L’archivio della rubrica «Internet»

C’è talmente poca gente che…

Nelle ultime settimane abbiamo letto un sacco di fake news sugli animali. Per esempio, abbiamo letto che in conseguenza alla presenza minima delle persone in giro (e il derivante da ciò miglioramento della ecologia), nelle acque di Venezia sarebbero tornati i delfini. Ma in realtà non è vero. Chi aveva inventato quella «notizia» – ma anche chi ci aveva creduto – probabilmente non sa che la fognatura della Venezia storica porta la maggioranza dei liquidi direttamente nei canali. Quindi l’acqua di questi ultimi non potrà essere tanto pulita finché la città è abitata dagli umani. Un po’ meno sporca del solito sì, ma tanto pulita no.
Sempre nelle ultime settimane abbiamo letto delle battute più o meno riuscite sulle varie creature – reali o immaginarie – che sarebbero tornate in vari luoghi del pianeta a causa della quarantena globale. Tra quelle che ho letto io, la migliore è stata: «L’ecologia è migliorata talmente tanto che a scuola è tornata Greta Thunberg» (sarebbe una cosa utile per lei – E.G.).
Per fortuna, poi, c’è chi provvede a creare anche dei segnali opposti. Più o meno tutti noi speriamo che la quarantena finisca presto. O che almeno assuma delle forme un po’ più compatibili con la vita regolare degli umani. Sicuramente non si verificherà una scena da film con tutti gli umani che in massa escono alla luce del Sole dalle caverne dopo l’apocalissi, ma prima poi la quarantena finirà. E noi ce ne accorgeremo anche dal mutamento della ecologia dell’internet. Nelle ultime settimane, per esempio, il mio sito ha mediamente il 30% dei visitatori giornalieri in più rispetto a prima: lo dicono le statistiche di Google che non posso mostrarvi. Il fenomeno statistico si spiega abbastanza facilmente, ed è chiaro che prima o poi il suo motivo verrà meno.
Ma tutti voi che non avete l’accesso alle statistiche, potete osservare un altro indicatore. Intendo il sito «This web site will self destruct» creato dalla sviluppatrice che si nasconde dietro al nick FemmeAndroid. Il sito dovrebbe autodistruggersi se in 24 nessuno lo utilizza per lasciare un messaggio. Tutti i messaggi – anonimi! – finiscono in unico database e vengono mostrati, dopo una scelta casuale, ad altri visitatori. Si tratta di uno strumento che dovrebbe, secondo l’idea della creatrice, aiutare le persone a sfogarsi. Per i casi estremi c’è anche il buttone «Feeling Down?» che permette di contattare i servizi di supporto psicologico nel proprio Stato di residenza.

Naturalmente, con la fine o l’indebolimento sensibile della quarantena, la gente potrebbe non avere più bisogno di quel sito. Aspettiamo che si autodistrugga ahahahahaha


Per addormentarsi

Spero che in questo periodo nessuno dei presenti abbia dei problemi almeno con il sonno (io non li ho mai avuti e in queste settimane posso anche dormire più delle solite cinque ore al giorno). Ma se ci dovesse essere qualche sfortunato, ora provo a salvarlo io.
Qualche giorno fa ho saputo della idea molto curiosa dell’americano Scott Elchison. Egli ha creato il podcast «Ts&Zzz» dove legge i termini e condizioni privacy dei siti internet. Effetivamente, chi ha mai provato a leggere per intero almeno uno di quei testi, dovrebbe ricordare bene la reazione del proprio cervello.
Quindi se non riuscite ad addormentarvi, provate pure. Il podcast è disponibile su Apple Podcasts, Goole Podcasts e Spotify.

Anche io avrei potuto creare un servizio del genere. Ma, purtroppo, tanti anni fa non avevo ancora degli strumenti tecnologici adeguati per registrare la voce ipnotica di una mia professoressa (che però era brava in tutti gli altri sensi).


Il simulatore dell’ufficio

Alla fine di marzo avevo pubblicato alcuni miei consigli sulla organizzazione del lavoro da casa.
Oggi, invece, posso finalmente consigliarvi uno strumento tecnologico che dovrebbe rendere ancora più confortevole la vostra vita lavorativa di questo periodo particolare.
La Kids Creative Agency ha pubblicato il simulatore dei suoni da ufficio. È semplicissimo da utilizzare: aprite il sito, impostate la quantità dei colleghi (con i comandi in basso a destra), accendete l’audio e fate «partire» l’ufficio (con il pulsante in basso a sinistra). Avrete la gioia di sentire una sampante, della tastiere da pc, delle poltrone rumorose, dei «colleghi» che camminano e fanno dei discorsi più o meno sensati etc etc. Inoltre, diversi elementi presenti sullo schermo sono cliccabili: provate!

A me, in realtà, mancano alcuni elementi molto specifici (qualcuno che ascolta i Deep Purple, qualcuno che parla al telefono facendosi sentire in tutto il corridoio, qualcuno che insulta il server del Diparimento, qualcuno che prega, qualcuna che fa le trattative con l’amministrazione dell’asilo-nido etc), ma spero di risentirli a breve tutti dal vivo!


L’educazione tecnologica

Come avete probabilmente letto, ieri l’amministrazione di WhatsApp ha deciso di limitare l’inoltro dei «messaggi popolari» a una sola chat alla volta. Ufficialmente, l’obbiettivo della limitazione sarebbe il contrasto della diffusione delle potenziali fake news.
Non so se il motivo reale sia quello indicato o, per esempio, la preoccupazione per il possibile sovraccarico della rete. Come non posso capire la logica delle persone che massacrano i propri contatti tramite la condivisione sconsiderata di ogni stronzata che leggono in giro (ricevendola da altri o trovandola in proprio). Sono sicuro che qualche persona del genere vive anche nelle vostre app e nei vostri social network. Da me ce ne sono, ma ormai sono riuscito a impostare l’invisibilità di quasi tutti i personaggi.
Ma il segreto più grande è un altro. Gli amministratori di WhatsApp sperano che non tutti sappiano eseguire l’operazione «copia-incolla» su uno smartphone? Mah, potrebbe anche essere.


Il mondo sarà più moderno

L’ultima volta che ho letto e sentito da tutte le parti la magica frase «il mondo non sarà più come prima» era capitata nella seconda metà del settembre 2001. In seguito ai fatti storici che permisero la nascita di quella «profezia» per qualche anno ci hanno infatti disturbati con dei controlli assurdi negli aeroporti. Dopo di che il mondo è tornato a essere più o meno come prima.
Con l’adozione della quarantena mondiale per il contenimento del COVID-19 nel 2020 quella frase magica è tornata di moda. Sospetto fortemente che anche questa volta il mondo riesca a tornare alla normalità di prima. Ma, allo stesso tempo, spero fortemente che si rafforzino le tendenze alla modernizzazione della nostra vita quotidiana. Pensiamo, per esempio, al commercio al dettaglio. I proprietari dei negozi analogici, i sindacati e i politici sinistrosi sarebbero fortemente interessati alla difesa dei negozi fisici. In relazione alla potenza di ogni lobby concreta, raggiungono in tale ambito dei risultati più o meno alti. Mentre noi, i consumatori comuni, ci troviamo a vivere in un mondo contradditorio dove nell’online si possono comprare i superalcolici ma non le sigarette. Anche se entrambe le categorie di merci sarebbero vietate ai minorenni (nascosti dietro allo schermo del proprio telefono o computer).
In particolare, poi, in un mondo modernizzato post-quarantena nessuna azienda dovrà mascherare la propria incapacità di gestire il commercio elettronico con la tutela medico-sanitaria del proprio personale. Come, per esempio, sta capitando in questi giorni alla Decathlon:

Dai che ce la facciamo.


Sentirsi vecchi

Il sito you.regettingold.com è un curioso calcolatore delle statistiche legate alla data di nascita di ogni persona.
Alcuni dati sono semplicemente curiosi: per esempio, la quantità approssimativa di respiri o dei battiti cardiaci fatti a partire dalla data di nascita indicata, la quantità dei giri della luna attorno alla Terra nello steso periodo etc.
Alcuni «dati» sono completamente inutili: per esempio, quelli legati all’oroscopo.
Alcuni altri dati sono invece utili per gli amanti delle cronologie storiche:

Certo, la lettura di un elenco del genere potrebbe farci sentire un po’ vecchi…
Ma sarà un sentimento troppo lontano dalla razionalità.
La vera preoccupazione dovrebbe arrivare dai grafici finali della pagina, ahahaha Continuare la lettura di questo post »


Il trucco del secolo

Volete sapere come fare a vedere i video su YouTube senza le interruzioni pubblicitarie? No, non è necessario comprare l’abbonamento Premium. È tutto molto più semplice.
Quando aprite/avviate un video, scrollatelo fino alla fine e cliccate sul buttone «Rivedi» (quello tondo con la freccia, si trova in basso a sinistra).

Sì, so di essere un genio.
P.S.: la pubblicità sull’internet è una cosa necessaria perché anche i creatori dei contenuti hanno bisogno di mangiare ogni tanto. Però le interruzioni pubblicitarie infilate nei punti casuali dei video da parte del hosting (quindi YouTube) sono da riconoscere come dei crimini contro l’umanità. Per fortuna tali interruzioni non si sono ancora estese a tutti i video del mondo, nemmeno a tutti i canali.


Il YouTube sa tutto

Quando ero un bambino/ragazzo, per scoprire come si faccia una operazione pratica mai provata prima dovevo leggere dei manuali o chiedere alle persone più esperte di me. Indipendentemente dalle mie preferenze (in parte dettate dal carattere), entrambe le soluzioni richiedevano anche una buona fortuna nella ricerca della fonte di qualità.
Quando ero uno studente universitario, l’elemento della fortuna aveva perso una buona parte della sua rilevanza. Infatti, l’internet si era sviluppato fino al punto di contenere ogni genere di consiglio pratico (oltre ai contatti degli esperti disponibili a fornire risposte).
Ora che sono «grande», so di trovare qualsiasi (beh, quasi) consiglio pratico ben illustrato su YouTube. Ed è bellissimo e comodissimo.
Le capacità di comprendere i testi scritti e di scambiarsi le informazioni con le persone rimangono, per ora, importantissime. Non le metto assolutamente in discussione. Ma la gestione ordinaria dei problemi quotidiani è ora molto più facile. Insegnate pure ai figli e ai nipoti a utilizzare il YouTube per lo studio: il progresso non farà del male a loro, come non ha fatto del male a giovani noi.


Il primo blocco onesto

Come ben sappiamo, la paura del straf****to coronavirus ha mandato in tilt tantissimi cervelli in giro per il mondo. Le persone semplici sono allarmate senza capire il reale grado di pericolo del problema. Mentre i governanti e gli amministratori di vario livello, nel disperato tentativo di giustificare il proprio stipendio, prendono delle misure che non fanno altro che alimentare il clima di panico.
Ho un forte sospetto, confinante con la certezza, che alla fine il sempre più popolare tentativo di bloccare ogni forma di attività umana – giustificato con l’intento di limitare la diffusione della malattia – faccia molti più danni del coronavirus. Non moriremo ma soffriremo comunque.
Ma in realtà oggi volevo parlare di un tentativo di blocco specifico, quello particolarmente ridicolo. Come saprà qualche mio lettore, alcuni giorni fa a causa del coronavirus è stata annullata la parte «fisica» – quella offline – della conferenza degli sviluppatori di Facebook «F8». Non è il primo e, purtroppo, non è l’ultimo evento annullato in giro per il mondo. Ma cazius, da quando il Facebook ha deciso, circa sei anni fa, di limitare gradualmente fino a zero – già raggiunto – l’uso della propria API, quella conferenza non ha più un particolare senso. In sostanza, gli sviluppatori che fino a pochi anni fa lavoravano sulle connessioni dei siti esterni al Facebook ora non hanno più delle possibilità di farlo in modo tecnologicamente normale. Io stesso ho dovuto inventare e reinventare più volte una soluzione tecnicamente perversa con la creazione di un browser virtuale in PhantomJS. Ed è una rottura di sapete cosa che non auguro a nessuno.
Insomma, la sola esistenza della conferenza F8 del Facebook è una presa in giro. Sarebbe una cosa infinitamente giusta chiuderla definitivamente almeno con la scusa del coronavirus.
Mark, ti ringrazio per l’attenzione.


Sentirsi popolari

Non so se vi è già capitato di leggere di un nuovo social network chiamato Botnet.
Esiste solamente sotto la forma di una app ed è stato creato con il solo scopo psicoterapeutico. Sul Botnet, infatti, non si aggiungono gli amici, non si cercano altre persone da «seguire» (è anche tecnicamente impossibile farlo), non si bada minimamente alla qualità dei contenuti (anche se in realtà pure su Facebook vedo pubblicare una quantità enorme di stronzate inutili), ma si ottengono tantissimi like e commenti positivi (solo quelli positivi). Ad apprezzare tutte le pubblicazioni sono i bot creati e «istruiti» proprio per svolgere tale compito.

Per pura curiosità ho provato a installare l’app Botnet e ora posso testimoniare che assomiglia a un incrocio molto primitivo tra il Twitter e l’Instagram. Però funziona esattamente come dichiarato dai suoi creatori. In appena venti minuti il mio primo post di prova ha raccolto Continuare la lettura di questo post »