L’“attentato” a Putin

(4 maggio 2023)

L’«attentato» a Putin dell’altra notte può essere spiegato in una sola frase. Eccola:
Immaginate che qualcuno avesse tentato di fare un attentato a Giorgia Meloni colpendo il Palazzo Chigi con due droni alle 3 di notte.
Bene, ora posso provare a fare – per coloro che ne avessero bisogno – una spiegazione un po’ più dettagliata.
Anche a un esame più superficiale, l’«attentato» a Putin con due droni di notte al Cremlino è una stronzata assurda. Proviamo a vedere le stranezze più evidenti. Per qualche motivo siamo invitati a credere che qualcuno abbia filmato in modo del tutto casuale quella parte precisa del Cremlino alle tre di notte, in un modo professionale (guardate l’inquadratura) e con dispositivo tenuto in mano (l’immagine è visibilmente mossa, cioè è stata ripresa a mano e non da una telecamera di sorveglianza), facendolo nel momento più azzeccato, per poi incollare prontamente il risultato delle sue riprese al video di qualcun altro. Ci viene anche proposto di non notare due persone non identificabili (ma chi poteva essere nel luogo governativo più protetto della Russia?) che si arrampicano sulla cupola dell’ex Palazzo del Senato di notte, andando verso il punto dell’arrivo del drone giusto pochi secondi prima, nel momento più opportuno. E ci invitano anche a non chiederci perché i droni siano stati abbattuti proprio all’ultimo momento: già sopra il Cremlino e non almeno sopra la Piazza Rossa.

Insomma, per ora sembra tanto una sceneggiata. La quale può servire a Putin non in qualità di un pretesto per fare qualche nuovo attacco terroristico alla Ucraina (sappiamo bene che ha sempre agito senza alcun pretesto), ma in qualità di una spiegazione postuma (o, se preferite, giustificazione). «Noi abbiamo fatto X, Y e Z perché loro ci colpiscono anche nei luoghi più simbolici». «Abbiamo aperto la caccia a Zelensky perché loro hanno tentato di colpire Putin». «Putin fa bene a nascondersi perché volano i droni». Etc. etc..
Aspettando di scoprire e di capire qualcosa in più, aggiungo altri due brevissimi video:


Ma anche se si trattasse di un vero attentato…
Non c’è alcunché di sorprendente nella storia dei due droni in volo verso il Cremlino (è uno strumento tecnologico della guerra come tutti gli altri).
Non sorprende che Putin non si trovasse in quel momento al Cremlino: ci andava raramente anche prima della guerra, mentre negli ultimi quattordici mesi si nasconde non si sa bene dove «per motivi di sicurezza»; inoltre, non vive e non ha mai vissuto al Cremlino e non lavora di notte, quindi è lecito credere alle dichiarazioni del suo portavoce.
Non sorprende che i droni – anche se fossero stati veramente ucraini – siano volati (presumibilmente) verso Mosca dal confine stesso: non è sempre facile rilevare il movimento di una macchina di queste dimensioni (ci sono già stati molti esempi di droni che hanno volato nel tradizionale territorio russo dall’Ucraina).
Non sorprende nemmeno che molti siano ancora tanto ingenui da pensare che il «Cremlino» abbia bisogno di un qualche pretesto per organizzare qualche altra schifezza (il mondo è pieno di personaggi strani).
L’unica cosa che mi sorprende è come sia stato raggiunto un accordo (tacito o scritto da qualche parte) per non colpire gli edifici governativi di Kiev e Mosca. Infatti, negli ultimi 14 mesi più di una volta si sarebbe potuto colpire sia la via Bankovskaya che il Cremlino. Mi ricordo benissimo che mei primi giorni della guerra la parte russa dichiarava di voler catturare Zelensky, ma poi tutte le dichiarazioni del genere erano cessate di colpo.
È a proposito della mia unica sorpresa che ora sto cercando con una particolare insistenza qualche commento convincente. Per ora non escludo l’opzione più semplice: a Putin è stato vivamente consigliato – dai «non-partner occidentali» di non toccare Zelensky, mentre l’esercito ucraino è troppo impegnato a difendere i territori ucraini.

Rubriche: Russia

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