L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Un problema dimenticato

Ieri, parlando dell’attentato al Krokus Hall City del 22 marzo, Putin ha detto che «la Russia non può essere l’obiettivo degli attacchi terroristici dei fondamentalisti islamici» perché secondo le sue «fonti» i terroristi avrebbero avuto l’obiettivo di «danneggiare l’unità nazionale russa» (di uno enorme Stato multinazionale? Boh…).
Insomma, fa di tutto per non ammettere di essere stato avvisato dell’attentato con settimane di anticipo dagli americani. Allo stesso tempo, io sono sorpreso dal fatto che nel corso delle due settimane passate dal giorno dell’attentato non abbia accusato l’Ucraina con quella intensità che tanti si aspettavano. Nei primi giorni tale fenomeno poteva anche essere spiegato con un alto grado di disorientamento mentale del personaggio. Mentre nel periodo successivo avrebbe anche potuto inventare dei cosiddetti «risultati delle indagini»: ma non abbiamo visto nulla di particolare.
Altrettanto interessante, però, è il fatto che tutti gli altri solo grazie a quell’attentato si sono accorti di avere una visione molto limitata del mondo. Negli ultimi due anni ci siamo abituati ad avere al centro della nostra attenzione le guerre in Ucraina e in Israele, ma ci siamo dimenticati che per i terroristi dell’ISIS rimaniamo (noi, tutti gli occidentali) degli infedeli che, per esempio, non hanno mai lasciato la Siria agli islamisti. E, di conseguenza, che «andiamo puniti». Putin, poi, per una varietà di motivi era realmente convinto di essere l’ultimo a rischiare: per esempio, perché da anni cerca di fare l’amicizia con i vari gruppi estremisti in giro per il mondo.
Ma se ignoriamo il (o ci dimentichiamo del) problema, esso non sparisce.


Ancora con la mobilitazione

Vladimir Zelensky, durante la conferenza stampa di ieri a Kiev con il presidente finlandese Alexander Stubb, tra le altre cose ha dichiarato: «Posso dire che la Russia sta preparando la mobilitazione di 300 mila militari supplementari per il 1° giugno». Ma non è il primo a parlare della «nuova mobilitazione» e non è il primo a menzionare il numero di 300 mila persone. Anche se la mobilitazione in Russia non si è fermata dall’autunno del 2022 (dopo la prima grande ondata sta continuando, piano piano, nelle remote province russe), non si può teoricamente escludere la possibilità di una seconda grande ondata. Nel nostro mondo odierno tutto è possibile.
Non è interessante tentare di indovinare «se ci sarà o meno una seconda mobilitazione»: a un certo punto ce ne accorgeremo facilmente. È molto più interessante capire perché sarebbe necessaria. Serve per mandare di nuovo al fronte decine di migliaia di russi che non sono in grado di combattere, con uniformi comprate a loro spese? Metterli in trincee scavate con le loro stesse mani e dire loro di sparare con i bastoni? (Perché non ci sono infrastrutture e armi nemmeno per loro: proprio come la volta precedente).
Che senso pratico ha una tale mobilitazione e che minaccia rappresenta per l’Ucraina? Al massimo, gli ucraini spenderanno qualche decina di bombe, non le più costose, per eliminare la carne fresca russa. E poi?


Una classifica triste

La rivista Forbes ha pubblicato ieri la sua classifica annuale delle persone più ricche del mondo. La classifica include un numero record di miliardari provenienti dalla Russia: 125 persone su un totale di 2781 miliardari della Terra.
Ciò che mi interessa personalmente di questa notizia non sono i numeri in sé, ma il fatto che la lista annuale include un numero record di persone concrete che non hanno alcun motivo di essere invidiate. Sì, hanno «un sacco» di soldi, ma non possono farci nulla. Fuori dalla Russia non possono spenderli, anche se non dovessero essere ancora stati congelati. In Russia, tutte le cose principali sono già state comprate e possono essere tolte in qualsiasi momento (se si perde il favore della persona più importante nello Stato). Se si cerca di fuggire con tutti i propri beni, si pagherà caro sia l’uscita che l’ingresso (sempre che si riesca a lasciare la Russia e a entrare in un Paese decente). Quindi sono costretti a rimanere a case con le loro ricchezze praticamente virtuali.
Di conseguenza, si tratta di una presenza molto triste alla lista di Forbes.
E pensate che avrebbero potuto essere accettati come cari (in tutti i sensi, ahahaha) ospiti fuggiti da Putin e, eventualmente, pronti a finanziare l’Ucraina…


La lettera dei 39 premi Nobel

L’altro ieri il «T-invariant» (un media degli scienziati russi che vivono all’estero) ha pubblicato una lettera aperta contro il regime di Putin, firmata da 39 premi Nobel (e da centinaia di altre persone). I firmatari – tra cui scienziati, economisti e scrittori – hanno chiesto ai leader mondiali di aumentare il sostegno alla Ucraina nella sua lotta all’invasione russa, di proteggere i prigionieri politici in Russia e di non riconoscere Putin come presidente russo legittimamente eletto. Ma leggete la lettera stessa: è inutile tentare di riassumerla.
Io, intanto, posso dire quanto segue.
I primi due dei punti che ho elencato sono dei motivi abbastanza validi per unire le brave persone sotto un’unica «bandiera» (in pratica, tali appelli non risolvono e non possono risolvere nulla). A causa di una sola lettera firmata da celebrità, i leader mondiali, ovviamente, non si sveglieranno e non diranno «è vero, perché non ci abbiamo pensato prima?!», mentre i firmatari sentiranno che almeno non sono rimasti muti di fronte a quello che succede, ma hanno tentato di indirizzare l’opinione pubblica in una giusta direzione.
Purtroppo, il terzo punto della lettera è molto controverso, anche se pure altre brave persone (realmente brave) ne parlano da settimane. Purtroppo, nella realtà odierna Putin è ancora il principale funzionario della Russia. Di conseguenza, se qualcuno dei leader mondiali un giorno volesse o dovesse discutere del rilascio degli ostaggi occidentali, dello scambio di prigionieri di guerra o di prigionieri politici russi, o, a un certo punto, anche della fine della guerra in Ucraina, dovrà farlo proprio con Putin dall’altra parte del tavolo (finché egli sarà vivo e in grado di parlare). E come si può discutere di tutto questo con un presidente che voi stessi non riconoscete?
Insomma, i 39 premi Nobel si sono rivelati dei grandi idealisti. Anche se sono delle brave persone.


Tra colleghi

Alcuni media russi scrivono del messaggio di congratulazioni inviato da Ismail Haniyeh, il leader dell’ala politica di Hamas, a Putin per la vittoria di quest’ultimo alle «elezioni» presidenziali della settimana scorsa. In base al suddetto messaggio, Hamas conterebbe di «rafforzare i legami di amicizia e sviluppare la cooperazione» con la Russia e augura a Putin di «lavorare con successo nell’interesse del popolo russo».
La notizia viene riportata con il riferimento al comunicato pubblicato dalla agenzia statale russa «RIA Novosti» (dunque esperta nella produzione di fake news di vario genere), ma non direttamente al messaggio di congratulazioni stesso nel canale Telegram di Hamas. Io non sono stato in grado di verificare l’effettiva esistenza del messaggio di congratulazioni nel canale bloccato da tempo, e non ho ancora trovato alcun link alternativo. Ma anche supponendo che tutto ciò che viene detto nella notizia sia vero, quella notizia è bellissima. Ero abituato a leggere le cose del genere solo nelle barzellette e testi satirici, ma ora vedo che qualche giornalista-oppositore si è infiltrato in un media statale russo e ha scritto delle congratulazioni fatte da un terrorista all’altro…
Quindi, anche se dovesse trattarsi di una notizia inventata, doveva essere pubblicata comunque.


Non era uno scherzo

Il 12 marzo l’amministrazione di Joe Biden ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari da 300 milioni di dollari per l’Ucraina. Tale pacchetto comprende:
– missili antiaerei Stinger;
– munizioni supplementari per i lanciarazzi multipli HIMARS;
– proiettili d’artiglieria da 105 mm e 155 mm, comprese munizioni ad alto esplosivo e munizioni a grappolo avanzate a doppio uso;
– sistemi anticarro AT-4;
– munizioni per armi leggere;
– munizioni per lo sgombero degli ostacoli, pezzi di ricambio e altre attrezzature di supporto.
Ma la cosa purtroppo più importante è che si tratta di un pacchetto sostanzialmente misero, quasi invisibile per l’esercito ucraino che sta combattendo con la stessa intensità di prima.
A questo punto devo constatare che le parole di Putin (pronunciate nella famosa intervista a Carlson) sul fatto che Biden sarebbe il presidente americano più comodo per la Russia putiniana non sono assolutamente uno scherzo o un tentativo di indurre gli americani di votare il candidato opposto (sapete quale). Intenzionalmente o no, ma ha detto la verità: un presidente americano che aiuta l’Ucraina con tale «forza» è effettivamente molto comodo allo Stato russo attuale.


L’aggressione a Leonid Volkov

La sera di ieri, il 12 marzo, Leonid Volkov – uno dei principali collaboratori di Alexey Navalny – è stato aggredito a martellate vicino alla sua abitazione a Vilnius.
Tra parentesi: (alcuni media occidentali definiscono Volkov il collaboratore principale di Navalny. Ebbene, i giornalisti di quei media non sono molto aggiornati: lo era fino ad almeno cinque o sei anni fa. Ma non importa: questo fatto non rende l’aggressione un fatto meno grave).
Il fatto interessante è che in una intervista rilasciata poche ore prima Leonid Volkov, rispondendo alla domanda su quali siano i rischi principali che vede ora per la squadra di Navalny, ha detto: «Il rischio principale ora è che saremo tutti uccisi. Beh, è una cosa abbastanza ovvia».
Lo capisce lui, lo capiscono gli altri, lo dovrebbero capire anche le autorità di diversi Stati…


Gli amanti greci del rischio

Il quotidiano greco Proto Thema scrive che il corteo di Vladimir Zelensky sarebbe finito sotto tiro (russo) a Odessa, dove il presidente era giunto per incontrare il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis. Secondo il giornale, le truppe russe hanno lanciato un attacco missilistico su Odessa intorno alle 11:43 ora locale del 6 marzo, poco prima dell’incontro tra Zelensky e Mitsotakis. L’esplosione è avvenuta a 150 metri dal luogo in cui si trovava la delegazione greca, anche il corteo di Zelensky si trovava in quella zona. Nessuno dei partecipanti all’incontro sarebbe rimasto ferito; dopo la fine dell’incontro la delegazione greca ha visitato alcuni luoghi della città.
Lo scrivo perché l’incontro ha avuto una caratteristica particolare: non solo non è stato annunciato in anticipo (è normale: succede ogni volta che qualche politico occidentale viene in Ucraina), ma non è stato nemmeno pubblicizzato poco prima dell’inizio o mentre era già in corso. Dalle visite precedenti dei grandi leader occidentali abbiamo imparato che proprio l’annuncio anticipato – pubblico o trasmesso solo al Cremlino – ha garantito la sicurezza di quei leader: l’esercito russo ha sempre avuto paura di ucciderli o ferirli provocando chissà quale risposta «simmetrica». Di conseguenza, potremmo supporre che l’annuncio sia una specie della garanzia della sicurezza fisica.
Questa volta, invece, non si capisce se sia trattato di una tipica spensieratezza greca o della presunzione che Putin non si ferma più davanti a niente. Entrambe le opzioni mi sembrano molto interessanti.


Le vere indagini

L’altro ieri 43 Stati hanno chiesto alla Russia di condurre un’indagine internazionale indipendente sulla morte di Alexei Navalny. La richiesta è stata pronunciata, a nome di quegli Stati, dalla ambasciatrice dell’UE presso le Nazioni Unite Lotte Knudsen.
In questo momento non ho voglia di indagare se si tratti di una manifestazione collettiva di pura stupidità (ingenuità?) o di una battuta di scarsa qualità fatta in un momento sbagliato (che sarebbe sempre la manifestazione di una intelligenza limitata). Mi limito a dire che io non avrei mai sprecato il tempo della mia unica vita per chiedere le indagini all’unico responsabile del crimine in questione.
Vorrei invece ricordare ai lettori che l’indagine internazionale è già in corso. È stata avviata – senza alcuna richiesta da parte degli Stati o Organizzazioni internazionali – dal noto a molti di voi progetto Billincat. I suoi autori riconoscono la difficoltà estrema della missione, ma, allo stesso tempo, sottolineano che le loro indagini saranno anche in un certo senso facilitate dalle caratteristiche particolari del luogo del delitto. Infatti, la zona del carcere dove è stato ucciso Navalny è molto isolata e poco popolata: proprio per questo qualsiasi raro evento (o anomalia) viene notato dalla popolazione e poi rimane nella memoria senza essere «coperto» da altri numerosi ricordi cronologicamente successivi. Di conseguenza, è tecnicamente possibile avviare da subito un buon ritmo delle indagini.
Sono sicuro che i risultati arriveranno. Ora anche voi sapete da quale fonte aspettarli.


Lo humor di guerra

Questa volta il discorso annuale di Putin davanti alle Camere riunite del «Parlamento» russo (tenutosi ieri) ha avuto solo un aspetto che può essere definito interessante e sorprendente: non è stato dedicato interamente alla guerra e alle minacce all’Occidente. Questa volta ha parlato anche della Russia, quindi dello Stato le cui problematiche interne reali non lo hanno mai interessato in un modo particolare. Ha raccontato che la Russia che «si trova dalla parte del bene» (non è una citazione, ma il senso generale di una parte del discorso) sta crescendo e crescerà ancora di più, lo Stato russo aiuterà a tutti perché per esso l’importanza della vita è fondamentale (posso ridere?), gli «eroi» della «operazione militare speciale» dovrebbero raggiungere i vertici direzionali del Paese… Ah, e poi Putin pensa — non sappiamo ancora quanto ragionevolmente — di poter fare dei piani almeno fino al 2030. Insomma, oltre al semplice fatto di una certa varietà degli argomenti, nulla merita lo spreco del tempo per i commenti.
Di conseguenza, non vorrei che dietro a questo evento abbastanza noioso vengano perse le poche e rare cose relativamente interessanti.
Spostiamoci alla città ucraina di Orekhiv: si trova a circa 60 chilometri a sud-est di Zaporizhzhya e a meno di 40 chilometri dalla città di Tokmak occupata dall’esercito russo. Secondo l’amministrazione militare ucraina regionale, Orekhiv è distrutta al 95%. I combattimenti attivi per Orekhov hanno avuto luogo nella primavera del 2022, poi l’esercito ucraino è riuscito a difendere la città, rendendola un importante centro logistico a 10 chilometri dalla linea del fronte. Nel febbraio 2024 le forze armate ucraine hanno affermato che le truppe russe avevano accumulato riserve nell’area di Orekhiv e si stavano preparando per un’offensiva sulla città…
Ma nei giorni scorsi sulla bacheca dedicata ai sospetti ricercati dal Servizio di sicurezza dell’Ucraina sono comparsi due nuovi avvisi. Uno di questi avvisi «wanted» riporta la descrizione di Vladimir Putin, mentre il secondo riporta la descrizione del governatore di nomina russa dei territori occupati della regione di Zaporizhzhya, Yevhen Balitsky:

Mi piace il fatto che i militari ucraini abbiano mantenuto, dopo oltre due anni di guerra, una certa capacità di scherzare: è una buona fonte di speranza per la vittoria…