È stato varato lo yacht «Scheherazade», il cui proprietario reale, secondo i collaboratori del politico-investigatore Alexei Navalny, sarebbe Vladimir Putin. Il fatto del ritorno sull’acqua è stato comunicato in un video dal canale YouTube «eSysman SuperYachts» (un canale YouTube gestito da ex e attuali membri dell’equipaggio delle varie superyacht).
Va ricordato che all’inizio di maggio 2022, lo yacht «Scheherazade» era stato fermato nel porto italiano di Marina di Carrara, in Toscana. Le autorità italiane hanno affermato che il proprietario dello yacht era legato alle autorità russe. Se «Scheherazade» dovesse scappare – indipendentemente dal fatto che sia mai stato utilizzato o meno da Putin – sarà una cosa non bellissima.
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
La Bloomberg scrive che l’ufficio del Presidente ucraino non vedrebbe dei segni di spaccatura tra la leadership militare e quella politica dell’Ucraina dopo l’intervista rilasciata dal comandante in capo delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny alla rivista The Economist sulla situazione del fronte (io avevo già scritto di quella intervista).
Direi che in questo specifico caso il comunicato della Bloomberg è da considerare logico, razionale e quindi affidabile. Infatti, Valery Zaluzhny mi sembra, praticamente da quando è iniziata la guerra in Ucraina, uno dei più grandi geni militari dei nostri tempi: non solo per la sua capacità di affrontare il nemico con quei mezzi disponibili che non sono mai stati particolarmente abbondanti, ma anche per la sua capacità – manifestata pubblicamente in molte occasioni – di analizzare e spiegare la situazione bellica corrente. Di conseguenza, la crisi tra Zelensky e Zaluzhny trasformatasi in qualcosa di grave (per esempio, la rimozione del secondo) sarebbe una perdita enorme per l’Ucraina. Suppongo che Zelensky lo capisca e cerchi di fare tutto il possibile per evitare ogni forma di crisi.
La Commissione europea ha raccomandato al Consiglio dell’UE di avviare i negoziati con l’Ucraina e la Moldavia per la loro adesione all’UE a una serie di condizioni. Inoltre, la Commissione ha raccomandato al Consiglio dell’UE di concedere alla Georgia lo status di Paese-candidato «a condizione che il Governo del Paese compia importanti passi di riforma».
A questo punto bisogna fare una constatazione abbastanza triste. È vero che i negoziati per l’adesione possono durare diversi anni (nel caso dell’Ucraina tale durata sarà di fatto dovuta anche alla attesa della fine della guerra), è vero che lo status del Paese-candidato può durare anche decenni, ma le raccomandazioni della Commissione arrivano comunque in uno dei momenti più sbagliati di sempre. Infatti, proprio in queste settimane abbiamo visto con la massima chiarezza – spero che lo abbiate visto anche voi – il colossale fallimento delle grandi organizzazioni interstatali. Di quelle organizzazioni come l’ONU o l’UE le cui decisioni principali devono essere prese all’unanimità in base al principio che tutti gli Stati-membri abbiano lo stesso peso e gli stessi diritti. Ma sulla pratica vediamo che questo principio idealista non funziona come si sperava.
Da un lato, alcuni Stati sfruttano il suddetto principio per difendere i propri comportamenti aggressivi con il potere di veto (succede prima di tutto all’ONU). Dall’altro lato, diversi Stati altrettanto poco responsabili sfruttano lo stesso principio per prostituirsi: letteralmente vendono il proprio voto (e il proprio veto) a quegli Stati che sono disposti a pagare (succede sia all’ONU che all’UE). Si potrebbe dunque logicamente dedurre che proprio il principio di uguaglianza abbia portato alla impossibilità di quelle grandi organizzazioni di fare qualcosa contro le guerre che sono attualmente in corso; ma anche contro quelle future. Quelle organizzazioni andrebbero dunque fortemente riformate o sostituite con qualcosa di nuovo e più adatto alla vita reale.
La Commissione europea, invece, continua a fare finta che vada tutto bene e raccomanda i negoziati con gli Stati nuovi, alcuni dei quali molto probabilmente andranno a «prostituirsi» come ho scritto prima (intendo prima di tutto la Georgia attuale perché è governata dai personaggi filo-putiniani e non intenzionati a lasciare il potere in un modo democratico). Probabilmente si tratta solo di un naturale istinto di sopravvivenza burocratica, ma è comunque un fenomeno tristissimo.
I rappresentanti democratici hanno bloccato al Senato degli Stati Uniti la proposta di legge repubblicana sugli aiuti di emergenza a Israele nella quale non è previsto l’aiuto anche per l’Ucraina: hanno giustamente osservato che l’aiuto all’Ucraina è ugualmente urgente e importante. Questa notizia non è tanto una notizia, avremmo potuto anche ignorarla in attesa del risultato finale nelle discussione sul provvedimento.
È invece curioso notare che nella richiesta di Joe Biden di approvare lo stanziamento dei 106 miliardi di dollari è contenuta anche la componente – una specie di una delle «sottorichieste» – di continuare a finanziare la costruzione del muro sul confine tra gli USA e il Messico. Un muro la cui costruzione è iniziata molto prima della Presidenza di Trump, continua ora, ma ha provocato tanto rumore solo ai tempi di Trump. Io ho dei forti dubbi sulla utilità di quel muro e non sono assolutamente un trumpista, ma allo stesso tempo sono fortemente divertito dalla capacità delle persone di scandalizzarsi per certe azioni solo quando esse vengono intraprese dai personaggi a loro antipatici.
Probabilmente alcuni di voi sanno che a marzo del 2024 in Ucraina avrebbero dovuto svolgersi le elezioni presidenziali; il presidente in carica Zelensky già in agosto 2023 aveva confermato la propria intenzione di candidarsi per il secondo mandato.
Ieri sera, però, nell’ormai tradizionale discorso serale alla nazione Zelensky ha detto:
We must realize that now is the time of defense, the time of the battle that determines the fate of the state and people, not the time of manipulations, which only Russia expects from Ukraine. I believe that now is not the right time for elections. And if we need to put an end to a political dispute and continue to work in unity, there are structures in the state that are capable of putting an end to it and giving society all the necessary answers. So that there is no room left for conflicts and someone else’s game against Ukraine.
[traduzione ufficiale dall’ucraino presa dal sito presidenziale]
Apparentemente Zelensky aveva la scelta tra due opzioni ugualmente peggiori: far svolgere le elezioni a marzo (quindi nel periodo regolare: in prossimità della scadenza del proprio mandato) ma solo su una parte del territorio ucraino (quello non occupato dall’esercito russo) oppure posticipare le elezioni ai tempi di pace (giustificandosi con lo stato di guerra vigente) ma rischiando di passare per dittatore in patria e all’estero.
Lo svolgimento delle elezioni ora, ai tempi di guerra, mette a rischio quelle unità nazionale e concentrazione che servono per condurre con successo la guerra. Il posticipo delle elezioni potrebbe mettere a rischio gli aiuti provenienti dall’estero (soprattutto dagli USA) in quanto alcuni politici potrebbero – a partire dal marzo 2024 – considerare Zelensky un presidente non legittimo.
A favore della scelta di Zelensky annunciata ieri per ora c’è solo una cosa relativamente concreta: i risultati delle ricerche sociologiche. Infatti, in un sondaggio condotto dall’Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev nell’ottobre di quest’anno, l’’81% degli ucraini intervistati ha affermato che le elezioni dovrebbero tenersi dopo la guerra, mentre il 16% si è espresso a favore dello svolgimento delle elezioni nonostante la guerra.
Di conseguenza, per ora posso dire solo una cosa: Zelensky si è inventato un nuovo compito diplomatico difficile. Oltre a chiedere le armi all’Occidente, ora deve anche difendere la propria scelta sulle elezioni di fronte allo stesso Occidente. Io non sono in grado di dire se abbia fatto bene o male a non rischiare di distruggere l’unità politica interna nel corso di una guerra difensiva.
Il Times of Israel, citando un diplomatico ucraino, scrive che il Presidente ucraino Vladimir Zelensky avrebbe avuto dei piani per recarsi in visita in Israele la prossima settimana, ma il viaggio potrebbe essere cancellato a causa di fughe di notizie sulla visita.
Nel fatto della cancellazione della visita non c’è alcunché di strano: per motivi di sicurezza, durante la guerra Zelensky fa solo i viaggi-sorpresa (sorpresa per tutti tranne i servizi di sicurezza ucraini e dello Stato di destinazione).
Allo stesso tempo, bisogna capire che non c’è alcunché di strano nemmeno nella intenzione di andare in Israele (il quale aveva in precedenza negato l’aiuto militare alla Ucraina attaccata). Infatti, Zelensky e i vertici israeliani potrebbero logicamente ipotizzare che i futuri aiuti militari statunitensi vengano realmente approvati come un «pacchetto unico» proposto da Biden. E, di conseguenza, vorrebbero mostrare al Congresso statunitense che aiutare l’uno significa aiutare anche l’altro: per convincere entrambi partiti ad approvare il suddetto pacchetto a favore di un fronte unito contro gli antidemocratici.
Direi che è una logica che può essere presa in considerazione.
Chi ne ha la possibilità tecnica (o è pratico con i metodi non convenzionali ahahaha), può leggere la interessante intervista del Comandante in capo dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny alla rivista The Economist pubblicata il 1 novembre.
In sostanza, il senso generale delle cose che dice Zaluzhny consiste in due concetti:
1) una constatazione dei fatti evidente a tutti da mesi, ma mai espressa ufficialmente dalle autorità ucraine per non provocare una ondata di rassegnazione tra il popolo: la guerra rischia di diventare molto lunga e sempre molto difficile da combattere;
2) un avvertimento all’Occidente: se gli aiuti militari materiali e concreti non dovessero essere intensificati a breve, tutti gli aiuti passati (già abbastanza costosi) rischiano di diventare un inutile spreco di risorse (perché nessuno può garantire che l’Ucraina possa vincere una lunga guerra di posizione).
Per ora l’intervista non sembra un segnale di rassegnazione. Sembra, invece, un ultimo avvertimento preciso e pesante.
Non ho molta voglia di commentare la prank call fatta alla Giorgia Meloni da quei due provocatori che da oltre dieci anni fanno i loro «scherzi» telefonici sempre – ovviamente per puro caso – a favore del Cremlino. In Italia è già stato scritto più o meno tutto il possibile su questo grande fallimento tecnico italiano. Però è una buona occasione per fare una importante precisazione sul modo di seguire la guerra in Ucraina.
Nel corso della suddetta telefonata Meloni avrebbe pronunciato la frase «La controffensiva dell’Ucraina non sta andando come ci si aspettava», inserendola in un discorso non limitato a una sola espressione. Non è assolutamente la prima e, purtroppo, non è l’ultima a esprimere pubblicamente un concetto del genere. Ed è un grosso problema: la gente – indipendentemente dal grado di istruzione, dalla posizione sociale, dalla professione esercitata o dall’incarico ricoperto – continua a usare il termine controffensiva in un modo assolutamente inappropriato. Avrà imparato dai giornalisti incompetenti e/o interessati solo ai titoli «forti»? Ora non importa.
L’importante è il fatto che una controffensiva è una risposta immediata all’attacco altrui. Uno ti da un pugno in faccia, e tu lo ricambi subito, in quel momento (invece di iniziare a rincorrerlo, aspettarlo sotto la casa sua etc.). Oppure i militari altrui si avvicinano alla tua capitale, ma dalla città escono di corsa delle truppe di riserva che in poche ore o giorni rispingono l’avanzata del nemico. Una controffensiva è un tipo ben determinato di risposta.
Quello vediamo sul fronte ucraino da oltre un anno non è una controffensiva. È una guerra quasi di posizione con tutte le sue caratteristiche che possiamo osservare quotidianamente: quindi un processo e non una azione. Se da un processo ti aspetti gli effetti tipici di una azione, per forza ti stanchi e ti deludi. Ma è un problema tuo, non di chi si sta difendendo in una guerra.
L’esercito ucraino non è stato capace di condurre una controffensiva a febbraio/marzo 2022. Noi non possiamo criticarlo per tale incapacità: quanti altri eserciti avrebbero potuto affrontare una simile disproporzione di forze come lo ha fatto e lo sta facendo l’esercito ucraino? Secondo me pochissimi. I Governi occidentali (compreso quello di Giorgia Meloni) hanno fatto abbastanza per far durare di meno questa guerra? A me sembra che si limitino a fare ciò che permetta all’Ucraina non perdere subito.
Uno dei passi importanti verso la fine della guerra in Ucraina – quella fine nella quale spero io – consiste nello smettere di aspettare gli effetti di una controffensiva da una guerra. Dunque, smettere anche di ingannare sé stessi e gli altri con l’uso del termine inappropriato controffensiva.
I compilatori del Collins English Dictionary hanno scelto «AI» (che sta, come ben sapete, per «artificial intelligence») come la parola del 2023. In particolare, la parola AI è stata scelta a causa del rapido sviluppo della tecnologia osservato nel corso del 2023. Secondo le statistiche, quest’anno il termine AI sarebbe stato utilizzato dalla gente quattro volte più spesso rispetto all’anno precedente.
Io, da parte mia, posso constatare almeno due fenomeni legati all’AI.
In primo luogo, testimonio che secondo le mie osservazioni sempre più studenti universitari di oggi raccolgono le informazioni e i dati per le loro tesi di laurea e/o relazioni per i corsi non attraverso le ricerche su Google, ma attraverso le richieste (in verità formulate più o meno bene) ai vari chatbot basati sull’AI. In alcune occasioni me lo dicono loro stessi, in alcune occasioni me ne accorgo io dai risultati che mi portano, e a volte semplicemente ne sento parlare nelle aree comuni della mia Facoltà. Di fronte a tale situazione io mi sento, a volte, un esponente della generazione dei dinosauri che cerca ancora nei testi, nelle note, nelle liste bibliografiche e su Google… Ma poi, a volte, mi metto sperimentare con qualche chat gp pure io: qualche volta sono riuscito a usarlo bene, ahahahaha
In secondo luogo, confermo che pure io, a volte, uso l’AI del browser per generare quelle cose che non sono capace o non ho proprio voglia di fare con le proprie mani. E se una moda è riuscita a raggiungere me, vuol dire che è diventata realmente di massa. In questo specifico caso non posso proprio dire che sia una moda stupida: in molte occasioni realmente aiuta!
Di conseguenza, concordo con i compilatori del Collins English Dictionary.
E voi cercate di non rimanere indietro con le tecnologie.
Dopo la vittoria (spero vicina) il Twitter – anzi, l’X – dell’IDF potrebbe diventare uno degli strumenti, una delle tante componenti di quella propaganda positiva dello Stato d’Israele che va finalmente creata: la sua assenza, purtroppo, ha portato tantissime persone in giro per il mondo a tifare i terroristi con l’illusione di «difendere i deboli». Fissarsi con i principi e, allo stesso tempo, sconnettersi totalmente dalla realtà è abbastanza pericoloso…
בשעות האחרונות כוחות משולבים של צה"ל, בהובלת כוחות יבשתיים מנהלים קרבות עזים בעומק שטח הרצועה. כוחות צה״ל תקפו מוצב של מחבלי חמאס בצפון הרצועה. הכוחות חיסלו עשרות מחבלים, חוליות שיגור נ״ט ועמדות לשיגור נ"ט, עמדות תצפית ותפסו אמצעי לחימה רבים, בהם מטענים ונשקים pic.twitter.com/3lau5FN9nd
– צבא ההגנה לישראל (@idfonline) October 31, 2023
Certamente spero che il ruolo principale nella suddetta futura propaganda sia quello dei civili, ma per ora trovo interessante studiare l’account su X indicato.