Gambolò, 1 giugno 2015

Ho fatto il mio ingresso a Gambolò (in provincia di Pavia) da questo suo lato, caratterizzato da ben due dettagli interessanti: l’accento sbagliato sul cartello (in questa forma è ammissibile solo nei testi digitali e solo in alcune codifiche) e i due campanili che fanno da colonne d’Ercole.

Pochi minuti dopo ho scoperto che solo il campanile che vedete a destra appartiene a una chiesa meritevole di attenzione.

Nelle ore successive ho invece scoperto che Gambolò è pieno di campanili e, logicamente, di chiese. Ne ho contate sei… Pensate: un comune che assieme alle sue cinque frazioni (dotate di chiese proprie) ospita appena 10 mila abitanti, ha ben sei chiese solo nella località centrale. Quindi penso di essermi sbagliato, in precedenza, ad assegnare a Robbio il primato nella categoria «quantità di chiese pro capite».

Mentre ero davanti al portone di questa chiesa ad allacciarmi la scarpa, dalla chiesa è uscita una signora e, guardandomi con grande curiosità, ha detto:
«Penso di sapere chi è».
«Ah sì?», ho detto io, cercando disperatamente di individuare quel momento della propria biografia in cui sono diventato famoso.
«Lei è qui per il restauro».
«Purtroppo non sono competente in materia…»
«Ah, scusi».
E va a rincorrere un tizio che porta via una grossa pianta con una carriola.

Il risultato dei restauri fatti da me sarebbe stato simile a questo (a eccezione della bandiera sulla sinistra):

A Gambolò, in realtà, ci sono tantissimi edifici che hanno bisogno di essere recuperati. Alcuni di questi sono in uno evidente stato di abbandono, altri (pochi) vengono restaurati e messi in vendita.

Ma alcune zone periferiche sono belle anche così:

L’antico mulino idraulico sembra la costruzione civile più robusta del paese: non ho notato alcun danno strutturale, solo quelli estetici.

Pure gli animali apprezzano la qualità di questo edificio. Il canale che una volta garantiva il movimento della ruota è infatti pieno di tartarughe. Queste ultime si sono dimostrate delle creature piuttosto curiose e coraggiose: hanno posato con una grande tranquillità.

In pochissime zone di Gambolò prevalgono gli edifici in buono stato di manutenzione. Intendo soprattutto la piazza centrale e alcune vie adiacenti. (N.B.: la presenza degli spazi commerciali al piano terra del Municipio è in realtà un fenomeno piuttosto diffuso nei piccoli comuni italiani.)

Il castello locale, fondato nel X secolo e rifatto tra il XVI e il XVII secolo, appare interessante se visto dall’esterno…

…anche se alcuni suoi dettagli sembrano più dei vecchi edifici industriali…

All’interno del castello, però, non c’è alcunché di interessante: un ristorante, un grosso parcheggio, un piccolo parco giochi per i bambini, una associazione per gli anziani, la Croce Rossa locale… Ci sarebbe anche un museo archeologico, ma a giugno è aperto solo domenica pomeriggio (da metà ottobre a metà maggio anche martedì e giovedì mattina).

Pure il cimitero sembra un luogo più allegro e interessante. Dico sul serio: il cimitero di Gambolò è uno dei più belli d’Italia (ma il Monumentale di Milano resta imbattibile).

In mezzo alle antiche rovine spunta, improvvisamente, un raro esempio di costruttivismo italiano. Spero che non vada in rovine anche esso.

Ma ora passiamo a vedere alcuni dettagli di dimensioni più ridotte. L’orologio solare – il quale si trova di fronte al Municipio – mi sembra poco comprensibile… Non trovate che manchi qualcosa?

Chi ruba per me una targa del genere mi renderà felice.

Alcuni cartelli con i nomi delle vie sono, a prima vista, incomprensibili. Poi ho capito che sono i numeri civici a confondersi con i nomi delle vie. Se conoscete il «designer» responsabile di queste scritte, mozzategli pure le braccia: vi autorizzo io.

Mai visto una fontanella che meriti di essere definita monumentale più di questa.

Ma la caratteristica più interessante dell’arredo urbano di Gambolò è una grande varietà (e, in molti casi, bellezza) dei vasoni per il verde pubblico.

L’unico cestino meritevole di attenzione, invece, è stato avvistato all’ingresso del castello di cui sopra.

All’interno dello stesso castello si trovano delle panchine con una struttura un po’ complessa. Però sono comode: le ho testate con il proprio sedere.

All’ingresso del paese sono installate delle caselle postali personalizzate: appese a un palo a bordo della strada e con i relativi cognomi nelle finestrine. Mai visto una cosa del genere in Italia.

Davanti a una villa, in periferia, ho visto pure una cassetta postale americana. È strano che non ce ne siano di più in Europa.

Ho dovuto andare fino a Gambolò per scoprire l’etimologia della espressione «una martellata sulle palle».

Le fermate degli autobus di linea sono grandi ma non illuminate, senza le panchine al coperto e senza i pannelli protettivi laterali. In sostanza, fanno schifo.

Gli abitanti di Gambolò si preparano a festeggiare il 2 giugno appendendo le catene di carta sopra le finestre. Sì, ho visto un sacco di finestre «incatenate» ma non sono riuscito a decifrare il senso simbolico di questo tipo di decoro.

Ho dunque capito che è arrivata l’ora di lasciare questo strano posto. Mi aspettava una bella camminata di ritorno verso la stazione ferroviaria che si trova in una delle frazioni di Gambolò. «È un paese agricolo», aveva detto la proprietaria di una tabaccheria priva della insegna con la «T».

I 5,6 kilometri da percorrere a piedi tra i campi sono una bellissima palestra. Secondo Google ci vogliono 68 minuti – io, invece, ne ho impiegati circa 45 (camminando tranquillamente e fermandomi a scattare le foto).

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