Il passatempo dei candidati russi

(15 marzo 2018)

Mancano tre giorni alle votazioni presidenziali russe (purtroppo a volte faccio un po’ fatica ad applicare la parola elezioni a certi giochi di ruolo russi). Di conseguenza, domani è l’ultimo giorno della campagna elettorale e noi possiamo ormai dire se i candidati l’abbiano condotta bene oppure no.
Il candidato al primo posto ha fatto una campagna elettorale lunga quasi due ore. Infatti, con l’eccezione dei cartelloni pubblicitari sorvegliati in regime 24/7 dalle pattuglie della polizia, la replica in TV di alcuni film «documentari» con la sua presenza (per esempio quello di Oliver Stone) e la abituale massiccia presenza quotidiana nei servizi dei telegiornali, è stato un candidato invisibile. In qualità della sua unica partecipazione attiva alla lotta elettorale presidenziale può essere visto il suo discorso alle Camere riunite del parlamento. Da quel discorso i cittadini russi hanno appreso che i sacrifici degli anni passati sono dovuti ai preparativi alla guerra, ora siamo capaci di distruggere gli USA con un nuovo razzo figo (segue un cartone animato sul bombardamento della Florida disegnato nel 2007) e quindi ora tutti ci devono ascoltare con attenzione e timore. Insomma, ha regalato degli attimi di orgoglio ai propri elettori tipici.

Uno dei due veri candidati al secondo posto è sicuramente Pavel Grudinin. Nella campagna elettorale che sta per finire il suo compito informale ma evidente a tutti è stato quello di darne un po’ di vita senza però esagerare. È riuscito perfettamente nella prima parte, dimostrandosi molto più comunicativo del leader formale del Partito Comunista Zjuganov (il quale ripete le stesse cose e allo stesso modo da quasi trent’anni). Con il suo impegno nella esaltazione – secondo me un po’ recitata, visto che è un imprenditore di successo – del stalinismo e del populismo di sinistra Grudinin è però riuscito ad apparire più ridicolo dello storico buffone Žirinovskij. Di conseguenza, si sta concretizzando il rischio che in occasione di queste elezioni tocchi a Grudinin di essere un «parafulmine» per molti elettori non putiniani. Infatti, in Russia molte persone consce del fatto che elezioni sono prive dei candidati alternativi veri e per nulla oneste, preferiscono votare il candidato più assurdo solo per mandare, in quel modo curioso, affanculo i governanti odiosi.
Sfruttando questa tendenza Pavel Grudinin può però acquistare di colpo un notevole peso nel partito e nella politica russa. Un peso che fino a due mesi fa non poteva immaginare ad avere. Il Cremlino collettivo comprende questo rischio, ma per la elementare logica politica non può lasciare le elezioni russe senza un candidato del Partito Comunista. Di conseguenza, nelle ultime due settimane sta cercando di screditare Grudinin con le notizie sui suoi numerosi conti all’estero non dichiarati. Se questi conti esistessero veramente, in base alla legge non gli permetterebbero di rimanere candidato, ma, come ho appena scritto, c’è il bisogno politico della presenza di Grudinin sulla scheda elettorale. Insomma, la situazione è veramente interessante.

Il secondo reale candidato al secondo posto è il noto a molti Vladimir Žirinovskij. Il comportamento di questo personaggio non dipende dal fatto che ci sia o meno una campagna elettorale in corso. Žirinovskij è sempre attivo allo stesso modo: un populista rumoroso sempre in vista che non supera mai il limite imposto da dietro il muro rosso (ciò permette a egli e al suo partito di rimanere al Parlamento). È un opportunista capace di cambiare la propria opinione più volte in un arco minimo del tempo. Una delle sue caratteristiche principali è l’utilizzo frequente del linguaggio di un livello veramente basso nei confronti dei propri avversari. Sono quindi rimasto veramente soddisfatto per il modo in cui è stato affrontato dalla candidata Sobchak il 28 febbraio.
Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo su uno dei canali televisivi russi si sono svolti i cosiddetti «dibattiti». Nel corso di essi i candidati o i loro rappresentanti (il vincitore non era presente in alcun modo) dovevano rispondere alle domande del «moderatore». A ogni persona, però, veniva fatta una domanda diversa. I candidati e/o i loro rappresentanti non potevano e non dovevano discutere tra loro. Il tempo a disposizione per ogni risposta era limitato a due minuti (immaginate di dover spiegare in due minuti come andrebbe riformata una qualsiasi cosa almeno nella vostra città). In sostanza erano delle micro-interviste. Ed ecco che nel corso di una delle sue risposte durante il «dibattito» del 28 febbraio Žirinovskij ha iniziato a esibire le proprie «conoscenze linguistiche» di cui sopra, insultando la candidata Ksenia Sobchak. Dopo alcuni timidi tentativi di protesta da parte di quest’ultima e la non interferenza del moderatore, Žirinovskij ha ricevuto una porzione di acqua in faccia. Il regalo è arrivato, appunto, da parte della Sobchak.
Questa è stata una grande novità nella vita politica di Vladimir Žirinovskij e l’unica esperienza atipica della sua ennesima campagna elettorale che ci rimane in memoria.

La candidata Ksenia Sobchak non ha condotto una campagna elettorale nel senso tradizionale del termine. Infatti, più della metà della sua attività pubblica svolta in vista delle elezioni consiste in una serie di performance di sfondo politico e sociale che una persona comune difficilmente può permettersi (a volte può, ma senza ricevere alcuna attenzione mediatica). Per esempio, alla fine di gennaio è andata in Cecenia a protestare contro l’arresto illegittimo del capo locale delle ONG Memorial. Oppure, alla fine di febbraio è riuscita a convincere il Comune di Mosca ad autorizzare l’applicazione di una targa commemorativa sul palazzo dove ha vissuto l’oppositore (ed ex vice-premier) assassinato Boris Nemtsov. L’ultima sua grande invenzione è l’invio di una richiesta formale a Kiev di poter fare la campagna elettorale in Crimea. Il valore simbolico del gesto dovrebbe essere evidente a tutti, ma ha ragione anche chi lo definisce una manifestazione della «schizofrenia politica». Probabilmente senza rendersene conto, ha chiesto ad uno Stato terzo di poter fare la politica interna russa su un territorio che quello Stato ritiene proprio.
È giusto sfruttare tutti i vantaggi del proprio status della candidata, ma a volte è anche utile prevedere le reazioni altrui.

Il candidato Grigorij Javlinskij, pur essendo un politico da caratteristiche molto discutibili, è l’unico rappresentante vero della opposizione liberale in queste elezioni. Ha dovuto fare dei notevoli sforzi per a) farsi appoggiare come l’unico candidato riconosciuto da molti piccole organizzazione d’opposizione (ad eccezione di quella di Navalny); b) farsi inserire immaginate da chi sulla scheda elettorale (è un lavoro che hanno dovuto comunque fare tutti i candidati). Ebbene, dopo essere riuscito in queste due imprese titaniche, ha condotto una campagna elettorale incredibilmente noiosa, monotona, incolore e silenziosa. Non è stata una campagna elettorale che ha cercato me (cioè la persona che si riconosce nei suoi principi più che in quelli di altri sette candidati). Sono stato io a doverla cercare. E, trovando dei suoi elementi sparsi qua e là, ogni volta rischiavo di addormentarmi, appunto, per un livello incredibile di noia. Spero che prima o poi lo capisca pure Javlinskij stesso.

Il candidato Boris Titov, che di lavoro fa il Difensore dei diritti degli imprenditori alla Presidenza della Federazione Russa, nel corso della campagna elettorale si è distinto solo una volta. All’inizio di febbraio si è infatti recato a Londra per incontrare alcuni imprenditori russi esiliati da quelle parti. La maggioranza di quelle persone è fuggita in Inghilterra negli ultimi vent’anni a causa di una brutta pratica russa di utilizzare i procedimenti penali fabbricati per la ripartizione dei beni, capitali e attività redditizie. I beneficiari di tali procedimenti sono sempre, e stranamente, gli amici di qualcuno o i membri qualche organizzazione [identificabile con tre lettere]. Il candidato Titov si è dunque proposto in qualità di un intermediario di peso per il ritorno sicuro e tranquillo degli imprenditori russi in patria. Uno di loro si era fatto convincere ed è stato fermato dalla polizia appena sceso dall’aereo a Mosca. Vabbè, passiamo ad altri candidati.

I candidati Sergej Baburin e Maksim Suraikin – in realtà gli ultimi due che ci rimangono – erano fisicamente presenti ad alcuni «dibattiti televisivi» (o forse erano delle cere prestate da una filiale provinciale del Madame Tussauds?), ma per il resto non mi sono accorto della loro campagna elettorale.


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I post precedenti sui candidati alla presidenza:
Il post № 0 – alcuni candidati particolari
Il post № 1 – Vladimir Žirinovskij, Grigorij Javlinskij e Pavel Grudinin
Il post № 2 – Ekaterina Gordon, Sergej Polonskij e Boris Titov
Il post № 3 – Tristan Prisjagin e Natalia Lisitsyna
Il post № 4 – Ekaterina Gordon e Aleksej Navalny
Il post № 5 – Sergej Baburin e Maksim Suraikin
Il post № 6 – la raccolta delle firme
Il post № 7 – i programmi elettorali

Rubriche: Russia

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