Per quasi tutto il mese di giugno del 2011 ho lavorato alla Scuola Teatro «Paolo Grassi» di Milano. Tanti ne hanno sentito parlare ma pochi sono riusciti ad entrarci. Quindi io ho pensato di farvi da guida.
Attualmente il «Paolo Grassi» si trova in via Salasco, 4 – nell’edificio della ex Centrale del Latte.
Dal punto di vista opposto si vede più facimente il profilo dello stabile: a forma di П. A destra potete vedere la garitta dell’ingresso e la discesa verso il seminterrato. Vicino al recinto si trovano i motori dell’aria condizionata e il parcheggio.
La provvenienza e la destinazione della ruota di legno mi è rimasta sconosciuta. Alcuni degli alievi periodicamente entravano dentro e facevano girare la ruota come se fossero dei scoiattoli in cattività alle prese con uno dei loro giochi preferiti. Purtroppo non ho fatto in tempo a fotografarli in azione.
L’interno della ex cabina del custode sembra, a prima vista, un rifugio dei senzatetto. Ma in realtà lì dentro vivono i gatti della Scuola: 11 in totale. A curarli è il tecnico Paolo, un signore infinitamente simpatico.
Nel seminterrato si trovano la officina (non so se il termine è appropriato) e il deposito di varie attrezzature teatrali necessarie per gli spettacoli. Le scenografie vengono create, principalmente, attraverso la rielaborazione di vecchi oggetti raccolti in città. In quei pezzi di legno, per esempio, è facile riconoscere i resti dei vecchi arredi.
L’ingresso normale si trova esattamente sopra l’ingresso al seminterrato (vedi dove stanno due signorine sulla prima foto). E esattamente a metà strada (in verticale) gli scenografi hanno appeso un cartello…
… essendo educato ogni volta dicevo «Prego».
Entrando nel foyer, a sinistra troviamo il tavolo della reception; andando dritto usciamo dalla porta di vetro sul terrazzo. A destra e a sinistra, invece, troviamo le porte nere attraverso le quali si accede alle scale e alle ali laterali dell’edificio.
Sul piano rialzato (dove siamo appena entrati) le cose più interessanti sono il laboratorio audiofonico e la stanza con le macchinette (piene di solite schifezze) e due micronde.
Sulle scale che portano al primo piano troviamo delle fotografie in bianco e nero di alcuni spettacoli della Scuola. Le fotografie sono poche e la loro qualità è, nella maggior parte dei casi, amatoriale.
E poi vi sono delle «classi» (o esiste un termine tecnico?). Comunque non preoccupatevi: l’orizzonte è stato inclinato da me e la luce si accende senza problemi. Anzi, il primo giorno di lavoro ho rischiato di lasciare l’intero edificio senza corrente: con una accidentale (e debole) spallata avevo staccato dalla parete un gigantesco interuttore. Sembrava fabbricato e installato negli anni Cinquanta, o magari ancora prima, e mai toccato. Per fortuna i cavi non si sono spezzati, quindi con due o tre sputi ho incollato l’interuttore al suo posto.
Questo, invece, è lo schema del primo piano. Il rettangolo grande a sinistra è una vera sala teatrale, anche se piccola. Sarebbe stato impossibile fotografarla e uscire vivo: all’interno c’era una regista severa che provava senza pause dalla mattina alla sera.
Vi avrei fatto vedere anche l’officina, ma c’era troppo poco tempo per fare le foto personali. Già per fare quelle che avete appena visto ho rischiato di perdermi tutta la pausa pranzo. E un lavoratore affamato è utile quanto una ciminiera in una scuola teatrale.