L’archivio della rubrica «Nel mondo»

I rifugiati russi

Leggo che solo in Finlandia 1109 cittadini russi hanno chiesto asilo per paura di essere arruolati nell’esercito russo ed essere mandati alla guerra in Ucraina. Il Servizio Immigrazione finlandese ha dichiarato al media Yle che le autorità non possono concedere loro lo status di rifugiato senza una posizione dell’UE sulla questione.
Purtroppo, tale notizia è un nuovo motivo per ricordare quanto sia stupida la politica europea di oggi nei confronti dei comuni cittadini russi. In sostanza, viene ripetuto lo stesso errore che era già stato commesso ai tempi del Terzo Reich, quando i comuni tedeschi in disaccordo con la politica del proprio regime erano spesso di fatto costretti rimanere in (o tornare in) Germania a causa dell’impossibilità di stabilizzarsi — con le condizioni di vita normali — in altri Stati europei. I russi di oggi, come i tedeschi di 80+ anni fa, sono spesso costretti a tornare «da Putin» solo per avere una casa, una assistenza medica, una possibilità di lavorare etc. etc. Ma tornando contribuiscono, anche involontariamente, al prolungamento della sopravvivenza della economia di guerra russa. Mentre i politici europei, ottenendo la vittoria facile contro un nemico immaginario, contribuiscono alla continuazione della guerra. E dimostrano di non conoscere la propria storia.
Posso capire una politica del genere da parte della Ucraina: in essa c’è una forte componente emotiva e la paura delle infiltrazioni pericolose. La politica europea in materia, invece, è per nulla razionale: possono essere inventati diversi strumenti per il controllo della «qualità», del grado di rapporto con lo Stato russo e della posizione sulla guerra delle persone in ingresso.
Ma non so proprio in quale modo diplomatico (in tutti i sensi del termine) spiegarlo ai vertici europei…


Il Ministero della «Difesa» russo ha dichiarato, sul proprio canale Telegram, che una stazione radar e cinque lanciatori del sistema di difesa aerea statunitense Patriot sono stati completamente distrutti durante un attacco a Kiev nella notte del 16 maggio. La CNN, invece, ha citato delle fonti secondo le quali il sistema Patriot ha subito danni minimi nell’attacco russo e continua a funzionare.
Indipendentemente da quale sia l’affermazione più vicina alla realtà, vorrei mettere in evidenza la portata dell’evento discusso: dopo quasi quindici mesi di guerra l’esercito russo cerca di difendere un grande risultato quale il danneggiamento di un Patriot.
Naturalmente, da parte mia non è assolutamente una lamentela. Anzi.


Un po’ di analisi fotografica

Bene, per la seconda giornata di fila scrivo di Alexander Lukashenko.
Questa è la sua foto del 9 maggio 2023 scattata durante la parata sulla Piazza Rossa a Mosca:

Mentre questa sarebbe la sua foto scattata ieri, il 15 maggio 2023, a Minsk (dopo le voci riguardanti la sua prolungata assenza):

Lasciando da parte le reazioni e le emozioni che provoca la seconda foto, riconosco di essere vicino al chiedermi se si tratti di a) della stessa persona, b) di due persone. Sì, punto.


Ieri pomeriggio alcuni giornalisti si sono accorti che il presidente bielorusso autoproclamato Alexander Lukashenko – che non appare in pubblico dal 9 maggio – non si è presentato nemmeno al festeggiamento ufficiale della Giornata della bandiera, dello stemma e dell’inno, che si celebra in Bielorussia il 14 maggio. Il 9 maggio Lukashenko aveva partecipato alla parata per il Giorno della Vittoria a Mosca, ma ha saltato una colazione informale con il Presidente russo Vladimir Putin e, a quanto pare, sarebbe partito in anticipo per Minsk a causa di problemi di salute. In molti ipotizzano ora che Lukashenko sia gravemente malato o addirittura morto. I portavoce di Lukashenko non diffondono alcun comunicato e non rispondono alle domande dirette de giornalisti.
Ah, sì: alcuni sostengono che il 9 maggio Lukashenko era a Mosca con un catetere mascherato in questo modo:

Ovviamente io non intendo commentare (o partecipare alla creazione) le varie voci, ma non posso non menzionarne una veramente strana (in qualche modo poteva arrivare anche a voi). C’è chi sostiene che Lukashenko sia in fase di eliminazione da parte dello Stato russo. Il motivo sarebbe l’utilizzo del territorio, dell’esercito e delle risorse bielorussi per la guerra in Ucraina: quell’utilizzo al quale Lukashenko è sempre riuscito a opporsi.
Ebbene, a me sembra una ipotesi un po’ stupida. Certo, Putin e i suoi collaboratori hanno già combinato diverse cose molto stupide – a cominciare dal fatto stesso di attaccare l’Ucraina –, ma contare sul fatto che poche decine di militari preparati e attrezzati non meglio di quelli russi possano cambiare qualcosa nell’andamento della guerra sarebbe una manifestazione di disperazione totale. Se Putin non lo capisce, le sue condizioni mentali sono infinitamente peggio di quanto pensassi.
E sembrava impossibile…


I Storm Shadow per l’Ucraina

È bello constatare che nella storia difficile della fornitura degli armamenti alla Ucraina è stato superato un altro ostacolo mentale: l’UK ha fornito alla Ucraina diversi missili da crociera a lungo raggio Storm Shadow (con una gittata di oltre 250 chilometri, ha riferito la CNN) a condizione che le forze armate ucraine non li utilizzino per colpire obiettivi in territorio russo. Allo stesso tempo, la CNN ha osservato che le autorità britanniche hanno ripetutamente affermato di considerare la Crimea un territorio ucraino illegalmente annesso dalla Russia. Il quotidiano ucraino «Strana», poi, ha precisato che i missili Storm Shadow forniti dal Regno Unito sono prodotti in diverse modifiche, tra cui anche quelle con una gittata di oltre 560 chilometri.
Fatto questo, tanto atteso, passaggio qualitativo nelle forniture, si piò ricominciare a parlare almeno con l’intensità di prima del passaggio quantitativo: il presidente Zelensky sta ripetendo da mesi che controffensiva ucraina non può iniziare senza un giusto volume delle forniture occidentali. Se dovessero arrivare almeno i missili del genere, potremmo essere un po’ meno pessimisti sulla durata della guerra: perché l’esercito russo non può contare sui miglioramenti analoghi.


Uno scambio degli auguri

Quasi per caso ho scoperto che uno degli scambi di auguri più «divertenti» del 9 maggio si è verificato nella data indicata in un punto di confine tra la Russia e l’Estonia. In sostanza, per il Giorno della Vittoria le autorità della cittadina di Ivangorod (nella regione di Leningrado, cioè nella provincia di San Pietroburgo) hanno organizzato un concerto «patriottico» appositamente per i residenti della città di Narva, in Estonia. Uno schermo e un palco sono stati allestiti sul lungomare della città russa, ben visibile dalla sponda estone. La distanza tra Narva e Ivangorod è di soli cento metri, se si considera il punto più stretto del fiume Narva sul quale passa il confine tra due Stati. Le due città sono collegate dal Ponte dell’Amicizia. Dalla riva di Narva era ben visibile il palco, decorato con la bandiera russa e con un nastro di San Giorgio gigante che corre lungo il bordo. Il palco su cui le autorità russe hanno organizzato il concerto per la popolazione di Narva si trovava proprio di fronte alla Fortezza di Narva ed era rivolto verso di essa. A circa 150 metri sulla sinistra, accanto a un edificio abbandonato, era stato montato uno schermo che riproduceva quello succedeva sul palco.

Dalla parte estone, invece, sul muro della fortezza di Narva, è stato appeso uno striscione con un ritratto di Putin con delle macchie di sangue sul volto e la scritta «Putin war criminal». Lo striscione è stato appeso dal Museo di Narva, proprietario delle mura della fortezza, nelle prime ore del 9 maggio.

Già alle 10 del mattino, le delegazioni dei due Stati si sono incontrate sul Ponte dell’Amicizia. L’incontro è avvenuto sulla iniziativa dalla parte russa, la quale ha chiesto la rimozione dello striscione. Gli estoni hanno risposto dicendo che «il banner non è vietato» dalle leggi locali, quindi non c’è alcun motivo di toglierlo.
Trovo qualcosa di esteticamente soddisfacente nelle risposte del genere.


Una delle forme di solitudine

Ieri Vladimir Zelensky ha presentato al Parlamento ucraino un progetto di legge che stabilisce la celebrazione della Giornata della memoria e della vittoria sul nazismo nella Seconda guerra mondiale l’8 maggio (invece del 9 maggio sovietico/russo). Ha inoltre dichiarato – con un decreto presidenziale – il 9 maggio Giornata dell’Europa in Ucraina (come nell’UE).
Almeno la prima delle due azioni sarebbe stata molto logica anche senza la guerra che stiamo osservando ora: una data festiva comparsa sul calendario solo per la mania di grandezza di Stalin già in partenza c’entrava poco con la vittoria sul nazismo e con la memoria di tutte le vittime della Seconda guerra mondiale. Nell’epoca putiniana, poi, il 9 maggio si è progressivamente trasformato in una festa del militarismo e della riscrittura della storia del XX secolo. L’aspetto del militarismo si manifesta non solo nella esibizione faraonica degli armamenti sulla Piazza Rossa, ma anche nella imposizione del culto della guerra tra la popolazione russa. Quel culto che all’inizio di maggio di ogni anno assume le sue forme visive peggiori: a volte un po’ imbarazzanti…

… e a volte decisamente ripugnanti…

… mentre nel resto dell’anno si infiltra nella cultura e nella quotidianità (ok, non sono sempre due cose separate) con il continuo parlare dei soli aspetti militari della data. A me sembra una primitivizzazione un po’ brutta della storia.
La riscrittura della storia – il secondo aspetto che caratterizza il 9 maggio putiniano – si manifesta, fondamentalmente, in due concetti pubblicamente trasmessi: 1) l’URSS avrebbe vinto la Seconda guerra mondiale da sola, senza alcun aiuto; 2) l’URSS non avrebbe avuto degli alleati nella Seconda guerra mondiale (questo secondo concetto è relativamente nuovo, ancora in fase di formazione/formulazione, che sta parzialmente sostituendo il primo).
Tale trasformazione della festa del 9 maggio è in una buona misura dovuta al progressivo isolamento di Vladimir Putin nella politica internazionale e, a un certo punto, si è trasformata in una delle cause dell’isolamento stesso. Partendo dall’idea di non avere degli alleati nell’Occidente, è arrivato alla convinzione di avere solo (o quasi) nemici. Girandosi a 180°, ha trasformato la festa della fine della guerra in una festa dell’inizio della guerra. Ma non ha ancora cambiato il nome della festa: non ha fatto in tempo oppure si è dimenticato.
Vladimir Zelensky, che vede e capisce queste cose meglio della maggioranza di noi, ha dunque fatto benissimo a cambiare le date.


Anche senza l’intelligence…

Kyrylo Budanov, il capo della Direzione principale dell’intelligence del Ministero della Difesa ucraino, ha dichiarato che la Russia non avrebbe le risorse militari, economiche e politiche per condurre operazioni offensive in Ucraina (ma solo quelle per difendere le posizioni già ottenute).
Effettivamente, sembra quasi una dichiarazione da Capita Ovvio: non c’è stata la tanto temuta offensiva invernale e non si osservano degli eventi che possano far prevedere quella estiva. Di conseguenza, Budanov conferma indirettamente un’altra tesi: in questo momento la continuazione di una guerra «attiva» conviene più alla Ucraina che alla Russia. Finché si combatte, l’Ucraina riceve gli aiuti (e l’unità nazionale interna) per procedere verso la vittoria, mentre la Russia (intesa come lo Stato di Putin) avrebbe bisogno di una pausa per rinnovare le scorte del materiale bellico (a questo punto saluto tutti quei geni alternativi che tifano per le trattative).
Il prossimo passaggio logico che potremmo fare è: alla Ucraina conviene provocare la Russia putiniana per garantire la continuazione dei combattimenti accesi.
Eh sì: in una guerra non ci può essere alcunché di bello.


L’utilità delle decapottabili

Anche in questi tempi percepisco, a volte, la necessità di scrivere qualcosa di non strettamente attuale, ma riguardante qualche evento storico curioso che si ripropone nella vita di oggi…
Penso che sia abbastanza nota la battuta sul fatto che una Ferrari sarebbe utile per viaggiare gratis in autostrada: è una macchina talmente bassa che può passare sotto la sbarra del casello senza che il proprietario paghi per farla alzare. Ma in realtà le auto basse – quelle sportive e/o cabriolet – possono rivelarsi molto utili anche in altre occasioni. Oggi vi racconto di un bel esempio storico.
All’inizio degli anni ’60 l’austriaco Heinz Meixner, durante uno dei propri viaggi di lavoro nella Germania dell’Est, incontrò una ragazza del posto: Margaret Thurau. Tra i due si stabilì una relazione sentimentale, ma gli incontri, purtroppo, non furono tanto frequenti: solo nelle occasioni delle visite lavorative di Heinz nella DDR. I tentativi di Margaret di lasciare legalmente la DDR per sposare Heinz fallirono: partire definitivamente da tutta l’area socialista era una impresa impossibile. Si poteva solo tentare di fuggire.

Di conseguenza, Heinz Meixner elaborò un piano di fuga. Per recarsi a Berlino Est Heinz ha sempre utilizzato un motorino, quindi durante uno dei viaggi riuscì Continuare la lettura di questo post »


L’organizzazione «Reporters senza frontiere» ha pubblicato la sua classifica annuale sulla libertà di stampa nel mondo. Su quella classifica, in particolare, vediamo che la Russia è scesa dal 155° al 164° posto (su 180 totali). Certo, è strano che non sia ancora scesa al 181° posto, ma la strada è bloccata da un concorrente fortissimo: la Corea del Nord.
Allo stesso tempo l’Ucraina – dove vige la legge marziale – è salita dal 106° al 79° posto della classifica nel corso dell’ultimo anno.
Trovo utile, a questo punto, mettere in evidenza la differenza tra due «censure di guerra» che nell’Occidente non tutti riescono a capire.
L’Ucraina ha imposto delle restrizioni alla diffusione di informazioni a causa della legge marziale. Un mese dopo l’inizio dell’invasione russa, è entrata in vigore una legge che limita la diffusione di informazioni militari. Ai giornalisti è stato vietato di pubblicare foto e video che mostrino le strutture militari, i movimenti delle forze armate, i luoghi di bombardamento e il numero di attrezzature militari. Il divieto non si applica ai materiali pubblicati dal Ministero della Difesa ucraino. Nelle condizioni di una guerra in corso sembra un provvedimento dotato di una sua logica interna.
In Russia, invece, oltre ai vecchi e ben noti problemi gravi con la libertà di stampa, con l’inizio della guerra si è aggiunta una nuova particolarità. In base alla nuova normativa, è vietato diffondere qualsiasi informazione diversa da quella comunicata pubblicamente dal Ministero della Difesa russo. Non importa che pubblichi la verità (circa i successi o insuccessi dell’esercito russo) o il falso (circa gli insuccessi o successi dell’esercito ucraino): anche se l’informazione diffusa potrebbe essere sfruttata a proprio favore dalla propaganda russa (ok, se fosse sufficientemente intelligente), hai comunque commesso un reato. In sintesi: non importa se hai diffuso un segreto o hai dichiarato il falso, l’unica colpa attribuibile e attribuita ai giornalisti è quella di non essere in linea con i comunicati del Ministero.
Negli ultimi mesi mi è capitato più volte di tentare a spiegare il concetto riguardante la norma russa ai giuristi italiani. Secondo la mia impressione, non tutti sono riusciti a capirlo. E alcuni, sempre secondo la mia impressione, hanno pensato che si trattasse di una delle mie solite battute.