Nei vari film, video musicali, pubblicità etc ambientati nel futuro ci mostrano spesso i telefoni e i tablet trasparenti.
Se il nostro futuro dovesse essere veramente così, io ne sono terrorizzato.
Porco Giove! Io non voglio avere un telefono trasparente. Già mi infastidisco ogni volta che qualcuno guarda il mio schermo sui mezzi pubblici. E allora perché dovrei essere contento (o almeno indifferente) per il fatto che qualcuno possa guardare cosa faccio sul telefono pure standomi di fronte?
Dato che – secondo un mio forte sospetto – non sono l’unico ad avere le stesse preoccupazioni, è molto probabile che i gadget trasparenti, pur diventando possibili dal punto di vista tecnologico, non conquistino mai il mercato.
P.S.: in più, non ho alcuna voglia di vedere altra gente attraverso il mio telefono.
L’archivio della rubrica «Elettronica»
Alla fine di agosto mi ero già chiesto perché fossero così poco diffuse e limitate nella loro varietà le capsule di the da utilizzare nelle macchine comuni da cucina.
Trovo assolutamente normale il fatto che anche qualcun altro si sia tempo fa accorto della discriminazione ingiusta a favore del caffè. Pochi giorni fa ho scoperto che sul piattaforma di crowdfunding Kickstarter è in corso la raccolta di fondi per la realizzazione della macchina the universale BRÜ.
La macchina può funzionare con il the in foglie normale e con le bustine. Possono essere regolate la temperatura dell’acqua, il suo volume e il tempo di preparazione.
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A metà settembre il mio amatissimo Kindle 3 Keyboard ha subito un brutto guasto: una parte del suo schermo ha smesso di funzionare, rimanendo per sempre grigia (e non visualizzando più il testo). Per il resto, il reader funzionava normalmente.
In sostanza, la parte guasta dello schermo «mangiava» quasi interamente le prime quattro righe del testo (io tengo la terza dimensione del font) e rendeva impossibile la normale lettura dei libri.
Essendo molto affezionato a questo modello (lo trovo comodo in tutti i sensi, ma esso non viene più prodotto dalla fine del 2011) e non avendo molta voglia di spendere quasi 80 euro per un modello nuovo (quello con lo schermo a inchiostro digitale e con zero illuminazione fastidiosa), ho deciso di provare a riparare con le proprie mani il mio veterano. Dai video disponibili su Youtube risultava una operazione semplice. Continuare la lettura di questo post »
Per pura curiosità ho guardato se siano state comunicate delle grandi novità alla presentazione dell’iPhone 11 dell’altro ieri. Purtroppo, nulla di rivoluzionario. Anzi, l’unica innovazione interessante riguarda il servizio Apple TV+. Provate a vedere voi in cosa consiste. Inoltre, ora ha i prezzi incredibilmente bassi non solo per gli standard della azienda-produttrice, ma anche per il mercato in generale.
In tema degli iPhone nuovi, ci sono state due conseguenze meritevoli di attenzione.
La prima è semplicemente positiva: sono scesi i prezzi dei modelli meno recenti degli iPhone. Coloro che erano in dubbio fino a due giorni fa, ora possono andare a rivederli ancora.
La seconda conseguenza è semplicemente curiosa: la gente ha iniziato quasi subito a prendere in giro i tre obiettivi del nuovo iPhone 11. Questa, secondo me, è la reazione migliore:
Chissà se arriverà mai il giorno in cui la Apple inizierà a seguire l’esempio della Xiaomi, producendo ogni tipo di oggetti elettronici e non.
Il New York Post comunica che l’Amazon sta testando nei propri uffici la metodologia di pagamento con i gesti delle mani da introdurre nei negozi fisici. Tale metodologia permetterebbe di risparmiare tempo: mentre il pagamento con una carta bancaria richiede 3 o 4 secondi, la scansione e il riconoscimento della mano richiederebbe appena 300 millisecondi. Gli utenti non dovranno toccare fisicamente alcun monitor o sensore.
Ecco, la tecnologia in sé mi sembra abbastanza curiosa. Ma, allo stesso tempo, so benissimo quanto potrebbero essere curiosi gli errori. Così, per esempio, mi ricordo della mia abitudine di leggere o ragionare sulle cose scritte appoggiandomi al tavolo solamente con i gomiti: a scuola, tantissime volte, gli insegnanti si convinsero che io stessi alzando la mano (e qualche volta ne è conseguita la chiamata alla lavagna indesiderata). Una mia conoscente italiana universitaria – un altro esempio – involontariamente incrociava sempre le braccia attraverso un movimento che faceva pensare a un determinato gestaccio (e raccontava di essere stata ripresa qualche volta).
Insomma, in un futuro non troppo lontano la famosa intelligenza artificiale potrebbe interpretare i nostri numerosi gesti involontari con dei risultati imprevedibili e curiosi…
Ops, ho la sensazione di avere fatto un discorso da vecchio!
Smetto subito.
Alla prossima.
Possiamo imparare molto dai metodi di Donald Trump di tutelare la «sicurezza nazionale». Leggiamo, per esempio, l’interessantissimo articolo «Trump’s latest explanation for the Huawei ban is unacceptably bad» e prestiamo l’attenzione alla seguente citazione:
TRUMP: Huawei is something that’s very dangerous. You look at what they’ve done from a security standpoint, from a military standpoint, it’s very dangerous. So it’s possible that Huawei even would be included in some kind of a trade deal. If we made a deal, I could imagine Huawei being possibly included in some form, some part of a trade deal.
REPORTER: How would that look?
TRUMP: It would look very good for us.
REPORTER: But the Huawei part, how would you design that.
TRUMP: Oh it’s too early to say. We’re just very concerned about Huawei from a security standpoint.
Tenuto conto anche degli avvenimenti precedenti, possiamo osservare che secondo Trump l’azienda Huawei è pericolosissima per gli Stati Uniti, è il nemico numero uno. Ha vilato l’embargo dell’Iran, spia gli americani a favore della Cina, risponde direttamente al Governo e i servizi segreti cinesi etc etc. Quindi il mostro va fermato.
Subito dopo, però, Trump afferma che può cancellare la Huawei dalla lista nera qualora dovesse andare a buon fine la trattativa sugli accordi commerciali con la Cina. Gli accordi commerciali favorevoli agli USA farebbero automaticamente diventare la Huawei non pericolosa per gli americani…
Almeno c’è da riconoscere che è un tipo stupidamente onesto: non nasconde che le sanzioni contro la Huawei sono solo uno strumento diplomatico e non una conseguenza della preoccupazione maniacale per la sicurezza.
P.S.: nei giorni scorsi avete sicuramente letto o sentito che in seguito alle sanzioni americane la Huawei dovrebbe perdere l’accesso — tra le altre cose — alla licenza dell’Android e di altri strumenti della Google. Ebbene, dovrei tranquillizzare i possessori dei telefoni Huawei: i vostri apparecchi non smetteranno di funzionare ma, al massimo, avranno dei problemi con gli aggiornamenti. Alle persone che stanno invece pensando di comprare un nuovo smartphone in questo periodo, consiglierei di optare verso altre marche.
P.P.S.: da quello che vedo, il mercato degli smartphone contemporaneo è diviso in due fronti: gli iPhone da una parte e qualche migliaio di telefoni quasi identici tra loro dall’altra. Quindi la scelta mi sembra scontata.
L’unico gioco che tengo sul telefono è il tetris, uno dei miei giochi preferiti da quando l’ho scoperto verso la metà degli anni ’90. Non crea troppa dipendenza e, di conseguenza, non fa perdere troppo tempo. Ma il suo vantaggio principale (almeno per me) è la funzione del «accordatore» della mente: quando sento la mancanza della concentrazione, il tetris mi aiuta a ritrovarla.
Tutte le versioni del tetris che mi è capitato di provare (non solo quelle per il telefono) hanno però lo stesso difetto. Dopo il raggiungimento di un certo punteggio, nemmeno elevatissimo, la velocità della «caduta» delle figure diventa tanto alta da non permettere al gioco stesso di eseguire i miei comandi. Una partita media dura quindi non più di cinque minuti e si interrompe, puntualmente, a causa di una valanga delle figure che persino distinguo a fatica.
Potete immaginare la mia grande domanda: chissà se esiste una versione del tetris priva del difetto descritto?
La versione attualmente in uso – e riportata sullo screenshot – si chiama semplicemente bricks.
Alla fine di dicembre del 2016 erano finalmente stati messi in commercio gli AirPods (e a marzo di quest’anno ne è stata annunciata la seconda generazione). Fin dal momento della loro comparsa sono stato molto scettico nei confronti della loro funzionalità e, inizialmente, non intenzionato a diventarne possessore. Ma poi è intervenuta la vita reale: mi sono stufato di estrarre la polvere dallo slot audio del mio iPhone. Sì, quella polvere che a volte impedisce il corretto funzionamento (o addirittura l’inserimento) del jack degli auricolari «normali».
Insomma, sono diventato un felice possessore degli AirPods e dopo due mesi dei test posso dire: il mio scetticismo era infondato. Quindi ora commento molto brevemente quegli aspetti che vengono più frequentemente criticati o comunque visti come cause di potenziali problemi. Ne ho evidenziati sei, ma non escludo l’eventualità di averne dimenticato qualcuno importante.
1. Gli AirPods sarebbero facili da perdere. Dipende tutto dalla forma delle vostre orecchie: ad alcune persone gli AirPods cadono spesso, mentre altre persone riescono pure a correre o andare in bici senza perderli. A me non sono mai caduti, ma nelle prime settimane la paura è stata abbastanza fastidiosa. Involontariamente, ho pure iniziato a camminare lontano dai tombini per l’acqua piovana.
2. Gli AirPods sarebbero tanto leggeri da far dimenticare di averli nelle orecchie. Boh, a me sin da subito sono sembrati non meno pesanti degli auricolari normali, forse anche un po’ più pesanti. Appositamente per il presente post ho pure eseguito un confronto scientifico (si veda la foto). Secondo me i proprietari si dimenticano di loro a causa dell’assenza del cavo. Viva la spensieratezza!
3. Chi indossa gli AirPods non sentirebbe cosa succede attorno. Un buon livello di ANR è la caratteristica distintiva di tutte le cuffie e auricolari di qualità, quindi è un pregio e non un difetto. In ogni caso, l’arrivo delle auto un po’ si sente comunque, quindi non si rischia la vita. Con o senza gli auricolari, bisogna prestare un minimo di attenzione a ciò che succede attorno.
4. Gli AirPods indurrebbero all’autolesionismo. Questo è vero: quando per qualche motivo al primo «doppio tap» sull’auricolare non segue l’azione attesa (per esempio, non si riesce a rispondere a una telefonata) il possessore inizia a picchiare con una violenza crescente (letteralmente!) il proprio orecchio. Io vi invito alla moderazione.
5. Gli AirPods farebbero venire il mal di testa. Mai notato.
6. Nella scatola-caricatore degli AirPods entra la polvere. È vero. Ma è altrettanto vero che ne entra pochissima (quantità omeopatica) ed essa è facile da togliere, per esempio, con un semplicissimo bastoncino per la pulizia delle orecchie.
Ecco, erano questi i sei punti che volevo illustrarvi. Spero che vi siano utili per decidere sull’eventuale acquisto degli AirPods.
Concludo con l’osservazione fondamentale: la qualità dell’audio è buona (per quanto possa essere buona negli auricolari). Inoltre, gli AirPods, connettendosi via bluetooth, possono essere utilizzati anche con gli smartphone con l’Android e con i computer portatili con il Windows.
Ho scoperto un interessante progetto che permette di vedere, su un grafico dinamico, il mutamento della spartizione del mercato dei telefoni mobili dal 1992 al 2017. Senza vederlo non è sempre facile rendersi conto della velocità dei cambiamenti. Appena dieci anni fa c’erano il predominio assoluto della Nokia e della Motorola e l’assenza di fatto della Samsung. Inoltre, la Nokia è passata dall’essere un gigante all’essere un nulla in appena due anni.
Qualche anno fa un mio amico russo aveva lanciato un appello su facebook, chiedendo se qualcuno avesse ancora delle foto (o video) scattate nelle aule universitarie nei primi 2000. Incredibilmente, si è dimenticato quanto erano rari (e scarsi) i telefoni dotati delle fotocamere in quegli anni.
Forse avete già visto il nuovo video della Boston Dynamics: dieci robot «da tiro» della sua produzione trascinano un camion:
Ma io continuo a preferire quei loro prodotti che oltre alla forza hanno anche altre abilità difficilmente immaginabili – fino a qualche anno fa – per i robot. Per esempio, il robot Atlas: Continuare la lettura di questo post »