Ed ecco che siamo giunti al primo anniversario della guerra in Ucraina.
Avrei preferito che questo anniversario non ci fosse mai stato. Che non ci fosse stato quel punto di partenza del cronometraggio. E che non ci fosse stato tutto ciò che è successo tra le due date. Ma, purtroppo, questo inferno sta continuando e io non so quanti altri anniversari della guerra in corso ci aspettano ancora. Dall’ultimo discorso di Putin alla Assemblea Federale abbiamo appreso, tra le altre cose, che l’unico obiettivo finale di questa guerra è la vittoria: una vittoria che dovrebbe una forma della quale nemmeno Putin stesso ha una idea precisa. Ma, allo stesso tempo, è già chiaro che l’Ucraina non si arrenderà (in primo luogo, perché non vuole farlo; in secondo luogo, perché è sostenuta da tutto il mondo civilizzato) e che Putin non spaccerà per la vittoria almeno i pochi risultati raggiunti (altrimenti tutti gli eserciti russi – quello ufficiale e quelli privati – non si andrebbero costantemente in nuovi attacchi). Di conseguenza, finché c’è Putin ci sarà anche la guerra, e finché c’è la guerra, ci sarà anche Putin.
A questo punto il mio desiderio personale principale – quello che considero realizzabile in tempi immaginabili – è che questa guerra non possa essere definita una «guerra della Russia» o una «guerra dei russi» in Ucraina. Quello che voglio è che venga riconosciuta unicamente come una guerra di Putin in Ucraina e che egli rimanga sul suo lato del fronte sempre più solo. Più piccolo sarà il suo esercito fascista (sia quello armato, sia quello dei «commentatori sui social»), più sarà vicina la fine dell’inferno, più sarà vicina quella vittoria che voglio io. Questo è l’obiettivo che mi sono posto un anno fa scendendo nella mia piccola trincea digitale.
Ne sono infinitamente stanco, ma la mia stanchezza è imparagonabile a quella degli ucraini, quindi non posso arrendermi. E poi, a volte mi sembra di vedere dei piccoli risultati.
Un anno di guerra
(24 Febbraio 2023)
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