I fedeli cristiani, indipendetemente dalla professione esercitata, sanno che le vie del Signore sono infinite. Io sono un fotografo ateo e l’unica cosa che so è che le vie della luce in un obiettivo sono tante, ma pursempre limitate. Comunque sia, per una serie di coincidenze inspiegabili venerdì 28 maggio 2010 ho dovuto andare per lavoro a Lodi.
E quindi ora vi rendo conto della mia visita in una delle città più strane della Lombardia.
In relatà Lodi è una città piuttosto bella.
Con degli elementi del medioevo.
Con una piazza centrale che potrebbe essere invidiata da tante località più famose. Devo precisare, però, che il Duomo lodigiano è bello solo fuori. Dentro è stato restaurato (negli anni ’50) in una maniera indecente.
Le piazzette meno esposte all’occhio hanno un’aria talmente speciale…
…che si vorrebbe fotografarle in ogni particolare.
Poi possiamo provare a scendere verso il fiume Adda.
Dove troviamo il ponte famoso per essere stato preso d’assalto dalla cavalleria di Napoleone.
Ma il tempo passa, la gente non va più a cavallo e opta per l’auto. Quindi il ponte andava allargato.
Del castello lodigiano ci sono rimasti solo pochi pezzi. Per esempio: i resti di una porta…
…i resti delle fondamenta…
…mentre l’unica torre sopravvissuta al Tempo è in fase di restrutturazione.
Secondo me non c’è nulla di strano nel degrado del genere: tanti anni fa i nemici hanno piantato i marroni sotto le mura (nel fossato) del castello per facilitare la sua presa. Una volta compiuta la missione, non potevano fare altro che distruggere la roccaforte nemica.
Ma non è solo per le costruzioni antiche che Lodi è bella. È bella, per esempio, per il fatto che considera sacra la cultura. Infatti, la biblioteca della città sembra una chiesa:
Mentre a qualcuno potrebbe piacere per la tendenza verso il socialismo.
Agli altri potrebbe piacere per il fatto che gli interisti lodigiani sono capaci di svincolarsi dai soliti colori.
Oppure per l’attenzione verso le problematiche della ecologia. Infatti, anche la città di Lodi adotta il sistema di «bike sharing».
Il servizio, però, è organizzato in una maniera piuttosto primitiva. Prima di tutto perché non vi è alcun controllo elettronico del prelievo e della consegna delle bici.
E quindi la gente le lascia come pare. Per favorire tale comportamento le bici condivise sono già attrezzate dal Copmune stesso con dei lucchetti color rosa o verde. Mentre alle rastrelliere la gente attacca le biciclette proprie.
Oltre a questo, il Comune si prende cura del verde. Dappertutto.
A proposito: in città hanno una strana mania di installare i pali della luce da aspetto tecnologico. Io ne ho notati di due tipi. Numero uno:
Numero due:
Mentre i cestini sono hanno uno stile che rispetta perfettamente l’aspetto del centro storico.
I posacenere dei suddetti cestini hanno una struttura interessante: con dei buchi appositi per buttare il mozzicone spento direttamente nel cestino.
Mentre alla stazione ferroviaria lo stesso problema ha trovato una soluzione altrettanto interessante.
Dato che ho nominato la stazione, non posso non parlare di alcune sue particolarità. Per esempio, vi sono dei televisori appesi dappertutto. Funzionano e hanno un volume altissimo.
Sulle colonne che reggono il tetto sopra le banchine troviamo delle scritte doppiate anche in codice di Braille. Il problema è che una persona non vedente non ha alcuna indicazione per arrivarci alla colonna e trovare il cartello. Sarà il caso di parlare di discriminazione?
Al vecchio edificio della stazione hanno applicato una pensilina orrenda.
Dietro la stazione c’è un vialone interessante per due cose. La prima è un bar che mi fatto venire un dubbio sulla vera provenienza di Vasco Rossi.
La seconda cosa è un recinto lasciato dalla Letizia Moratti delle autorità lodigiane in uso agli writers.
E non mi dite che non è arte!
Dimenticavo: sempre lì troverete uno scivolo per il quale faccio i miei complimenti all’ingegnere che lo ha collocato proprio in quel posto.
Ma pure gli immobiliaristi ci fanno divertire con la loro mutua assistenza.
Vabbé, forse mi sono dilungato un po’ troppo. È l’ora di tornare a casa. Salutiamo Vittorio Emanuale II…
Calpestiamo qualche disegno osceno per terra…
E salutiamo la città nemica della lingua italiana…
Conclusione. La città è piccola e a vederla bene tutta ci metterete circa tre ore. Oppure un po’ di più se riuscite ad entrare in tutte le chiese: vi assicuro che non resterete delusi.