Nel 1985 il neo-eletto Segretario Generale del partito Comunista dell’Unione Sovietica annunciò l’inizio della perestroika. Nell’autunno del 1986 iniziò la progressiva liberalizzazione della economia. Nella primavera del 1988 le cooperative (l’unica forma di imprenditorialità autorizzata) ottennero il diritto di entrare in tutti i settori dell’economia. Cominciarono a comparire i primi ricchi legali. Assieme a questi ultimi cominciarono a comparire nelle città sovetiche anche le prime automobili straniere (capitavano anche prima, ma con la stessa frequenza delle auto targate «Danimarca» sulle strade italiane).
Proprio in corrispondenza di questa tappa della perestroika io sono entrato in quella età nella quale i ragazzini distinguono tutte le marche e tutti i modelli automobilistici. In sostanza, il mercato automobilistico russo dell’epoca si è formato e cresciuto assieme a me. Prima o poi ne scriverò in dettaglio, mentre per ora mi limito a dire che tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 in Russia arrivavano dall’estero tantissime automobili usate (forse addirittura più di quelle nuove).
Uno dei primi modelli stranieri che io ed i miei coetanei abbiamo imparato a riconoscere è stata la BMW della serie E30. Tale notorietà le era garantita da una larga diffusione e il design particolare (quasi extraterrestre per noi figli dell’URSS).
Tanti miei coetanei dicevano che «da grandi» avrebbero comprato una Mercedes, mentre io sognavo questa BMW: a due porte e di colore nero.
L’ho sempre considerata bella (anche ora, seppure nella società i criteri della bellezza automobilistica siano un po’ cambiati) e sufficientemente seria.
Bella, seria, e allo stesso tempo divertente. Queste «cornici» cromate sul muso mi hanno sempre ricordato i denti incisivi di un ratto.
Sogno ancora di avere questa macchina: BMW E30 nera a due porte. La potenza del motore non è fondamentale.