Sabato 13 settembre sul territorio di Lugansk era entrato il secondo «convoglio umanitario» russo di 200 camion bianchi. Entrato attraverso un punto di confine attualmente controllato solo dall’esercito russo, quindi evitando l’ispezione da parte degli ucraini. Rispetto alla volta scorsa, il senso della operazione è ancora meno chiaro.
Anche questa volta i camion sono privi dei segni distintivi. Si dichiara la loro appartenenza al Ministero delle situazioni d’emergenza, ma sul sito della istituzione non si trova alcuna notizia in merito. Il carico è ancora ignoto: come la volta scorsa, sono state diffuse delle foto dei camion semivuoti con dei sacchi bianchi anonimi, posti su dei bancali artigianali. Inoltre, come la volta scorsa, mancano le foto del carico/scarico degli «aiuti» e della distribuzione di questi alla popolazione.
Anzi, la volta scorsa abbiamo visto qualche foto come la seguente, ma non si conosce bene l’evento al quale si riferiscono:
Il primo convoglio poteva essere spiegato in vari modi: una semplice provocazione, la speranza di vederlo colpire dall’esercito ucraino per giustificare un intervento, o il presunto traferimeno dei macchinari da una fabbrica di Lugansk «distrutta dagli bombardamenti ucraini».
Boh, non so proprio come spiegare la seconda spedizione. I camion, già tutti rientrati in Russia, sono fermi nella regione di Rostov.