Oggi in Russia (e in tante altre ex Repubbliche dell’URSS) si festeggia la Giornata della Vittoria. Sapevo di doverne dedicare un post. E per quest’anno ho pensato di fare una cosa meno formale del solito. Sicuramente avrò tante altre occasioni per scrivere qualcosa storicamente rilevante sui fatti della Seconda guerra mondiale.
Ad Aleksander Suvorov, uno dei più grandi condottieri della storia russa, viene attribuita la frase «una guerra non è finita finché non sepolto l’ultimo soldato». Io sono nato 38 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, ma per me non finita finché non trovo un suo eroe. La descrizione di questa mia missione è alla fine del post, mentre prima vorrei presentarvi due persone.
Non si tratta di un testo sulla storia della guerra in senso tradizionale, quindi chi ha paura di deludersi può anche saltarlo.
La prima persona è il mio bisnonno Ilya Gretsov, nato nel 1887 a Valuiki (cittadina a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina). Figlio di un apicoltore, nella vita fece il revisore dei conti. Ebbe tre figli: due maschi (solo uno dei quali tornò vivo dalla guerra) e una femmina. Nel luglio del 1941 venne mobilitato nella Armata Rossa in qualità di ingegnere militare di primo rango. Dal novembre del 1941 non si ebbero più le sue notizie. Come per altri milioni di militari sovietici, non si sa tuttora precisamente dove, come e quando fu ucciso (o fatto prigioniero?). Di egli ci rimase solo una foto:
La seconda persona è la figlia minore di Ilya, la mia nonna materna: Galina, nata a Valuiki nel 1930. Dopo una infanzia e adolescenza difficili andò fare l’università a Leningrado. Volle diventare una insegnante di scuole superiori come la madre, ma alla fine si laureò in economia come il padre Ilya. All’inizio degli anni ’70 fu già nel consiglio direttivo di una grossa fabbrica tessile vicino a Mosca. Non ha mai voluto parlare degli anni di guerra perché, secondo essa, «ci sono state delle cose terribili che gli umani non devono sapere». Solo alla fine degli anni ’2000 sono riuscito a convincerla di scrivere alcuni ricordi di quegli anni.
Proprio grazie a quegli scritti ho avuto la conferma di una leggenda famigliare: nel 1943 la mia nonna fu curata per una grave malattia da un medico militare italiano (per un breve periodo le truppe italiane avevano sostituito quelle tedesche a Valuiki). Considerata la quantità degli anni passati, è difficile sperare che quel signore sia ancora in vita. Ma vorrei trovare almeno i suoi discendenti. Lo avrei già fatto anni fa, ma le informazioni a mia disposizione non sono tante.
Spero in suggerimenti sulla metodologia di ricerca.