Le fiamme della rivoluzione

(16 ottobre 2017)

Come forse vi ricordate, la notte tra l’8 e il 9 novembre 2015 l’artista azionista russo Petr Pavlensky aveva incendiato uno dei portoni della sede centrale del FSB (ex KGB). Dopo quella fantastica notte sono successe diverse cose nella sua vita. Da diversi mesi vive in Europa, nel maggio del 2017 ha ottenuto lo status del rifugiato politico in Francia. Ormai sento la necessità di dedicare un post serio a questo personaggio (biografia, il significato delle performance e altro), ma lo farò in un altro momento.
Oggi vi comunico di un’altra sua perfomance.
In poche parole, stanotte Petr Pavlensky ha incendiato uno degli edifici della Banca Centrale francese e, come due anni fa, si è fatto fotografare davanti alla propria opera. Le immagini sono della fotografa Capucine Henry.


L’attivista Sarah Constantin, anche essa presente sul luogo, ha comunicato che l’obiettivo della azione è stato quello di «far ripartire l’incendio rivoluzionario nel mondo».


La rivoluzione – così come potrebbe immaginarla nella propria testa Petr Pavlensky – mi interessa molto meno della sua assenza. Mi interessa tanto, invece, sapere la gravità del danno che ha provocato la sua azione di stanotte e le possibili conseguenze. Qualora queste ultime si limitassero ad alimentare il suo bisogno di apparire una vittima, potremmo semplicemente ignorare le sue future azioni. Se invece volesse dimostrare che in Europa un rifugiato politico può permettersi anche questo tipo di «arte», dovremmo essere molto attenti agli sviluppi dell’esperimento.

Rubriche: Nel mondo

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