Scrivere da morto

(11 dicembre 2019)

Potrebbe sembrare interessante e un po’ macabro il caso del critico inglese Alan Blyth. Il giornale The Guardian continua a pubblicare i nercologi scritti da egli (come, per esempio, quelli di Monserrat Caballé morta nel 2018, di Anna Reynolds morta nel 2014 o di Giuseppe di Stefano morto nel 2008), mentre lo stesso Blyth è morto nel 2007. Lo stesso The Guardian ha pubblicato il suo necrologio.
In realtà non ci sarebbe alcunché di anomalo: non solo i necrologi, ma anche i testi per le date o gli eventi importanti solitamente vengono scritti con un certo anticipo per poi essere solo leggermente aggiornati poco prima della pubblicazione. Certo, a volte capitano dei spiacevoli errori di pubblicazione (per esempio, il Bloomberg fece morire Steve Jobs con tre anni di anticipo), ma la cosa molto più interessante è un’altra.
Gli errori di pubblicazione anticipata non sono più caratteristici della attività dei soli giornali tradizionali. Anzi, peggio ancora: la continuazione della vita attiva su internet di una persona non significa più che quella persona sia ancora viva fisicamente. Molti siti, infatti, permettono di programmare le pubblicazioni per determinati giorni e orari (il facebook, per ora, concede questa possibilità solo alle «persone famose»). Io, per esempio, ho già molti testi scritti da pubblicare sul sito nel 2020 (e qualcuno addirittura nel 2021). Programmandoli tutti per le date ormai prestabilite e morendo stasera, potrei ingannare moltissimi miei lettori per quasi un anno e mezzo. (Ma in realtà ci sto già a volte riuscendo: a volte pianifico un testo e poi vado a farmi uno dei miei viaggi; quando ho i testi pronti per i prossimi più giorni consecutivi, li metto subito in coda e non ci penso più.)
La morale del post di oggi è: nel mondo tecnologico contemporaneo non ci si può più fidare di niente e vi conviene trarne le giuste conclusioni, ahahaha

Rubriche: Internet

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