Pandino, 18 aprile 2025

Il venerdì prepasquale 2025, dopo avere esplorato Spino d’Adda e percorso una tranquilla pista ciclopedonale (passando per Nosadello), avevo fatto il mio ingresso – a piedi, come potete immaginare – a Pandino. Non sapevo ancora cosa aspettarmi da questa località, ma prima di entrare nel centro abitato avevo pensato che di trovarmi davanti a un paese potenzialmente bello. Certo, solo un paese, ma almeno bello.

Effettivamente, nemmeno nelle città minuscole il pieno centro è edificato in questo modo; allo stesso tempo, è una tipologia di urbanistica più da città che da paesino.

La via più importante del centro storico di Pandino è quella che rende meglio l’idea della varietà e della bellezza architettonica locale (non mi piace mettere troppe virgolette).

La chiesa più importante di Pandino è la chiesa parrocchiale di Santa Margherita Vergine e Martire, costruita tra il 1783 e il 1792. In alcune fonti è scritto che sarebbe un importante esempio della architettura neoclassica italiana, ma la facciata mi è sembrata poco interessante. Oppure non mi è piaciuta perché il neoclassicismo non è il mio stile preferito? Boh… In ogni caso, non sono nemmeno tanto dispiaciuto per il fatto che la facciata della chiesa è impossibile da inquadrare frontalmente dalla strada.

Gli interni della suddetta chiesa sono un po’ meglio, quindi sottolineo che conviene entrare a vederli.

Nella mia classifica personale l’edificio più importante di Pandino è il castello visconteo. In particolare, questo castello fu costruito per il volere di Bernabò Visconti in un periodo di intensa attività di fortificazione del territorio controllato dal Ducato di Milano. Non si conoscono gli anni precisi della costruzione del castello di Pandino, ma si presume che si tratti del periodo 1355–1370. Dal punto di vista «tecnico» è un castello a pianta quadrata, di circa 66 metri per lato (sì, è veramente piccolo). Le torri originariamente furono quattro – una a ogni angolo – ma nell’800 le due torri occidentali erano state dimezzate su proposta degli allora inquilini in affitto: non conosco il perché, la mia unica ipotesi potrebbe sembrarvi assurda e, dunque, non la scrivo.

Dentro al castello il cortile è uno solo. Osservandolo attentamente è possibile capire un po’ meglio come era stata pensata la funzione difensiva del castello (anche se all’epoca della costruzione doveva essere anche una residenza di caccia, una attività tanto amata da Bernabò Visconti).

Non ho avuto la possibilità di vedere le sale interne del castello (dicono che molte di esse sono riccamente decorate perché originariamente destinate all’alloggio dei proprietari nobili; pare che all’interno del castello si facciano delle visite guidate), quindi posso mostrarvi solo i dettagli del cortile. Purtroppo, gli affreschi con i quali furono inizialmente ricoperte tutte le pareti attualmente non sono in condizioni ottime. Ma si vedono comunque chiaramente i numerosi stemmi dei Visconti.

Attualmente nel castello si trovano gli uffici del Comune, la sede della polizia locale, la biblioteca comunale e, probabilmente, qualche altro ufficio della presenza del quale non mi ero accorto. La scuola casearia, invece, aveva la propria sede nel castello solo negli anni ’60 del XX secolo (se ho capito bene).

A pochi passi dal castello, poi, si trova un altro dei pochi edifici realmente interessanti di Pandino: l’oratorio di Santa Marta, costruito a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Si dice che al suo interno ci sono degli affreschi rinascimentali, ma io non ho potuto verificarlo di persona: al momento del mio passaggio in zona l’oratorio era chiuso.

In mezzo alla piazza dove si affacciano il castello e l’oratorio c’è un grande – in proporzione alle dimensioni generali del paese – monumento ai pandinesi caduti nelle due guerre mondiali.

È un monumento un po’ strano: sembra che il soldato posizionato in cima alla roccia abbia sconfitto l’aquila tirando contro di essa degli enormi sassi, mentre in realtà l’unico regime contro il quale non aveva lottato (e caduto) era proprio quello rappresentato dalla aquila. Anzi, quel soldato – finché lo era – aveva combattuto e caduto per l’aquila, indipendentemente dalle proprie convinzioni personali! Insomma, è venuto un bel monumento alla riscrittura della storia.

Può essere considerata un monumento anche questa bella meridiana posizionata in un veicolo con tanta ombra. Indovinate a quale qualità umana avrei dedicato un monumento del genere.

I cestini belli e dotati dei posacenere di Pandino sono dei monumenti ai tempi in cui gli umani sapevano creare degli oggetti semplici, utili e belli allo stesso tempo (ora almeno una delle tre caratteristiche manca quasi sempre).

E poi a Pandino ci sono degli edifici che non sono dei monumenti storici o artistici, ma che sono comunque belli da vedere.

Ah, non lontanissimo dal castello visconteo è stato costruito un edificio commerciale che con la propria struttura imita il castello, senza però tentare di spacciarsi per una costruzione d’epoca / storica. È stato un buon (o quasi) tentativo.

Naturalmente, nel centro storico di Pandino ci sono un po’ di piccole vie semplici, tipiche di un paese di campagna qualsiasi.

La periferia è noiosa come quasi tutte le periferie del mondo: anche quando pure essa tenta di riprendere il tema del castello.

Pandino è un paese piccolo con un centro storico piccolissimo. Ma pur non avendo lo status formale della città, nel 2022 Pandino aveva ricevuto, da parte della Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggi (ONAF), il titolo della «città del formaggio 2022». Da questo fatto storico (i relativi cartelli stradali non sono stati buttati via!) deduco che a Pandino producano tanti buoni formaggi (logico, vero?). Bene, ora mi tocca a cercarne qualcuno per verificare la tesi. Il problema è che non so proprio come e dove si facciano le ricerche tematiche del genere.

Sono talmente vecchio e talmente poco aggiornato in materia, che mi ricordo ancora i tempi in cui i formaggi buoni si facevano con il latte delle mucche che passavano le proprie giornate a passeggiare allegramente nei prati e a mangiare l’erba fresca. Ma presumo che ora per «I prati del pandinasco» si intenda qualcos’altro…

Boh, non saprei. A Pandino, intanto, abbiamo già visto tutte le cose interessanti e siamo arrivati in fondo al paese: si vedono di nuovo i campi agricoli.

Significa che pure questo racconto finisce. Ma tra non tantissimo ne inizia un altro.