Le strane professioni

(5 febbraio 2015)

Nella maggior parte delle città italiane che mi è capitato di visitare c’è una simpatica tradizione: quella di specificare chi erano nella vita reale quei personaggi i cui nomi oggi portano le vie e le piazze. Quindi sulle targhe toponomastiche, oltre al nome del personaggio, viene spesso indicata la sua professione o l’attività per la quale si era reso famoso. Ecco due esempi milanesi presi a caso.
1. La parola generica «musicista» potrebbe anche andare bene: i curiosi troveranno modo di informarsi:

2. Archimede è stato più fortunato: ai suoi tempi gli scienziati non erano specializzati nemmeno fino al punto di dividersi in matematici e fisici, quindi la definizione è corretta.

Alla tradizione di portata ormai nazionale capitano, a volte, delle eccezioni. Per esempio, a Noli (in provincia di Savona) le professioni non sono in alcun caso indicate ed i nomi vengono spesso ridotti alle sole iniziali.

In questo specifico caso penso che si tratti di Emilio Praga, un poeta ottocentesco italiano. Non so invece chi sia stato Bartolomeo Tissoni. Ma andiamo avanti. A Treviglio avevo notato alcune vie dedicate alle famiglie nobili locali: è una scelta sensata in quanto una volta i nobili incidevano tanto (e spesso positivamente) sulla vita delle proprie città.

Altrettanto spesso capitano delle specificazioni piuttosto strane. Sempre a Milano, per esempio, troviamo delle targhe secondo le quali Spartaco fu semplicemente un gladiatore. Provate a immaginare la reazione dei passanti che ci fanno caso della scritta. Chi ha studiato poco a scuola e non ha mai letto un libro in vita sua dovrebbe pensare che Spartaco fu stato un gladiatore di spiccata professionalità. Tutti gli altri (me compreso) dovrebbero forse pensare la stessa cosa, ma aggiungendo «mi hanno insegnato qualcosa di troppo».

Ma questo è solo un raro esempio di sintesi e approssimazione eccessive, conosciamo tutti dei casi molto più gravi. Quello che mi turba in maniera particolare è la moda di dedicare le vie ai «patrioti». Prima di spiegare il perché vi mostro un esempio milanese:

Che cazzo di lavoro è «patriota»? E’ una professione? E’ un incarico istituzionale? E’ un titolo di studio? E’ un titolo nobiliare? La risposta a tutte queste e tante simili domande è sempre la stessa: NO! Un patriota è una persona piuttosto semplice e per niente rara o unica… Anzi, tanto semplice da apparire noiosa: lavora, paga le tasse, non sputa per strada, aiuta il prossimo, cresce i figli e fa tante altre cose piccole del genere che rendono bello il suo territorio.
Coloro che vedono nel patriottismo una attività da esibire al pubblico sono generalmente delle persone inadatte a qualsiasi lavoro costruttivo. Emettono nell’ambiente tante parole patetiche, non producono nient’altro e accusano gli altri dell’amare la patria in maniera sbagliata (oppure troppo poco). Se qualcuno vi dice «non sei un patriota», sputategli pure in faccia: non è una merda come egli che deve giudicarvi.
Insomma, quello che volevo dire è abbastanza banale: non c’è alcun motivo di dedicare le vie alle persone semplici ed è socialmente pericoloso dedicarle ai patrioti professionali. I patrioti veri, quelli che ho descritto poco sopra, meritano di essere ricordati nella toponimia solo per aver affiancato il proprio sentimento ad una opera contemplabile: professionale o artistica. Quindi spero che anche a Milano, prima o poi, arrivino al potere le persone tanto coraggiose da rinominare alcune vie, dedicandole alle persone realmente importanti per la città, per lo Stato o per l’umanità. In Italia di esempi da seguire non mancano, in questa sede ne faccio vedere solo due.
Il primo esempio è di Finale Ligure:

Il secondo è di Treviglio:

E, infine, due patrioti stranieri per i quali a Milano hanno saputo trovare le definizioni corrette. Non era difficile, vero?

E’ bellissimo che qualcuno si fosse ricordato che Franklin era anche un fisico!

P.S.: i reportage sulle città menzionate si trovano nella sezione apposita del mio sito.

Rubriche: Italia, Urbanistica

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