Lo schema della storia della filosofia.
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L’archivio della rubrica «Cultura»
Giovedì 25 gennaio decorrevano 3 anni dalla morte di Demis Roussos, un cantante forse non proprio geniale, ma sicuramente di livello superiore alla media. Riflettendo sulla sua candidatura per una delle puntate della rubrica musicale, ero rimasto indeciso fino all’ultimo sulle due canzoni da scegliere.
Alla fine ho pensato di fare la scelta più ovvia.
Prima di tutto, la canzone «It’s Five O’ Clock», con la quale Demis Roussos divenne realmente famoso da giovane (all’epoca fu ancora un membro del gruppo Aphrodite’s Child, i cui compagni furono scaricati una volta raggiunta la fama personale).
E poi un altro classico quasi scontato: «From Souvenirs to Souvenirs».
Avrei preferito evitare di pubblicare i post musicali legati agli avvenimenti tristi. Ma, purtroppo, a volte tali avvenimenti capitano. Il 15 gennaio è morta Dolores O’Riordan, quindi nella edizione odierna della rubrica musicale metto due canzoni dei Cranberries.
Il video della canzone «Promises» dei Cranberries è uno dei video musicali più belli che io abbia mai visto (in generale, il 99% dei video musicali realizzati nel corso della storia sono talmente ridicoli, che i musicisti interessati avrebbero fatto bene a nascondere la loro esistenza).
E poi, naturalmente, il classico «Zombie». Da qualche parte avevo letto che O’Riordan stava pianificando di registrarne una nuova versione. Forse è meglio che non abbia fatto in tempo.
R.I.P. Dolores
Il gruppo statunitense «Chicago» è stato una delle prime band del genere a utilizzare nella propria musica i fiati. Dal 1967 (l’anno della fondazione) ad oggi il gruppo ha pubblicato ben 25 album di studio. Io direi che dal punto di vista musicale meritano la nostra attenzione i primi 10 album del gruppo.
Nella edizione odierna della rubrica musicale metto la canzone «Happy Man», facente parte dell’album «Chicago VII» (pubblicato nel 1974).
Come molti di voi sanno, una delle più note canzioni degli Scorpions è «White Dove» (scritta e pubblicata nel 1994 ai fini benefici). Sono sicuro al 99% che l’abbiano sentita almeno una volta nella vita anche le persone non hanno mai seguito intenzionalmente la musica del gruppo.
Molti ungheresi, però, sostengono che la canzone appena citata sia un plagio di bassa qualità. L’originale, invece, sarebbe secondo loro la canzone «Gyöngyhajú Lány», pubblicata nel 1969 dal gruppo ungherese Omega (e facente parte dell’album «10000 lépés»).
Conoscendo abbastanza bene entrambi i gruppi (forse un po’ meglio gli Scorpions), direi che entrambi i gruppi meritano la nostra attenzione.
Il musicista e cantante J. J. Cale è noto prevalentemente come l’autore di molte canzoni di Eric Clapton. Va comunque ricordato che egli stesso registrò, nel corso della propria carriera, dieci bellissimi album. Così, oggi ho pensato di utilizzare per il post musicale del sabato la sua canzone «I Got The Same Old Blues» facente parte dell’album «Okie» (uscito nel 1974).
Possiamo confrontarla con la «I Got The Same Old Blues» cantata da Eric Clapton:
Oppure confrontarla con la interpretazione «Same Old Blues» cantata da Captain Beefheart (inserita nel suo album «Bluejeans & Moonbeams» sempre del 1974).
Sono talmente diverse che non so scegliere la versione migliore.
Quando ero piccolo, ormai decenni fa, i miei genitori ebbero la strana idea di insegnarmi a suonare il pianoforte. Molto probabilmente furono ingannati dal mio amore – anomalo per quella età? – verso l’ascolto della musica classica (trasmessa regolarmente in televisione e suonata di sera dal vicino-pittore). Molto presto scoprirono la grande differenza tra i cosiddetti udito «attivo» e udito «passivo», ma continuarono a torturare per alcuni anni me e se stessi.
Quella esperienza infantile mi fu comunque utilissima a scuola in almeno due occasioni: durante le lezioni di musica (quando la professoressa, una ex cantante lirica, apprezzò il mio giocare a direttore d’orchestra) e nella relativamente breve storia del gruppo alternative rock che formammo con altri tre compagni di classe (non solo fui l’unico che aveva tentato di studiare la musica seriamente, ma pure l’unico a conoscere il proprio strumento musicale da più di due mesi).
Tuttora continuo a sentire nascere nella propria testa dei temi musicali, ma, ormai, tento di trasformarli nei suoni solo per fare un dispetto ai miei nuovi vicini poco simpatici. Alcuni anni fa, però, ho scoperto la musica classica di Jon Lord. Mi è piaciuta perché assomiglia a quella musica che spesso sento nella mia testa.
Mi era già capitato di postare una delle sue registrazioni. Quindi oggi posto «The Telemann Experiment» suonato nel corso dello stesso concerto.
Un giorno ho pensato: se nella mia vita è tanto importante la musica di qualità, perché non la condivido mai con gli altri?
Lo stesso giorno mi sono risposto da solo: perché sono pigro.
Da oggi provo a combattere la propria pigrizia. Quindi provo a iniziare a postare con una certa regolarità quella musica che mi sembra meritevole della vostra attenzione. Per esempio, posso partire con una bellissima collaborazione di due geni: la cantante Beth Hart e il chitarrista Joe Bonamassa:
Questa versione della canzone «I’ll take care of you» fa parte del loro album «Don’t Explain» del 2011.
Bonus Track: se e quando volete dimostrare a qualcuno/qualcuna che le droghe e l’alcol fanno male, mostrategli questa esibizione di Beth Hart del 1999 (si potrebbe fare il paragone «con-e-senza-droghe» mostrando entrambi i video di oggi):
Infine si potrebbe aggiungere che il talento è una roba molto resistente alle sostanze nocive, ma è comunque meglio non rischiare.
Oggi è finito nelle mie mani questo simpatico volantino:
Cosa si può dirne? Si può dire che il titolo «Back in Time» accompagnato da una simile sequenza di immagini testimonia un certo grado di ignoranza degli organizzatori.
Per tutti coloro che, purtroppo, non hanno capito, riporto due importanti fatti sul modo contemporaneo di ascoltare la musica.
Prima di tutto, circa dieci anni fa (o forse già un po’ di più) tra gli amanti della musica è iniziato a tornare di moda il vinile.
In secondo luogo, da due o tre anni gli amanti della musica stanno riscoprendo la pellicola magnetica in bobine (l’autore del volantino è troppo giovane per sapere della sua esistenza: cronologicamente va messa tra il vinile e la cassetta). In sostanza, il trucco moderno consiste nel registrare la musica del vinile sul nastro in bobina e poi ascoltare il risultato arricchito degli effetti sonori di entrambi i supporti fisici.
Io ho scoperto questa moda grazie al mitico Petr Mamonov e ho apprezzato il risultato. Provate anche voi!
Ai designer (anche quelli grafici), invece, consiglio sempre di studiare bene la storia materiale e le tendenze del momento corrente. Altrimenti non avranno fine le figuracce come quella del volantino di oggi.
Non so se qualcuno ha già notato – e eventualmente comunicato ai miei lettori – che il regista russo Andrey Zvyagintsev ha raggiunto un curioso record. Tutti i suoi lungometraggi sono stati premiati ai festival internazionali. Conoscete altri registi tanto amati degli esperti/critici? [se la risposta è sì, datemi i nomi!]
Nel frattempo vi ricordo che tempo fa avevo già postato un cortometraggio di Zvyagintsev su questo blog.
Io, intanto, aspetto la possibilità di vedere ilsuo ultimo film, premiato dalla giuria al Festival di Cannes 2017.