tantissimo bisogno di essere motivato anche con dei successi del genere.


Le fantasie trasmesse da Lavrov

Il 23 settembre, in occasione della conferenza stampa tenutasi a New York sui risultati della 78a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che la Russia «sostiene» l’integrità territoriale dell’Ucraina a condizione che vengano rispettate le clausole della Dichiarazione di indipendenza del 1991. E ha fatto capire che secondo lui in Ucraina non sarebbero state rispettate alcuni punti della suddetta Dichiarazione: i diritti delle minoranze nazionali, della lingua russa e di altre lingue.
In questo modo, in sostanza, ha ammesso che tutti i «problemi» con i quali sono stati giustificati l’annessione della Crimea e l’invasione del Donbass sono stati inventati e creati dalla Russia stessa. Perché tranne il rafforzamento graduale della lingua ucraina in qualità della lingua ufficiale di tutto il Paese — che solo con tanta fantasia può essere vista come una violazione della Dichiarazione del 1991 — non mi ricordo di avere notato altre manifestazioni del mancato rispetto del documento citato.
Insomma, Lavrov si è esercitato, come al solito, nella inutile e immotivata demagogia statale russa. Potevamo aspettare da lui qualcosa di diverso? No. E allora chiudiamo il caso.