Il fatto che il Twitter abbia iniziato ad aggiungere i link alle informazioni vere in fondo a certi twit di Trump, è una notizia molto curiosa. [Anche io sono bravo con i link, quindi ecco i due esempi: uno e due.] L’iniziativa in sé rappresenta, forse, l’unica forma di censura umanamente possibile nei confronti degli autori dei famosi «fake news»: non viola il diritto all’informazione dei lettori e, allo stesso tempo, non costringe l’autore a optare verso la diffusione anonima dei propri comunicati fantasiosi.
Quello che mi incuriosisce ancor di più è, invece, la reazione di Mark Zuckerberg: afferma che il Facebook avrebbe una politica d’intervento diversa. Ecco, purtroppo il modo di agire del Facebook è noto particolarmente bene in Russia, dove da anni gli utenti vengono sistematicamente bloccati per le parolacce contenute nelle opere letterarie citate e per le opinioni politiche denunciate come «inopportune» dai bot pro-governativi. [Avrei messo anche più di due link sull’argomento, ma la maggioranza di voi non legge in russo.] C’è il sospetto che la direzione del social semplicemente non è interessata a entrare in merito di ogni situazione segnalata. Esercita la censura ceca e indifferenziata, spacciandola per una grande conquista.
Direi che il metodo del Twitter mi piace molto di più. Anche se, da utente, sono totalmente disinteressato al Twitter stesso: per i contenuti brevi ho altri canali di comunicazione decisamente più belli e comodi.
Due modelli di censura
(28 Maggio 2020)
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