L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Strubb sulle trattative

Il presidente finlandese Alexander Strubb in una intervista a Le Monde ha dichiarato che dopo la prima fase delle trattative sulla pace in Ucraina, si sta avvicinando la fase in cui dovrebbero iniziare i negoziati con la Russia. Allo stesso tempo, secondo il suo parere, il ritiro delle truppe russe dai territori ucraini non può essere considerato una precondizione per l’avvio dei suddetti negoziati.
Direi che si tratta di una «proposta» non più comprensibile di quella di Trump. Vuole che il ritiro completo dell’esercito russo sia il risultato delle trattative? Ma allora c’è il rischio che l’Ucraina non ottenga la riparazione russa dei danni causati dalla guerra (Putin potrebbe dire di avere già concesso tanto). Oppure, addirittura, vuole che si discuta dai quali territori ucraini si debba ritirare l’esercito russo e dai quali no? In questo caso si tratta dei negoziati sulla pesantezza della resa da parte della Ucraina (e gli ucraini, logicamente, si chiederanno per cosa hanno combattuto per tutto questo tempo). Oppure intendeva qualche altra opzione? Boh…
Insomma, se qualcuno dovesse avere un piano per i negoziati tra l’Ucraina e la Russia, sarebbe meglio che lo esponga per intero. Altrimenti fa la figura di una persona non particolarmente intelligente.


Quale quadro era

Per puro caso ho scoperto che «L’Ultima cena dei drug queen alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi» della quale si lamentano i deficienti di tutto il mondo sarebbe questa:

Ehm, è una delle pochissime scene della cerimonia che mi è capitato di vedere (domenica ho pure postato il relativo video), ma senza il suggerimento dei suddetti deficienti non avrei mai immaginato che si trattasse di una imitazione de «L’Ultima Cena»… Evidentemente non ho abbastanza fantasia e/o conoscenze in materia. Per me, tanta gente vestita in modo strano seduta a un lato di un lungo tavolo nelle pose non tipiche non richiama in alcun modo la famosa opera d’arte; il personaggio sdraiato sul tavolo non sembra proprio appartenere al cristianesimo (per i più tonti nella descrizione è chiamato Dioniso); non si capisce cosa c’entri «L’Ultima Cena» con il contesto generale della cerimonia e/o delle Olimpiadi.
A questo punto sono andato a informarmi e ho fatto una bella scoperta: Continuare la lettura di questo post »


Le nuove prove indirette

Come molto probabilmente sapete (o facilmente immaginate) lo Stato russo solitamente tende a negare o ridimensionare verso il basso tutte le notizie sulle sue perdite militari in Ucraina diffuse dalla parte ucraina e/o occidentale. In una certa misura è un comportamento comprensibile (allo stesso tempo non so se è sempre giusto), ma questo non significa che non ci debba interessare la portata reale delle perdite.
Per esempio, ieri sera ho letto che il servizio russo della BBC ha trovato una nuova, facile e interessante prova indiretta che confermerebbe i comunicati ucraini su una parte delle perdite russe: nessuna delle navi militari russe che l’Ucraina ha dichiarato di aver danneggiato o distrutto nell’ultimo anno ha preso parte alla parata navale in onore della Giornata della Marina russa.
Dal 2022, l’esercito ucraino ha attaccato più di 20 navi e imbarcazioni di supporto russe, di cui almeno sette sarebbero state distrutte. Secondo i calcoli dei giornalisti, solo dall’agosto 2023 sono state attaccate 11 navi e imbarcazioni.
Nel 2024, la trasmissione ha mostrato parate a San Pietroburgo, Baltiysk, Vladivostok, Severomorsk, Kaspiysk e alla base russa di Tartus in Siria. Secondo la BBC, durante la trasmissione della parata navale principale tenutasi a San Pietroburgo, sono state mostrate solo due navi della Flotta del Mar Nero. Si trattava della corvetta «Mercury», che dal 2024 svolge missioni presso la base russa di Tartus, e della fregata «Admiral Grigorovich». La stessa Flotta del Mar Nero è stata menzionata due volte durante le relazioni dei comandanti della flotta.
Bene, ora siamo un po’ più informati e ci fidiamo un po’ di più (almeno io) delle dichiarazioni ucraine.


La lettura del sabato

I lettori europei, molto probabilmente, non se ne sono ancora accorti (ed è normale, non hanno il bisogno «pratico» di accorgersi di certe cose), ma una delle principali somiglianze tra la Russia e la Bielorussia degli ultimi anni consiste nel fatto che la maggioranza delle cose che succedono in Bielorussia possono essere considerati un anticipo di quello che succederà nei prossimi mesi – rispetto all’evento originale – in Russia. Ogni atto repressivo, ogni riduzione dei diritti dei cittadini, ogni passo verso un maggior autoisolamento del Paese adottato in Bielorussia viene dopo qualche tempo imitato dagli abitanti del Cremlino di Mosca.
Una delle principali differenze (per ora) consiste nel fatto che il regime di Lukashenko può permettersi di essere più feroce. O, in alcune occasioni, cercare di sfruttare la propria reputazione negativa e fingere di essere feroce.
Per esempio: alla fine di giugno un tribunale bielorusso ha condannato a morte il cittadino tedesco Rico Krieger con l’accusa di aver commesso un atto terroristico. Secondo le indagini, Krieger avrebbe organizzato una esplosione alla stazione ferroviaria di Ozerische – alla periferia di Minsk – utilizzata dai militari. Nessuno è rimasto ferito nell’esplosione, mentre i danni ammontano a poco più di 500 dollari americani.
Ora il condannato e il Governo tedesco sono logicamente spaventati: perché non si rendono del tutto conto che si tratta non di una vera condanna, ma di un modo tipico locale di prendere un ostaggio occidentale per effettuare uno scambio sicuro con qualche personaggio utile a Lukashenko detenuto (per un reato reale) in Germania. In questo specifico caso si presume che sia utile un personaggio tanto caro a Putin (il principale sponsor di Lukashenko), ma si tratta delle voci che non posso commentare.
Lo Stato russo, per ora, non è ancora arrivato al punto di condannare a morte gli ostaggi occidentali (anche perché la pena di morte in Russia è sospesa dal 1997) e si limita a condannarli a tanti anni di reclusione. Ma nessuno può garantire che un giorno non segua l’esempio bielorusso.
Voi, intanto, seguite il link di cui sopra e leggete dell’ostaggio tedesco.


Lo humor imprenditoriale

Il Financial Times ha pubblicato un articolo su come gli abitanti dell’Ucraina si stanno adattando ai regolari blackout dovuti agli attacchi russi alle infrastrutture energetiche del Paese. Tra le altre cose, il giornale racconta la storia di Oleksandr Bentsa, un imprenditore trentenne di Kiev che ha riorientato la propria attività nel contesto della crisi energetica. Per diversi anni Bentsa ha acquistato auto elettriche Tesla incidentale alle aste assicurative negli USA e le ha portate in Ucraina, dove i suoi meccanici le hanno restaurate e rivendute.
Dalla primavera del 2024, quando l’Ucraina ha iniziato a subire blackout regolari e prolungati, gli operai di Bentsa hanno fabbricato sistemi di alimentazione ricaricabili sulla base delle batterie Tesla. «Una vecchia Tesla, comprese le spese di spedizione, costerebbe quasi 10.000 dollari. È possibile trasformarla in 12 batterie ricaricabili e venderne i restanti pezzi di ricambio», ha dichiarato l’imprenditore.
Ogni sistema del tipo prodotto da Bentsa, con una capacità di cinque kilowatt, può mantenere in funzione le luci e gli elettrodomestici di un «tipico appartamento di Kiev» per un massimo di dieci ore. Bentsa vende alcuni di questi sistemi all’esercito ucraino al solo costo di produzione, ma la maggior parte dei suoi clienti sono civili. Negli ultimi mesi la domanda per questi sistemi di alimentazione è cresciuta «da quasi zero a un livello esorbitante» e l’imprenditore prevede che aumenterà ancora con l’avvicinarsi dell’inverno.
Ecco, di fronte a tutta questa notizia il mio primo pensiero è stato quello sulla imprenditoria nel corso di una guerra difensiva, ma per ora lo tengo per me. Mentre nel presente post volevo scrivere che mi sono piaciuti due aspetti della suddetta notizia. In primo luogo, apprezzo l’inventiva imprenditoriale e tecnica di Oleksandr Bentsa: effettivamente, ha trovato una buona soluzione al momento giusto. In secondo luogo, sono infinitamente contento (cioè rido come un matto) per il fatto che gli effetti distruttivi degli attacchi russi vengono affrontati con dei prodotti ricavati dai prodotti di quel Elon Musk che da parecchio tempo sostiene, di fatto, che l’Ucraina dovrebbe arrendersi alla Russia putiniana.
Oleksandr Bentsa ha trovato un bel modo di mandare Musk laddove quest’ultimo dovrebbe stare. E già per questo sarei portato di considerare Oleksandr Bentsa un mito!


In sostanza, un terrorista

La domenica 21 luglio è stato arrestato a Parigi un cittadino russo di 40 anni sospettato di preparare un’operazione «destabilizzante» durante i Giochi Olimpici. Secondo Le Parisien, il cittadino russo è stato accusato di «attività di intelligence» nell’interesse di uno Stato straniero per «incitare alle ostilità in Francia». Una perquisizione nell’appartamento parigino del sospettato ha rilevato prove di preparativi per una «operazione di destabilizzazione» filorussa, ha dichiarato una fonte a Le Parisien. Un’altra fonte ha parlato a Le Parisien di un «progetto su larga scala», le cui conseguenze potrebbero essere «gravi».
Ecco, fino a circa due anni e mezzo fa avrei pensato subito che la regione russa di provenienza del sospettato sia ben precisa: non per una questione di razzismo, ma perché, obiettivamente, è quella regione che per una serie di motivi «fornisce» al mondo i veri terroristi. Ora, invece, la politica dello Stato russo mirata alla destabilizzazione della vita nell’Occidente è salita a un nuovo livello. E questo complica, almeno per me, il compito di trarre delle conclusioni logiche. Per esempio, posso ipotizzare una lunga serie di strutture «puramente» russe che avrebbero potuto commissionare (con molta più probabilità di prima) quel lavoro al personaggio fermato.
Mi resta solo sperare che i francesi non perdano la capacità di distinguere tra i terroristi convinti e quelli inviati dallo Stato. Per non alimentare, tra l’altro, il razzismo.


Le finte qualità

Il «Politico» scrive che la quantità delle donazioni da parte dei sostenitori del Partito Democratico statunitense sulla piattaforma ActBlue ha superato i 55 milioni di dollari dopo che Joe Biden si è ritirato dalle elezioni presidenziali e ha annunciato che avrebbe sostenuto la candidatura vicepresidente Kamala Harris.
Tale dato di cronaca mi fa pensare, ancora una volta, alle stranezze dei processi cognitivi che girano nelle teste degli elettori (in realtà non solo quelli americani).
Per esempio: il ritiro di Joe Biden ha reso Kamala Harris una candidata migliore di quanto sarebbe stata senza la decisione di Biden? Palesemente, è sempre la stessa persona un po’ strana, contraddittoria e politicamente poco visibile (nel senso che si è fatta notare relativamente poco).
Oppure: l’orecchio ferito di Donald Trump – è il fatto che quest’ultimo si sia salvato per il volere della bandiera-angelo miracolo – rende Trump un personaggio migliore di quanto lo era prima? Eppure, tra i repubblicani ora c’è più entusiasmo relativamente alla sua candidatura.
Boh, vedremo quale stranezza risulterà vincente. Anche se per ora mi sembra che quel proiettile abbia ferito mortalmente il candidato democratico.


Grande Joe!

Presumo che per il 101% di voi non è una notizia: Joe Biden ha trovato le forze morali per decidere di non ricandidarsi alla Presidenza degli USA. Lo ha reso noto attraverso un comunicato su X, l’ex Twitter e l’ex strumento di comunicazione preferito da Donald Trump: non so se si tratti dell’ultima battuta presidenziale… Se lo fosse, è una battuta realmente bella, spero di avere lo stesso livello di humor all’età di quasi ottantadue anni (ma spero di avere anche la capacità di scrivere direttamente sul social e non far postare lo screenshot di un pdf; boh, non importa).
Negli ultimi anni e soprattutto nelle ultime settimane ho letto diverse considerazioni più o meno negative su Joe Biden e su Kamala Harris. Avremo ancora abbastanza tempo, presumo, per leggere tutte le cose possibili sulla attuale vice-presidente (se, per esempio, è realmente «meglio che non parli»), mentre per ora voglio salutare bene Biden.
Voglio scrivere che invidio infinitamente uno Stato il cui presidente per molto tempo si è dimostrato molto attaccato al potere, ma alla fine ha trovato le forze per dire «me ne vado per il bene del Paese». Invidio anche perché penso a un altro personaggio che non avrà mai il coraggio e l’intelligenza per farlo. Quel personaggio, dopo l’incontro con il quale nel 2001 il presidente George W. Bush disse «L’ho guardato negli occhi e visto la sua anima: un uomo diretto, che ispira fiducia». Quel personaggio, dopo l’incontro con il quale il vice-presidente Biden ha detto «Anche io l’ho guardato negli occhi e non ho visto l’anima»: secondo la testimonianza di un psicologo e politologo russo, la frase è stata pronunciata a Mosca durante un incontro privato con alcuni politologi e giornalisti russi, dopo l’annessione della Crimea, ma molto prima dell’inizio della grande guerra sul territorio ucraino.
Ecco: nonostante tutte le stranezze, Biden è sempre stato una persona intelligente. L’età lo ha naturalmente reso poco reattivo in tutto, anche nelle decisioni fondamentali, ma non gli ha fatto perdere il cervello.
Di conseguenza, nonostante l’età è riuscito a prendere la decisione intelligente e andare via in un modo giusto.
Relativamente tra poco, a novembre, qualcuno dirà che lo ha fatto troppo tardi, che per permettere ai propri colleghi di partito di sconfiggere Trump avrebbe dovuto ritirarsi molto prima. Ma il fatto è che noi non lo sappiamo, il solo suo ritiro non è una garanzia della vittoria del candidato dei democratici.
Donald Trump, per esempio, sarebbe rimasto sempre Donald Trump, sarebbe stato comunque ferito all’orecchio etc.. E, soprattutto, non è un ragazzino nemmeno lui, quindi potrebbe non arrivare alla fine del secondo mandato ed essere sostituito da quel mostro di Vance.
Insomma, complimenti a Biden per la scelta giusta finalmente fatta.


La lettura del sabato

Visto che questa rubrica serve per far comprendere meglio gli argomenti di importanza grande e durevole, la posso utilizzare anche per presentare delle persone importanti nei loro ambiti e, allo stesso tempo, in una parte considerevole del mondo.
Per esempio: chi è Andrij Jermak, il capo dell’Ufficio del Presidente dell’Ucraina, che in meno di cinque anni è riuscito a diventare il funzionario numero due (dopo il presidente Zelensky) in Ucraina. Durante il vertice di pace di giugno in Svizzera, tra l’altro, si è comportato come un membro a pieno titolo del tandem al potere…


Le scorte stanno per finire

The Economist scrive che al terzo anno di guerra con l’Ucraina la Russia ha iniziato a esaurire le proprie attrezzature e le armi di epoca sovietica, il che potrebbe influire sull’intensità delle azioni offensive delle truppe russe entro la fine dell’estate. Secondo il giornale, la maggior parte dei servizi di intelligence (non è specificato quali) stima le perdite di equipaggiamento della Russia nel corso dei due anni di guerra in circa tremila carri armati e cinquemila veicoli blindati.
Non ho dei mezzi per valutare quanto sia veritiera la stima riportata sopra, ma in generale mi sembra credibile: già da mesi vediamo le notizie sull’invio – da parte della Russia – al fronte dei carri armati e camion addirittura dell’epoca della Seconda guerra mondiale. Quello che non mi piace è la conclusione proposta: che potrebbe calare l’intensità della offensiva russa. I danni peggiori, mi sembra, vengono fatti con i missili e le bombe che la Russia riesce ancora a produrre e a ottenere da alcuni Stati-«amici».
Però siamo già a metà estate, non manca molto tempo per verificare la previsione de The Economist.