L’archivio della rubrica «Cultura»

La musica del sabato

I musicisti svizzeri Chris Krebs (violoncello) e Phil Seeholzer (chitarra) si erano conosciuti verso la metà degli anni ’90 al conservatorio di Lucerna. Nel 2006, poi, avevano fondato una società per registrare musica per film e pubblicità. E qualche altro anno più tardi si sono finalmente decisi a suonare, registrare e pubblicare la musica con i propri nomi. Così è nato il duo musicale «Mozart Heroes».
Io li ho scoperti grazie a questa interpretazione della «Nothing Else Metters» dei Metallica:

Dopo tale scoperta sono andato a sentire qualche altro esempio della musica che suonano… Ora, il secondo brano dei Mozart Heroes che potrei proporvi oggi è la quasi ipnotizzante interpretazione del tema principale della serie «Game of Thrones»:

Le persone che si sono interessate al duo possono provare a visitare il loro canale su YouTube o cercarli in altri possibili modi.


Gaslighting

Ieri sera ho letto che il dizionario americano Merriam-Webster ha nominato il termine «gaslighting» la parola dell’anno 2022. Solo grazie a tale notizia ho scoperto la parola stessa, seppure il dizionario sostiene che la ricerca del suo significato sia cresciuta del 1740% rispetto al 2021…
La spiegazione del termine fornita dal Merriam-Webster è questa:

psychological manipulation of a person usually over an extended period of time that causes the victim to question the validity of their own thoughts, perception of reality, or memories and typically leads to confusion, loss of confidence and self-esteem, uncertainty of one’s emotional or mental stability, and a dependency on the perpetrator

A questo punto non posso fare altro che accettare il fatto della esistenza della parola. Anche perché da oltre nove mesi vedo verificarsi dei fenomeni simili a quello descritto nelle teste delle persone concrete. Ora devo solo ricordarmi il nome «scientifico» di ciò che sto osservando ahahaha
Voi, intanto, potete leggere l’intero articolo – non è lungo! – a cui porta il link riportato sopra.


La musica del sabato

Il compositore francese Jules Émile Frédéric Massenet è sempre stato largamente noto e apprezzato prevalentemente per le opere liriche, anche se ai suoi tempi era considerato un conservatore, mentre al giorno d’oggi non viene considerato della stessa importanza (o portata?) dei compositori come Mozart o Verdi.
Per il post musicale di oggi ho deciso di scegliere non una (o una parte della) opera lirica non solo per la tradizione personale, ma anche perché mi sembra di avere osservato — seppure io non sia un critico/esperto musicale — che le semplici composizioni per l’orchestra siano riuscite a Massenet con più costanza nel corso di tutta la sua vita artistica/professionale.
La prima composizione scelta per oggi è dunque la Première suite d’orchestre del 1867:

La seconda composizione scelta è invece la «Fantaisie pour violoncelle et orchestre» del 1897:

In alcune situazioni la musica del genere migliore il mio umore…


La musica del sabato

Nel tentativo di selezionare qualcosa di leggero, ma allo stesso tempo anche di buona qualità, ho pensato che per il post musicale di questo sabato possa andare bene la collaborazione dei due classici del jazz: il chitarrista George Benson e il compositore-pianista Joe Sample.
Prima di tutto metto il brano «Deeper Than You Think»:

E poi aggiungo il brano «Lately»:

Spero che abbiano portato un po’ di serenità anche a voi.


La musica del sabato

Il compositore, direttore d’orchestra e violoncellista prussiano Jacques Offenbach viene logicamente considerato un musicista francese: tutta la sua vita artistica, a partire dal periodo degli studi al conservatorio parigino, è trascorsa quasi totalmente in Francia. E, nonostante un periodo psicologicamente ed economicamente difficile tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 (del XIX secolo) – quando era sostanzialmente considerato un simpatizzante del nemico sia in Francia che in Germania – è sempre rimasto un compositore e musicista apprezzato in tutto il mondo. Lo è ancora oggi. Ancora oggi viene ricordato e riconosciuto come il fondatore e il maggior rappresentante dell’operetta francese.
L’operetta, però, è un genere troppo leggero e spensierato per i miei gusti. Inoltre, le composizioni di questo genere mi sembrano difficilmente pubblicizzabili attraverso il format che ho adottato già da tempo sul sito (anche se fino al 1858 Offenbach aveva la possibilità economica/organizzativa di pubblicare ed eseguire solo le operette da un atto). Di conseguenza, per il post musicale di oggi ho pensato di selezionare qualche sua composizione più seria. Da un certo punto di vista è meglio così: un bravo artista va ricordato anche per le sue creazioni non commerciali.
La prima composizione selezionata per oggi è la «Introduction et valse mélancolique» per violoncello e pianoforte (composta nel 1839):

La seconda composizione selezionata per oggi è la «Les Belles Américaines» (composta durante la tournée statunitense di Offenbach nel 1976):

Mi sa che è stato comunque un post un po’ leggero.


La musica del sabato

Quasi tutti i miei post musicali degli ultimi anni sono dedicati ai musicisti e cantanti occidentali: questo fenomeno statistico mi sembra abbastanza normale.
Altrettanto normale sarebbe, però, informare i miei lettori anche di qualche rappresentante delle culture geograficamente lontane. Per esempio: qualche settimana fa ho saputo, quasi per caso, della esistenza del gruppo folk-metal mongolo The Hu (da non confondere con un noto gruppo britannico degli anni ’60 e ’70 ahahaha). Il gruppo si è formato nel 2016 nella capitale mongola Ulan-Bator, il suo nome è un riferimento alla parola mongola hun (uomo). La musica del gruppo si caratterizza con l’uso del canto di gola e degli strumenti musicali nazionali mongoli: morin khuur (uno strumento ad arco con due corde) e tovshuur (una specie di chitarra a due o tre corde).
Per ora The Hu hanno pubblicato solo due album. Io ho pensato di selezionare, per il post odierno, un brano da ognuno degli album.
Il primo brano selezionato per oggi è «Wolf Totem» (dall’album «The Gereg» del 2019):

Il secondo brano selezionato per oggi è «Bii Biyelgee» (dall’album «Rumble of Thunder» del 2022):

Nemmeno voi conoscevate il gruppo? Allora vi siete appena accorti di avere perso tantissimo! Ahahaha


Ovviamente, il primo adattamento cinematografico tedesco del «Niente di nuovo sul fronte occidentale» – uscito sul Netflix – non poteva essere programmato per il momento storico corrente. Ma è uscito nel momento storico migliore per essere visto appena possibile. Per ricordarsi ancora una volta cosa sia la guerra.

Non ho ancora visto questo film e, di conseguenza, per ora posso solo consigliarvi di (ri)leggere il romanzo di Remarque: è molto bello (come tanti altri suoi romanzi).


La musica del sabato

Mancano appena due giorni alla festa più allegra dell’anno, quindi dobbiamo prepararci ad affrontarla con tutti i mezzi possibili e immaginabili. Anche con la musica adatta…
Per esempio, potremmo ascoltare qualche composizione legata al tema della danza macabra… Dopo alcuni ragionamenti – in realtà non particolarmente intensi – sono giunto alla conclusione che non è necessario tentare di essere troppo originale: posso far (ri)ascoltare la «Homo fugit velut umbra». Si tratta di una delle opere musicali più datate sull’argomento; non si ha una assoluta certezza sul nome del suo reale autore, quindi viene attribuita al compositore italiano del XVII secolo Stefano Landi. L’interpretazione a noi contemporanea più nota e citata è quella di Marco Beasley accompagnato dal «gruppo» l’Arpeggiata:

Non è male, sicuramente meglio di tante altre versioni che mi è capitato di sentire, ma troppo facilmente riesco a immaginarla cantare da qualcuno che ha più voce.
Sto ancora cercando l’interpretazione ideale per i miei gusti (sperando che esista da qualche parte) e nel frattempo aggiungo al presente post musicale, in qualità del tradizionale secondo brano, una composizione per l’orchestra abbastanza famosa.
Infatti, ho pesato di ricordarvi il poema sinfonico «Danse macabre» composto nel 1874 dal compositore francese Camille Saint-Saëns. In particolare, Saint-Saëns si ispirò alla poesia «Égalité-Fraternité» (del poeta Henri Cazalis), nella quale viene descritta la danza degli scheletri al cimitero accompagnata dal battito dei tacchi e dal suono del violino eseguiti dalla Morte. Il compositore ha tradotto la poesia in musica creando una sorta di dialogo tra il violino solista (su cui la Morte suona un valzer) e lo xilofono (che simboleggia il suono delle ossa di scheletri danzanti), accompagnato da violoncelli e contrabbassi, che suonano sempre più forte.

Ecco, per oggi è andata così. Buon Ciaowindows a tutti.


La musica del sabato

Solo in base all’umore del momento ho pensato di scegliere qualcosa di molto classico per il post musicale di questo sabato… E alla fine ho scelto quasi a caso: il concerto per violino e orchestra n. 1 di Niccolò Paganini, composto (probabilmente) tra il 1817 e il 1818. Questa esecuzione della Detroit Symphony Orchestra, diretta da Jader Bignamini e con il violino di Augustin Hadelich, non è male:

Facciamo che sia un modo di prepararsi al 240-esimo anniversario dalla nascita di Paganini, nato il 27 ottobre 1782.


La musica del sabato

Una delle canzoni più famose del gruppo Mountain è la «Mississippi Queen», nata dall’unione delle musiche e dei testi scritti in un primo momento – precedente alla creazione del gruppo – separatamente dal batterista Corky Laing e dal chitarrista Leslie West. La canzone era arrivata alla posizione 21 della Billboard Hot 100; fa parte dell’album «Climbing!» (del 1970) dei Mountain.

Successivamente, tantissimi gruppi e cantanti hanno pubblicato le proprie interpretazioni di questa canzone. Alcuni di loro sono riusciti a produrre delle versioni interessanti. Per esempio, Ozzy Osbourne ha incluso la propria versione della «Mississippi Queen» nell’album delle reinterpretazioni delle famose canzoni dei vari gruppi degli anni ’60 e ’70 del XX secolo «Under Cover» (uscito nel 2005). Direi che è venuta una canzone di Osbourne stilisticamente riconoscibile.

Un’altra versione della «Mississippi Queen» che potrei proporre è quella del gruppo rock statunitense Ministry: nel 2008 avevano incluso la propria interpretazione nell’album «Cover Up» (anche esso composto interamente dalle cover). In particolare, questa sembra una versione classificabile come «rock modernizzato»: non saprei inventare una definizione che renda meglio la mia idea…

E poi esistono tante altre versioni che non pubblico solo perché non voglio farvi stancare. I melomani più resistenti e/o interessati possono fare delle ricerche in proprio.