Pavia, 30 aprile 2012

Alla fine della sfortunata visita a Certosa di Pavia avevo pensato di dedicare il resto della giornata allo studio della città di Pavia. Tanto il treno ci impiega appena 7 minuti. La stazione ferroviaria di Pavia è identica a quella di Lodi, le uniche piccole differenze sono il colore e l’assenza dell’orrendo cornicione.

Ma il 30 aprile 2012 voleva diventare una giornata di sfortuna a tutti i costi: a Pavia pioveva. Quindi ho fatto un giro veloce e scattato poche foto nascondendomi sotto i vari portici, tende etc.
Approfittando della seguente foto vi ricordo che tutti coloro che mettono i motori dell’area condizionata sulle facciate dei palazzi antichi bruceranno all’inferno.

Il centro di Pavia è bello: assolutamente da vedere. Anche nelle zone non centrali spesso spuntano degli edifici interessanti.

Quello che mi ha particolarmente colpito è la quantità delle chiese non restaurate, malridotte. Il grado del mio stupore è arrivato al suo apice quando ho visto questo mix tra una chiesa, un condominio e una fabbrica:

Alcuni monumenti sembrano fatti per essere esposti in un salotto kitsch e non per strada.

Il monumento dedicato alla famosa università ha un aspetto molto serio.

Il ponte coperto sul fiume Ticino è la copia quasi identica del ponte costruito nel XIV secolo e distrutto nel secondo dopoguerra. Penso che sia noto a tutti: oggi è uno dei simboli della città.

I seguaci rincoglioniti di marketing si sono infiltrati anche negli uffici comunali di Pavia: a loro non basta avere un bel ponte in città. Loro vogliono pure una testimonianza del fatto che un uomo famoso contava i ponti pavesi nei momenti di insonnia.

Per fortuna in città c’è anche chi capisce l’importanza dei lavori di restauro: di cantieri ne ho visti tanti. Gli operai non si allontanano dai propri posti di lavoro nemmeno per il pranzo.

I soliti blocchi di cemento che limitano l’accesso alle auto sono spesso decorati con delle sfere che li fanno sembrare dei gelati di plastica: è raro vedere una cosa così disgustosa.

In generale si può dire che a Pavia il cemento non manca: si possono permettere delle installazioni massicce di questo tipo:

Ma la cementificazione accelerata è diabolicamente conciliata con la tutela dell’ambiente. A Pavia c’è un proprio car sharing.

Ma pure il bike sharing con le rastrelliere simili a quelle di Brescia.

Nelle vie periferiche trafficate le piste ciclabili sono protette dai muretti di cemento.

Le fermate dei bus urbani sono belle.

Il cartello che elenca le bandiere dei misteriosi autorizzati a parcheggiare gratuitamente mi fà ricordare «Il Napoleone di Notting Hill» di Chesterton (leggetelo!).

I cestini pavesi non hanno uno stile dominante. Mi sono piaciuti quelli grandi, anche se non sono originalissimi.

Mentre tra i cestini piccoli evidenzierei quelli del centro storico.

I commercianti pavesi, come quelli di Vigevano, non vogliono che la gente si sieda sotto le loro vetrine.

Sulle mura di tanti palazzi si notano, con un po’ di attenzione, dei piccoli cartelli di contenuto e/o finalità spesso inspiegabili.


Secondo, la grammatica pavese, negli annunci, le virgole vanno, messe, a caso.

Ecco, per ora è tutto. Prometto di ripassare a Pavia in una giornata di sole per poter apprezzare tutte le sue bellezze.