I taxi sovietici: la storia della loro evoluzione

Mi è già capitato di farlo per le ambulanze sovietiche e non so perché non si possa rifarlo pure per i taxi sovietici… Scrivo un bel articolo con le brevi descrizioni di tutte le auto utilizzate per il servizio taxi nel periodo sovietico, mostrando come è evoluto il servizio stesso nel corso dei decenni. In precedenza, mi era già capitato di descrivere in dettaglio molti dei modelli d’auto menzionati nel presente articolo, dunque aggiungo nel testo i relativi link che vi permetteranno di conoscere meglio quei taxi sovietici che vi interesseranno maggiormente.
Ma partiamo da due brevissime note storico-sociali.
In primo luogo, bisogna ricordare che all’inizio del XX secolo il servizio taxi veniva chiamato, in Russia, con il nome «taxomotòr», poi «taxò» e solo a partire dagli anni ’20 con il famigliare alle nostre orecchie «taxì». Solo con l’affermazione del nome a noi abituale esso è diventato di genere neutro invece che maschile. Non conosco bene l’evoluzione del nome del servizio in questione negli altri Stati europei, ma vedo che il vecchio termine russo «taxò» rientra perfettamente nella logica della leggenda in base alla quale il servizio di trasporto delle singole persone sarebbe stato inventato dalla famiglia bergamasca Tasso. Ma evito di approfondire per non rischiare di inventare delle cose…
In secondo luogo, bisogna precisare che, nonostante i prezzi non esagerati (almeno in termini assoluti), per molti decenni l’uso del taxi è stato considerato dai sovietici un «lusso superfluo» e quasi una manifestazione di uno «stile di vita capitalista». Tale percezione del servizio era determinata sia dagli stipendi prevalentemente bassi dei sovietici, sia dalla abitudine di questi ultimi di vedere l’auto privata come un vero bene di lusso (per un sovietico medio lo è sempre stata). Ma questo non significa che il servizio taxi fosse stato poco usato e/o poco diffuso nell’URSS! Nelle città grandi e medio-grandi spesso si osservava addirittura un deficit dei taxi nelle ore di maggiore richiesta.
Avrei potuto raccontarvi anche di come, quanto e perché i tassisti sovietici guadagnavano, in quali condizioni lavoravano e come facevano a ottenere quel lavoro, ma per spiegarlo bene ci avrei impiegato alcune schermate di testo. Quindi almeno in questa sede mi limito a dire che economicamente i tassisti sovietici (quelli dotati di cervello, ovviamente) stavano benissimo!
Bene, ora possiamo passare, finalmente, alle macchine. Ma, dato che, sul rispettivo territorio, il servizio taxi non è particolarmente più anziano dell’URSS, trovo logico e facile partire direttamente dagli inizi.
La prima menzione ufficiale nota di un taxi sul territorio russo risale al 1° settembre 1907, quando un corrispondente del quotidiano «Golos Moskvy» («La voce di Mosca») scrisse di un «tipo un po’ matto» che si inventò la «strana attività» di trasportare le persone con la propria auto Oldsmobile in cambio del denaro e attaccò sulla carrozzeria del mezzo un cartello con la scritta «Carrettiere, tariffa per accordo». Considerato l’anno della notizia, possiamo essere certi al 99,99% che si trattò di una Oldsmobile «Curved Dash».

Poco più di un anno dopo a Mosca comparve, nel 1909, la prima azienda di trasporti chiamata «Tovariščestvo Avtomobilnogo Peredvizheniia» («Compagnia dello spostamento automobilistico») che inizialmente offrì il servizio taxi con appena quattro auto: delle marche Darracq, NAG e FIAT (tutte di colore nero). Alla fine dello stesso anno l’azienda ebbe già dieci automobili, nel successivo 1910 il parco auto crebbe fino a 38 automobili. Il servizio divenne popolarissimo quasi subito, anche se fu sensibilmente più costoso del servizio di trasporto passeggeri effettuato con le carrozze trainate a cavallo. La maggioranza dei nuovi utenti dei primi taxi provò dei sentimenti ambivalenti per il fatto di viaggiare senza vedere la parte posteriore di un cavallo.

Negli anni seguenti a Mosca e nelle altre grandi città dell’Impero russo comparvero tante altre aziende specializzate in servizio taxi. Le automobili utilizzate da tali aziende furono sempre di produzione estera (l’industria automobilistica russa fu di fatto ancora inesistente) e poterono essere distinte dalle auto personali solamente grazie alla scritta «taxomotor» e, eventualmente, dal numero progressivo disegnato sui lati per la scelta della azienda proprietaria. In generale, il servizio fu poco regolamentato dalle Autorità: l’obbligo più rilevante fu quello di utilizzare il tassametro per il calcolo del prezzo del viaggio in base alle tariffe vigenti in ogni città concreta. I tassisti inventarono subito una infinità di modi di truffare i clienti pure in presenza di un tassametro (per esempio, collocandolo in qualche posto della macchina poco visibile), ma questo è un argomento troppo ampio per il presente articolo (quindi ne scriverò separatamente).

Lo sviluppo del servizio taxi continuò dunque in Russia in un modo veloce e naturale fino all’inizio della Prima guerra mondiale: fino al momento in cui molte automobili furono soggette alla mobilitazione nell’esercito russo. Nelle città rimasero, di fatto, solo le macchine più vecchie e malmesse. Ma pure dopo la Rivoluzione d’ottobre il servizio taxi rimase attivo nelle città più grandi fino all’estate del 1918: a giugno di quell’anno tutte le automobili furono nazionalizzate, mentre il servizio venne vietato in quanto «capitalista». Il trasporto delle persone nelle città tornò completamente nelle mani dei carrettieri con le carrozze trainate da cavalli.
All’inizio degli anni ’20, dopo la rivoluzione e la guerra civile, l’economia sovietica fu devastata. La politica del comunismo di guerra si dimostrò ormai inefficace, quindi in primavera del 1921 il Partito Comunista annunciò la Nuova Politica Economica: una serie di misure che autorizzarono, tra le altre cose, la piccola proprietà privata e la piccola imprenditoria. Uno dei primi a rinascere fu dunque il settore delle «auto con l’autista a noleggio». Nella sola città di Mosca vennero aperte diverse attività del genere che alla fine del 1924 ebbero già, complessivamente, 150 automobili costose di produzione europea (Mercedes, Austro-Daimler, Talbot etc.). I prezzi di tale servizio furono però abbastanza alti, mentre lo Stato e alcune amministrazioni cittadine sentirono la necessità di integrare il sistema dei mezzi pubblici (costituito al momento da pochi tram e autobus) con il sistema dei taxi a un prezzo accessibile anche alle persone comuni. In seguito a un lavoro di programmazione e alle trattative con alcuni produttori automobilistici europei, si decise – alla fine del 1924 – di acquistare una partita delle Renault KZ: auto di prezzo relativamente basso ma di caratteristiche tecniche adeguate al lavoro nelle città sovietiche. Già nel 1925 solo per il servizio del taxi municipale di Mosca arrivarono 200 vetture del suddetto modello. Gli utenti soprannominarono queste Renault «ferri da stiro».

I «ferri da stiro» francesi si dimostrarono però molto resistenti e rimasero nel servizio taxi fino al 1935, quindi ben oltre la fine della Nuova Politica Economica avvenuta nel 1928. In dieci anni non solo «uccisero» il mercato dei trasportatori privati, ma portarono pure nelle casse cittadine molti più soldi degli autobus.
Nel frattempo, tra il 1929 e il 1932 a Nizhny Novgorod venne costruita la grossa fabbrica automobilistica GAZ. Questa fu il frutto di un accordo firmato tra l’URSS e la Ford Motor Company: gli americani costruirono da zero l’intera fabbrica che negli anni iniziali della propria attività produsse su licenza alcuni modelli della Ford. Il primo di tali modelli fu il GAZ-A (la copia del Ford-A): prodotto dal 1932 al 1936, a partire dal 1934 iniziò a entrare nelle flotte di taxi. Rispetto alla Renault KZ, però, la GAZ-A si rivelò poco adeguata alla funzione del taxi: ebbe troppi difetti di progettazione e di assemblaggio e fu poco adatta all’uso invernale a causa della realizzazione del tetto in tela.

Di conseguenza, negli anni 1934–1935 presso la fabbrica «Aremkuz» iniziò la trasformazione delle GAZ-A dismesse in taxi con il tetto metallico e un vetro divisorio interno, i quali migliorarono il comfort dei passeggeri e le condizioni di lavoro dell’autista.

Dopo la fine della produzione della GAZ-A nel 1936, ai garage dei taxi iniziarono ad arrivare le GAZ-M1 (modello prodotto dal 1936 al 1942). Il servizio di queste auto terminò nel 1941, quando esse furono richiamate al servizio dell’Armata Rossa a causa dell’arrivo della Seconda guerra mondiale sul territorio sovietico. Da notare, comunque, è la targa con la scritta «ТАКСИ» («TAXI») sopra il parabrezza. Uno dei difetti della GAZ-M1 dal punto di vista del servizio taxi, comunque, fu l’assenza del bagagliaio e, dunque, il costante bisogno di un portapacchi esterno appeso dietro.

Sempre a partire dal 1936, ma fino alla fine degli anni ’40, nelle grandi città sovietiche circolarono pure delle limousine istituzionali ZiS-101 (modello prodotto dal 1936 al 1941) adibite al servizio del taxi collettivo. Si tratta di un servizio comparso nelle città sovietiche all’inizio degli anni ’30: le automobili di grande capienza (i minibus a partire dagli anni ’60) fanno dei percorsi fissi scaricando i passeggeri nei posti richiesti e caricandoli alle apposite fermate. Questo servizio esiste ancora oggi in molte città russe (Mosca compresa) e, più largamente, in molte città ex sovietiche.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale il servizio taxi ricevette presto due modelli d’auto completamente nuovi. Il primo di questi fu il ZiS-110, l’ultima limousine istituzionale sovietica prodotta in quantità massicce (in totale ne hanno fatto 2089 esemplari). I volumi di produzione, continuata dal 1945 al 1961, furono determinati, appunto, anche dalla intenzione di utilizzare il modello per vari servizi destinati alla popolazione: prima di tutto ambulanza e taxi.

Il suddetto modello è da considerare «storico» per una serie di motivi. In primo luogo, lo è perché i suoi progettisti si erano «ispirati» al Packard Super Eight (le forme per la stampa della carrozzeria, secondo alcune testimonianze, furono acquistate direttamente negli USA). In secondo luogo, sappiamo che pure la versione cabrio veniva utilizzata nel servizio taxi. In terzo luogo, è da sottolineare che i taxi ZiS-110 potevano essere non solo nere, ma anche di colore doppio: bianco in alto e marrone in basso. Al momento del picco – a gennaio 1958 – a Mosca c’erano 86 taxi ZiS-110.

La seconda auto sovietica entrata a far parte del servizio taxi poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale era stata la GAZ-M20 «Pobeda» (prodotta dal 1946 al 1958). Tale modello, prodotto in serie come una auto di classe media, sin da subito era pensato non solo per la vendita alla popolazione, ma anche per l’impiego nei servizi di ambulanza e di taxi. In particolare, su 241.497 esemplari totali prodotti, 37.492 erano destinati al servizio taxi di varie città sovietiche. Effettivamente, rispetto alla precedentemente menzionata ZiS-110, la «Pobeda» era meno costosa da produrre, da usare e da riparare e, di conseguenza, più «da taxi».

Per quanto riguarda l’aspetto estetico del taxi GAZ-M20 «Pobeda», c’è da sottolineare che la fila dei classici «quadratini da taxi» lungo tutto il bordo dell’auto era da sempre dipinta già dalla fabbrica produttrice. Il colore principale dell’auto, invece, inizialmente poteva essere qualsiasi. Solo nel 1948 il Governo della città di Mosca aveva imposto a tutti i taxi il colore grigio e, a partire dal 1949, aveva permesso anche il beige e il verde chiaro. Ma in generale diversi taxi «Pobeda» erano di due colori: beige in alto e marrone in basso.

Per quanto riguarda gli interni dei taxi GAZ-M20 «Pobeda», sono da sottolineare i rivestimenti in similpelle spessa (perché resistente e facilmente lavabile), il tassametro prodotto e installato (al posto dell’autoradio) già dalla fabbrica GAZ e un bagagliaio capiente (quest’ultimo era in parte occupato dalla ruota di scorta, ma comunque molto più funzionale e sicuro dei portapacchi esterni utilizzati su molti taxi pre-bellici).

La produzione automobilistica sovietica, nel frattempo, aveva ricominciato a crescere. Così, dopo la fine della Seconda guerra mondiale la fabbrica moscovita Aremkuz (specializzata nella riparazione e modifica delle automobili e dei camion) aveva progettato e prodotto in piccole quantità un taxi basato sul camion GAZ-MM (prodotto nella sua versione originale dal 1938 al 1956). I taxi Aremkuz-GAZ-MM avevano tre particolarità: erano notevolmente abbassati rispetto al modello-base, avevano le panche a lati lunghi della stiva e un cancello nel lato corto (posteriore ovviamente) e non erano dotati di alcuna copertura dello spazio passeggeri. Tali taxi avevano come punti di partenza le stazioni ferroviarie, erano destinati ai percorsi fissi (quelli con le fermate su richiesta) e venivano solitamente utilizzati da più persone indipendenti tra loro contemporaneamente.

In primavera del 1952 a Mosca si era iniziato a utilizzare in qualità dei taxi anche le limousine GAZ-12 ZiM. L’adozione di tale modello era, inizialmente, una mossa quasi teatrale: le grosse e belle auto dovevano servire i membri delle delegazioni straniere della «Riunione economica internazionale», svoltasi dal 3 al 12 aprile (durante la quale l’URSS e il blocco di altri Stati socialisti avevano firmato una serie di documenti «per creare un contrappeso al GATT»). Quei primi taxi ZiM erano di colore grigio chiaro. Nel 1956, poi, il parco taxi di Mosca aveva ricevuto 300 vetture GAZ-12 ZiM, quasi tutte di colore nero.

Il tassametro era posizionato, sui taxi GAZ-12 ZiM, in basso. La tariffa applicata era più alta rispetto a quella normale (applicata sulle GAZ-M20 «Pobeda» che abbiamo già visto), dunque la gente tendeva a prendere questi taxi solo in gruppi numerosi per condividere le spese. Successivamente, la maggioranza delle GAZ-12 ZiM era stata trasferita sulle tratte dei taxi a percorso fisso, dove la loro capienza (6 posti per i passeggeri, 2 dei quali su scomodi strapuntini) si era però rivelata inadeguata: a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 era iniziata la sostituzione di queste auto con dei minibus.

Il primo minibus sovietico largamente utilizzato in qualità di taxi a percorso fisso era stato il RAF-977, prodotto dal 1959 al 1975. Con esso potevano essere trasportati fino a 10 passeggeri contemporaneamente, il che influiva positivamente sulla spesa di ognuno di loro. L’undicesima persona a bordo era l’autista (che riceveva pure i pagamenti come un tassista «normale»). Il portellone posteriore serviva per caricare gli eventuali bagagli, mentre i passeggeri salivano e scendevano dalle porte sul lato destro: il più fortunato si sedeva accanto all’autista.

Nella seconda metà degli anni ’70, poi, il suddetto modello era stato progressivamente sostituito con la nuova RAF-2203 (prodotta dal 1975 al 1977). Quest’ultimo era stato il taxi a percorso fisso più diffuso e duraturo (e, dunque, il più famoso) dell’URSS. A Mosca, per esempio, tanti esemplari hanno circolato fino alla metà degli anni ’90, forse anche un po’ oltre.

Ma le città sovietiche non erano certamente rimaste private, nel frattempo, del servizio taxi normale. Alle flotte dei taxi avevano iniziato ad arrivare i Moskvich-402 (modello prodotto dal 1956 al 1958). Questo modello si era però dimostrato, abbastanza presto, poco adeguato al compito: prima di tutto a causa dell’abitacolo troppo stretto (sul sedile posteriore c’era poco spazio non solo in larghezza, ma pure per le gambe lunghe). Dunque, già alla fine del 1957 la maggioranza dei Moskvich-402 era stata trasferita dal servizio taxi al servizio di noleggio senza autista. Nel servizio di taxi, invece, era iniziato il dominio di un altro modello.

Ma prima di parlare di quel nuovo modello dominante, comunico, per il dovere di cronaca, che nel 1956 la GAZ aveva iniziato a produrre – sulla base del proprio camion GAZ-51 – il taxi merci-passeggeri: a lati lunghi della stiva vi erano le panche pieghevoli, mentre sul lato corto esterno vi era una porta per salire e scendere. Tali taxi, prodotti fino al 1975, venivano utilizzati prevalentemente nelle aree di campagna.

Nel frattempo, nelle grandi città sovietiche avevano iniziato ad arrivare i taxi di un nuovo modello: la GAZ-21 «Volga». Prodotto dal 1956 al 1970, questo modello aveva progressivamente eliminato dal servizio taxi la «Pobeda», si era affermato in qualità del taxi più diffuso nell’URSS ed era rimasto in servizio fino alla metà degli anni ’70. I taxi «Volga» facevano, mediamente, tra 90 e 100 mila km all’anno; la totale revisione veniva eseguita dopo circa 300 mila km.

I taxi GAZ-21 «Volga» potevano essere di colori diversi, ma erano più frequenti quelli più chiari e non più il nero.

Molte vetture dopo il restauro completo – quello fatto dopo i 300–350 mila km percorsi – venivano verniciate in due colori e il tetto, in particolare, veniva solitamente verniciato di rosso: per questo motivo tali macchine venivano soprannominate «cappuccetto rosso».

Indipendentemente dalla versione di questo modello, il tassametro veniva sempre installato al posto della autoradio. Il sedile anteriore era stato diviso in due poltrone separate solo sulla terza versione della GAZ-21: sia per le vetture destinate ai privati, sia sui taxi.

Anche la versione station wagon GAZ-22 «Volga» (prodotta dal 1962 al 1970) veniva impiegata nel servizio taxi, ma con un numero di esemplari notevolmente inferiore rispetto a quello della berlina. La station wagon era più facile da incontrare davanti agli aeroporti, grandi stazioni ferroviarie o porti marittimi o fluviali.

Parzialmente nello stesso periodo – tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 – era fatto il secondo tentativo di arricchire la flotta dei taxi sovietici con le auto Moskvich: questa volta con il modello Moskvich-408T (la versione base del 408 era prodotta dal 1964 al 1975). Ancora una volta si era trattato però di un insuccesso: le auto Moskvich continuavano a essere un po’ scomode per i passeggeri a causa degli interni stretti.

Verso la metà degli anni ’70 i taxi GAZ-21 «Volga» – dei quali ho scritto poco sopra – erano stati completamente sostituiti da un nuovo modello della GAZ diventato il taxi ufficiale e unico (rispetto alla precedente varietà di modelli) di tutta l’URSS. Si tratta della GAZ-24 «Volga», prodotta dal 1968 al 1986: l’auto più grande, comoda e quasi prestigiosa tra tutte quelle vendibili anche ai comuni mortali sovietici.

Con l’affermazione di questo modello in qualità del taxi, si era affermata anche la tradizione di dipingere le auto destinate al servizio taxi in una particolare tonalità di giallo chiaro (proprio come sulla foto sovrastante), la quale non veniva utilizzata mai per le auto private o altre auto statali. Di fatto, dunque, era diventato un colore ufficiale riservato ai taxi. Allo stesso tempo, nelle grandi città capitavano a volte dei taxi GAZ-24 «Volga» di colore bianco o nero. Gli altri colori, invece, erano rarissimi. L’unico taxi GAZ-24 «Volga» di colore grigio che mi era capitato di vedere con i propri occhi era quello guidato dal padre di un mio amico d’infanzia negli anni ’80 (sicuramente non era quello della foto: le sue targhe erano di Mosca, mentre i quadratini erano sempre sullo sfondo grigio).

Tra i pregi del taxi GAZ-24 «Volga» c’era non solo l’abitacolo spazioso e comodo, rivestito con dei materiali di qualità (almeno per gli standard sovietici)…

… era importante pure il volume del bagagliaio: ben 700 litri. L’unico suo aspetto negativo erano le proporzioni: molto profondo in orizzontale e con una profondità verticale in aumento verso il lato dei sedili. Di conseguenza, in alcune situazioni era un po’ scomodo da caricare e scaricare.

Il tassametro, a differenza della precedente GAZ-21, era posizionato in basso, ma sempre in una posizione visibile anche ai passeggeri. Non rubava più lo spazio all’autoradio tanto amata dai tassisti sovietici (ma anche da quelli che lavorano nella Russia post-sovietica) e, allo stesso tempo, in diverse occasioni non veniva avviato a causa della «misteriosa dimenticanza» del tassista (ma, ovviamente, succedeva anche su altri modelli). Inoltre, vicino alla postazione del tassista potete vedere la radio per la comunicazione con la centrale del proprio «parco taxi»: per esempio, per ricevere le comunicazioni sulle prenotazioni.

Tra gli altri strumenti particolari presenti sui taxi sovietici in generale e sui taxi GAZ-24 «Volga» in particolare, c’era la torcia verde (oppure è meglio chiamarla spia verde?) che generalmente veniva posizionata nell’abitacolo vicino al posto anteriore del passeggero: quando accesa, indicava il fatto che il taxi è libero. Lo strumento è stato adottato dalla seconda metà degli anni ’40 ai primi anni ’80.

Nei primi anni ’80, appunto, la spia verde era stata vietata in quanto pericolosa per la sicurezza passiva del passeggero. Era stata dunque totalmente sostituita dalla luce arancione da installare sul tetto della macchina. L’avrete già notata sulle foto del taxi GAZ-24 «Volga» che ho utilizzato nel presente articolo.

Tornando al taxi GAZ-24, c’è da ricordare che pure la sua versione a cinque porte – il modello GAZ-24-04 «Volga» prodotto dal 1972 al 1987 – che era una versione della station wagon GAZ-24-02 progettata appositamente per il servizio taxi. Incontrare per strada questa versione del taxi era però abbastanza difficile: non ne avevano prodotti tantissimi, mentre quelli esistenti solitamente aspettavano i passeggeri vicino alle stazioni ferroviarie o ai porti (laddove era più facile vedere un cliente particolarmente carico di bagagli).

Dal 1985 al 1993 era stata prodotta una versione modernizzata della GAZ-24, chiamata con il nome GAZ-24-10. Anche essa era stata largamente utilizzata come taxi (circa un terzo degli esemplari prodotti), ma i passeggeri notavano solo alcuni piccoli cambiamenti estetici sia fuori che nell’abitacolo. Il taxi station wagon in questo caso aveva il nome del modello GAZ-24-14 «Volga».

La GAZ-3102 (prodotta dal 1981 al 2008) non è invece stata tanto diffusa tra i taxi: c’è chi dice che molti alti funzionari partitici la consideravano e la difendevano come un proprio privilegio, uno status symbol che non avrebbe dovuto essere profanato dai sudditi.

Di conseguenza, la prima – e spesso l’unica – auto alla quale pensa una persona nata nell’URSS quando sente l’espressione «taxi sovietico» è la GAZ-24 «Volga» di colore giallo chiaro che abbiamo visto bene nel presente articolo. Negli ultimi 15 anni dell’URSS è stato infatti il modello quasi unico dei taxi. Ho scritto «quasi» perché alla fine degli anni ’80 si era tentato di utilizzare in qualità dei taxi anche i Moskvich-2140-121 (modello prodotto dal 1982 al 1987), ma questi ultimi si erano dimostrati inadeguati. In primo luogo, perché si rompevano molto più spesso delle GAZ-24 «Volga». In secondo luogo, perché avevano il difetto comune a tutti i Moskvich in generale: erano troppo stretti (dietro si faceva tantissima fatica a stare in tre) e avevano in bagagliaio troppo piccolo. In terzo luogo, erano pure lenti.

Negli anni ’90, ormai dopo il crollo dell’URSS, in varie città ex-sovietiche si era tentato di sostituire i taxi GAZ-24 «Volga» ex-sovietici sempre più usurati con delle nuove auto russe. A Mosca, per esempio, era stato tentato di acquistare delle grandi quantità di Moskvich-2141 per farne una flotta di taxi municipali, ma il progetto non aveva avuto degli sviluppi debiti per una serie di motivi economici e organizzativi.

A partire dalla fine degli anni ’90 in Russia c’è il dominio quasi totale delle auto straniere (europee, giapponesi e coreane) nel servizio taxi (ormai totalmente privatizzato). Tale dominio è dovuto ai qualità e comfort nettamente superiori rispetto alle auto di progettazione e produzione russe. Con l’inizio della guerra in Ucraina e le rispettive sanzioni occidentali contro lo Stato russo (da parte degli Stati e delle singole aziende private), le auto straniere appena menzionate impiegate nel servizio taxi vengono spesso sostituite, quando non più utilizzabili, dalle auto cinesi.
Ma almeno la storia del taxi sovietico è stata lunga, ricca e spesso interessante.