Dimenticare von Clausewitz

(28 febbraio 2022)

I numerosi «esperti» della politica internazionale amano appellarsi alla famosa citazione del generale e teorico militare prussiano Carl von Clausewitz:

La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.

Molto probabilmente l’autore di queste parole soffriva di una specie di malformazione professionale e tendeva, dunque, a elevare la guerra – il proprio ambito di studio – al rango dello strumento più importante tra quelli a egli noti.
Tutti gli altri, però, non dovrebbero sentirsi obbligati ad attenersi alla opinione di una sola, concreta, personalità vissuta secoli fa. Alle persone dotate di una minima capacità di analisi basterebbe ripensare alla storia mondiale – anche a livello delle conoscenze scolastiche – per accorgersi che la situazione reale sia di segno opposto alle parole di von Clausewitz: in realtà la politica a essere la continuazione della guerra. Infatti, tutti i governanti (Principi) si sono serviti della politica dopo avere vinto o perso una guerra. Nel primo caso non ne avevamo momentaneamente più bisogno, nel secondo caso non avevano le forze per continuarla (o iniziarne una nuova). Ma ogni qualvolta ce ne fosse la possibilità, si faceva la guerra.
Tantissimi studiosi autorevoli non se ne sono però accorti. Si sono accorti solo di alcuni aspetti formali, quasi estetici: per esempio, del fatto che nel mondo contemporaneo le guerre inizino senza una dichiarazione. Oppure del fatto che sia mutato il concetto del campo di battaglia. In pochi si sono accorti del fatto che la guerra può manifestarsi senza uno diretto scontro armato tra le due parti. Di conseguenza, in pochi si sono accorti che la Terza guerra mondiale ci sia già stata: è durata approssimativamente dal giorno del discorso di Fulton fino al giorno di caduta dell’URSS. E, infine, in pochi hanno notato che la Quarta guerra mondiale sia iniziata anni fa con la cosiddetta guerra ibrida (l’inizio della Seconda era stato in un certo senso simile). Iniziata per il volere di un leader che mentalmente vive ancora in un mondo che a) spartito in aree di influenza decise in base ai risultati della Seconda guerra mondiale; b) non è più necessario fare lo sforzo di continuare la guerra con la politica (diversamente da quanto hanno deciso gli Stati contemporanei).
Da tutto quello che mi è capitato di leggere in questi giorni non sono riuscito a capire bene quanto sia larga la comprensione di un principio preoccupante. La guerra attualmente in corso sul territorio ucraino ha le potenzialità per trasformarsi in una guerra mondiale di aspetto tradizionale, facilmente comprensibile a tutti. È importante capire che la guerra in Ucraina non è iniziata per finire in Ucraina. È importante capire che la vittoria – indipendentemente dai suoi costi – in questa guerra sarà un chiaro segnale per chi l’ha iniziata: «è un modo di fare praticabile», «si può rifarlo ancora». Si può rifarlo come si può rifare tutte le altre imprese passate impunite: per esempio, la guerra in Georgia nel 2008 o l’annessione della Crimea nel 2008. Dove rifarlo? Da qualsiasi altra parte: per esempio, in Finlandia (la quale ha fatto parte dell’Impero russo, quindi ci sarebbe il solito pretesto «storico»).
La Finlandia vi sembra «più europea» della Ucraina? Quindi iniziate a sentire più vicino il pericolo? Bene, molto bene!
Certo, si potrebbe anche prendere l’esempio da Chamberlain e tentare di non infastidire troppo quel tipo pazzo… Ma ci ricordiamo bene come si era sviluppata la cosa.

Rubriche: Nel mondo, Russia

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