L’archivio della rubrica «Nel mondo»

I compilatori del Collins English Dictionary hanno scelto «AI» (che sta, come ben sapete, per «artificial intelligence») come la parola del 2023. In particolare, la parola AI è stata scelta a causa del rapido sviluppo della tecnologia osservato nel corso del 2023. Secondo le statistiche, quest’anno il termine AI sarebbe stato utilizzato dalla gente quattro volte più spesso rispetto all’anno precedente.
Io, da parte mia, posso constatare almeno due fenomeni legati all’AI.
In primo luogo, testimonio che secondo le mie osservazioni sempre più studenti universitari di oggi raccolgono le informazioni e i dati per le loro tesi di laurea e/o relazioni per i corsi non attraverso le ricerche su Google, ma attraverso le richieste (in verità formulate più o meno bene) ai vari chatbot basati sull’AI. In alcune occasioni me lo dicono loro stessi, in alcune occasioni me ne accorgo io dai risultati che mi portano, e a volte semplicemente ne sento parlare nelle aree comuni della mia Facoltà. Di fronte a tale situazione io mi sento, a volte, un esponente della generazione dei dinosauri che cerca ancora nei testi, nelle note, nelle liste bibliografiche e su Google… Ma poi, a volte, mi metto sperimentare con qualche chat gp pure io: qualche volta sono riuscito a usarlo bene, ahahahaha
In secondo luogo, confermo che pure io, a volte, uso l’AI del browser per generare quelle cose che non sono capace o non ho proprio voglia di fare con le proprie mani. E se una moda è riuscita a raggiungere me, vuol dire che è diventata realmente di massa. In questo specifico caso non posso proprio dire che sia una moda stupida: in molte occasioni realmente aiuta!
Di conseguenza, concordo con i compilatori del Collins English Dictionary.
E voi cercate di non rimanere indietro con le tecnologie.


X di IDF

Dopo la vittoria (spero vicina) il Twitter – anzi, l’X – dell’IDF potrebbe diventare uno degli strumenti, una delle tante componenti di quella propaganda positiva dello Stato d’Israele che va finalmente creata: la sua assenza, purtroppo, ha portato tantissime persone in giro per il mondo a tifare i terroristi con l’illusione di «difendere i deboli». Fissarsi con i principi e, allo stesso tempo, sconnettersi totalmente dalla realtà è abbastanza pericoloso…


Certamente spero che il ruolo principale nella suddetta futura propaganda sia quello dei civili, ma per ora trovo interessante studiare l’account su X indicato.


Organizzazione dei Terroristi Uniti

Considerati gli eventi degli ultimi anni (se non decenni), non mi stupisco: il sabato 28 ottobre l’inutile (e spesso dannosa) banda chiamata ONU ha assicurato ancora una volta ad Hamas il proprio sostegno incondizionato: con 120 voti a favore ha adottato una risoluzione che chiede una tregua immediata in Medio Oriente; l’emendamento che condannava l’attacco terroristico di Hamas contro Israele è stato respinto. Quindi secondo l’ONU non c’è stato alcun attacco terroristico e nessun rapimento di ostaggi, l’esercito israeliano avrebbe semplicemente attaccato senza motivo il pacifico Hamas. Ora l’ONU chiede di fermare immediatamente l’operazione di risposta all’attacco terroristico e, immagino, di continuare a soddisfare tutte le solite pretese di Hamas.
Non so se un giorno potrò fare qualcosa contro i nemici dell’umanità, ma nel frattempo posso iniziare a ricordare i loro nomi. Ecco l’elenco degli Stati che hanno votato contro la risoluzione di condanna del massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023: Algeria, Bahrain, Bangladesh, Bielorussia, Repubblica Centrafricana, Bolivia, Ciad, Congo, Comore, Cina, Egitto, Gambia, Guinea, Guyana, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Kirghizistan, Libia, Libano, Malesia, Maldive, Mali, Mauritania, Kazakistan, Giordania, Marocco, Namibia, Nicaragua, Niger, Oman, Pakistan, Qatar, Federazione Russa, Arabia Saudita, Senegal, Somalia, Sudafrica, Sri Lanka, Sudan, Tagikistan, Siria, Tunisia, Turchia, Uganda, Emirati Arabi Uniti, Tanzania, Yemen, Zimbabwe.

Anche nella suddetta lista non trovo delle sorprese, ma questo è un altro argomento.


Trovata una spia russa

Il Servizio di sicurezza dello Stato belga (VSSE) sospetta che Kirill Logvinov, il rappresentante permanente ad interim della Russia presso l’Unione europea, lavori per il Servizio di spionaggio estero russo (SVR). Lo si afferma in un’inchiesta congiunta di De Tjid, Spiegel, Centro Dossier e alcune altre testate europee. Secondo i giornalisti, il controspionaggio belga sospetta il diplomatico di «attività segrete contro gli interessi europei». Ma non precisa in cosa consistano esattamente tali attività.
Nella notizia stessa non c’è alcunché di sorprendente: più o meno tutti i diplomatici russi sono in qualche misura coinvolti nella attività di spionaggio (nel migliore dei casi, i diplomatici professionisti semplicemente sanno di cosa si occupano alcuni dei loro collaboratori «particolari»). La vera notizia sarebbe stata la spiegazione della espressione «attività segreta» utilizzata nel caso concreto che ci hanno comunicato. Organizzava l’export illegale verso la Russia dei materiali vietati dalle sanzioni? Pagava i politici europei filorussi? Raccoglieva le informazioni utili per una invasione militare? Svolgeva qualche altra attività che in questo momento non mi viene in mente? Boh… È che già le attività non segrete dei «diplomatici» russi mi sembrano spesso abbastanza gravi, quindi non cosa possono aggiungere alla situazione corrente quelle segrete.


Vogliono le garanzie

Ieri i ministri degli Esteri dell’UE non sono riusciti a trovare un accordo sullo stanziamento di una tranche di 500 milioni di euro di aiuti militari all’Ucraina dal Fondo europeo per la pace. Come si poteva facilmente prevedere, è successo per colpa della Ungheria: la banca ungherese OTP è stata – come richiesto – rimossa dalla lista nera delle società europee che continuano a operare in Russia, ma il Governo ungherese vuole delle garanzie legali che tale esclusione sia permanente.
Qualcuno riesce a immaginare come sia possibile una garanzia del genere? Al massimo, le garanzie in merito potrebbe (e, in teoria, dovrebbe) dare la banca stessa all’UE: promettendo di non collaborare mai più con la Russia putiniana.
È abbastanza facile immaginare che pure il Governo ungherese capisca l’impossibilità della sua richiesta. Di conseguenza, possiamo ipotizzare che, molto probabilmente, vuole qualche altro favore oltre a quello già ottenuto.


Le “sorprese”

Ieri abbiamo appreso che gli Stati Uniti hanno fatto circolare la loro bozza di risoluzione sulla guerra di Israele contro Hamas al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il riassunto dei punti chiave non contiene (per ora) alcunché di particolarmente interessante, quindi io mi diverto a osservare le prime reazioni. Per esempio, i dipendenti di alcune agenzie di stampa che sono appena tornati dalle meritate vacanze sulla Luna hanno scoperto che la bozza di risoluzione statunitense condanna Hamas ma non chiede un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Spero che prima o poi si ricordino in cosa consiste la guerra contro il terrorismo e perché gli USA ora preferiscono che essa venga fatta dagli altri.
Noi, intanto, ci ricordiamo che non è ancora chiaro se gli USA sottopongano al voto proprio questo documento. E, ovviamente, prevediamo il veto della Russia.


Le bandiere a Stepanakert

Ilham Aliev – il presidente dell’Azerbaigian – ha visitato, la domenica 15 ottobre, Stepanakert (la città principale di Nagorno Karabakh, un territorio recentemente preso sotto controllo da Azerbaigian in seguito a una azione militare). Come testimoniano le riprese video ufficiali, nella città dalla quale sono scappati quasi tutti i residenti armeni Aliev, tra le altre cose, ha camminato con gli scarponi militari sopra la bandiera della ormai ex Repubblica di Nagorno Karabakh e ha alzato la bandiera dell’Azerbaigian.

Ognuno fa il figo come può.


La lettura del sabato

Questo sabato vi propongo di scoprire, attraverso una lettura abbastanza breve, come Putin stesso riassume la propria visita in Cina del mercoledì 18 ottobre. Pure dal suo riassunto vediamo che in quella occasione – il forum dedicato alla «Nuova via della seta» – è stato solo uno dei tantissimi (sicuramente non quello speciale) ospiti di Xi Jinping con i quali quest’ultimo voleva parlare. Non hanno dunque concluso alcunché e chissà quando avranno l’occasione almeno di parlare delle cose che interessano a entrambi. Molto probabilmente Putin lo sapeva in anticipo, ma non poteva non andare da uno di quei leader politici sull’aiuto dei quali spera tanto.


Cosa vediamo

È il momento di guardare quella foto proveniente da Gaza e rispondere alla domanda: cosa vediamo in essa?

La mia risposta: vediamo delle auto bruciate e/o rovinate in un cortile non ben definito. E non vediamo nemmeno il cratere di una esplosione, per non parlare delle montagne di corpi e delle macerie di un edificio distrutto. Non so che tipo di fantasia sia necessaria per definire tutto questo una conseguenza di una esplosione in un ospedale che ha ucciso «da 300 a 800 persone».
Non capisco quindi perché tanti giornalisti e persone comuni si ostinino a ripetere l’espressione «esplosione nell’ospedale», che è stata diffusa dalla propaganda terroristica. Dopo un certo numero di ripetizioni, l’espressione stessa si impadronirà delle menti dei lettori meno intelligenti, che poi si metteranno a manifestare contro le vere vittime del terrorismo.


“But we loathe real war”

Da un bel po’ di anni non gioco più a giochi per computer (in parte perché ho perso l’interesse e in parte perché ho paura di sprecare troppo tempo trovandone qualcuno che mi possa piacere). In più, mi ricordo che non mi erano mai piaciuti i cosiddetti shooting games: preferivo i giochi di strategia. Di conseguenza, capisco poco e solo in teoria in cosa consiste il famoso gioco «World of Tanks». Però ho letto con una certa soddisfazione che l’azienda Wargaming – lo sviluppatore dei giochi online «World of Tanks» e «World of Warships» – ha annunciato di lanciare un evento di beneficenza (dal 18 ottobre al 1 novembre) in cui donerà i proventi delle vendite dei set di gioco per aiutare l’Ucraina. Non è la prima volta che organizzano una cosa e del genere e, sicuramente, ne organizzeranno ancora.
Però vedo qualcosa di incredibilmente giusto nel fatto che i produttori dei giochi che per tematica principale hanno la guerra (sicuramente la Wargaming non è l’unica al mondo, inoltre esistono i giochi fisici) partecipino attivamente e pubblicamente al sostegno della Ucraina in guerra. Da una parte è un messaggio educativo a molti lettori, dall’altra parte è un messaggio a tutti quegli ignoranti che attribuiscono ai giochi e ai film la colpa dell’aumento della violenza nel mondo (si dimenticano, per esempio, che pure in Europa fino a poco più di cento anni fa la gente andava ad assistere alle esecuzioni della pena di morte).