Oggi, il 7 novembre 2014, ci sarebbe il 97-esimo anniversario della rivoluzione d’ottobre. Io sono tutt’altro che un comunista, quindi non ho alcun motivo positivo di scrivere un post su questa data. Però essa sembra adatta per scrivere quest’anno di un oggetto particolare, ormai di antiquariato, che conservo ancora per mostrarlo ai miei amici occidentali e, in un futuro lontano, ai nipoti.
Guardatelo, è il mio primo passaporto «esterno» (leggi di seguito la spiegazione):
I cittadini russi, come all’epoca sovietica, hanno due passaporti: uno che serve per andare all’estero (ed è come quello che hanno anche gli europei) e uno interno (che funziona un po’ come la carta di identità italiana, ma contiene delle informazioni più dettagliate sul suo proprietario e ha 20 pagine).
Ma torniamo al mio passaporto sovietico «esterno». Anche dopo la caduta dell’URSS alcune categorie dei cittadini russi non hanno diritto di andare all’estero (i cosiddetti «portatori del segreto di Stato»). Ai tempi dell’URSS, invece, le persone che non potevano uscire dai confini erano veramente tante (l’elenco dei casi è lunghissimo, ne scriverò un’altra volta). Di conseguenza, si erano accumulati un sacco di passaporti «esterni» vuoti ancora con lo stemma dell’URSS sulla copertina. Ecco perché io ne ho avuto uno nell’estate del 1998:
Le scorte erano tanto grandi da durare fino al 2001. Nel 2003, invece, avevo già preso un nuovo modello: faccio notare che per dei motivi ignoti il Ministero degli Esteri ha continuato nella impresa stupida di evitare le scritte in lettere latine sulla copertina. Ma all’estero tutti hanno ormai imparato che un passaporto incomprensibile è quello russo.
E il passaporto interno che aspetto ha? Quasi uguale, cambia solo il colore della copertina e la rappresentazione dello stemma. Eccolo a destra:
Ora siete un po’ più informati sul design dei documenti russi. Prego.