Interpretare Medvedev

(9 giugno 2022)

I tentativi dei giornalisti occidentali di dare una qualsiasi interpretazione alle parole di Dmitry Medvedev (l’ex premier, l’ex custode della sedia presidenziale, l’ex primo tra i collaboratori di Putin) sorprendono e fanno un po’ ridere allo stesso tempo.
Sorprendono e fanno ridere perché indicano chiaramente il grado della (in)competenza delle persone che sono state incaricate a scrivere della Russia.
Da oltre due anni ogni dichiarazione di Dmitry Medvedev — che a differenza di Putin sa usare anche l’internet — ha un obiettivo solo: ricordare della esistenza di chi la esprime. Da quando non ricopre più l’incarico del premier (dal 15 gennaio 2020) e non passa più il tempo libero in compagnia di Putin (dai tempi ancora più lontani), Medvedev si sente, non senza motivo, escluso dalla vita politica «seria» russa. Ma, ovviamente, vorrebbe tanto esservi riammesso. Quindi cerca di attirare costantemente l’attenzione del capo, tentando di apparire il più agguerrito, il più categorico e il più fedele di tutti.
Di conseguenza, dobbiamo ricordare che tutte le parole di Medvedev sono rivolte prima di tutto (o addirittura solo) a Putin. Ed è una cosa normalissima, le cose del genere succedono in ogni struttura gerarchica non democratica.
Avrei potuto anche ipotizzare che stia lottando per qualche incarico importante nella Russia post-putiniana, ma non vorrei dedicarmi troppo a ciò che per ora non è fondato su alcuna informazione certa.

Rubriche: Russia

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