Reggio Emilia, 27 dicembre 2023

Per qualche strano e, soprattutto, sconosciuto motivo non avevo mai pensato a Reggio Emilia come a una città bella. Logicamente, ho cambiato il modo di pensarne dopo la prima (anzi, già nel corso della prima) visita, avvenuta il 27 dicembre 2023. Certo, avrei potuto e dovuto andarci qualche anno prima, ma è meglio tardi che mai. Ho arricchito le mie conoscenze sulle bellezze italiane da vedere e ora sono pronto a provare di convincere anche voi di prendere in considerazione quella città.
Dal punto di vista geografico la città di Reggio Emilia (il cui nome ufficiale è Reggio nell’Emilia) non è particolarmente grande (poco più di 170 mila abitanti), dunque pure il suo centro storico (la parte più interessante di ogni città) è di dimensioni relativamente piccole: può essere facilmente studiato con la massima attenzione nell’arco di una giornata e spostandosi sempre solo a piedi. A giudicare dai risultati delle mie varie ricerche su Google, la parte del centro più apprezzata e conosciuta tra i turisti è, meritatamente, la centrale piazza Camillo Prampolini. Per non farci confondere, gli aborigeni la chiamano anche con i nomi di «Piazza Grande» (in effetti, in base alle proporzioni del centro storico non è piccola) e di «Piazza Duomo» (in effetti, su di essa si affaccia pure il Duomo locale, oltre al palazzo vescovile, il Municipio e altri edifici storici importanti). Fino al 1945 la piazza portava il nome di Vittorio Emanuele II, poi è stata ufficialmente dedicata a un politico socialista reggiano.

Il Duomo di Reggio Emilia, dedicato a Santa Maria Assunta, mi è sembrato anomalo per una serie di motivi: da fuori non sembra particolarmente grande, è inserito quasi perfettamente nella linea di altri palazzi che compongono il lato della piazza, ha la facciata che con i suoi elementi architettonici molto vari mostra a tutti (anche ai meno esperti dell’arte) di essere stata modificata più volte nel corso della storia…

La statua cinquecentesca in bronzo dorato della Madonna con Gesù Bambino (in braccio) e le figure dei committenti dell’opera (a lati) sta su un apposito balcone sopra la facciata.

La costruzione del Duomo iniziò nel XIII secolo, mentre gli interni – a differenza della facciata stilisticamente uniformi – sono del primo quarto del XVII secolo. Tutto il Duomo e il Battistero che si trova alla sua sinistra sono belli da vedere dentro e fuori.

Tra le altre grandi curiosità che si trovano sulla piazza Duomo consiglierei di non saltare la bella statua-fontana di Crostolo (un torrente che scorre interamente sul territorio della provincia di Reggio Emilia e affluisce al fiume Po). L’accesso alla parte funzionale della statua è mascherato in un modo definibile artistico.

Alla destra del Duomo si trova un bel arco sotto il quale bisogna assolutamente passare…

Arriverete alla piazza San Prospero, detta anche piazza Piccola. Il nome popolare è una evidente contrapposizione alla piazza Grande che abbiamo appena visto. Il nome ufficiale è invece dovuto alla presenza della basilica di San Prospero (il patrono della città), la cui costruzione iniziò nel XVI secolo e fu caratterizzata da diversi problemi tecnici. La facciata, poi, fu realizzata solo a metà del XVIII secolo, mentre il campanile (ottagonale) non fu mai completato (e, infatti, non è accessibile, a differenza del resto della chiesa). Le statue della facciata sono del XIV secolo, mentre i leoni posizionati davanti all’ingresso potrebbero essere (secondo un esperto che ho sentito commentarli) dell’XI secolo. La basilica, comunque, è da vedere tutta.

Di fronte alla suddetta basilica vediamo la parte posteriore – sempre stilisticamente non omogenea – del Duomo.

Viste le due piazze principali della città, possiamo iniziare a vagare per le vie del centro in cerca delle bellezze non necessariamente ritenute obbligatorie per i turisti tradizionalisti, scoprendo che ne esistono tante. È così che possiamo notare che il centro storico di Reggio Emilia è pieno di porticati: è possibile camminare per diverse centinaia di metri (o, addirittura, chilometri) uscendo da sotto un porticato solo per attraversare qualche vicolo capitato sulla nostra strada.

Ovviamente, i porticati esistono – anche se in quantità minori – in quasi tutte le città italiane. E, ovviamente, sotto tutti i porticati italiani si applicano più o meno le stesse norme di circolazione. Ma è proprio a Reggio Emilia che ho visto per la prima volta i cartelli che lo ricordano ai passanti.

Girando per il centro storico, non possiamo evitare di incontrare altre chiese, a volte anche molto interessanti. È che spesso si trovano dietro l’angolo di qualche via che a prima vista non promette alcunché di particolare: come, per esempio, la chiesa di Sant’Agostino (costruita nel 1452, la sua bella facciata barocca è del 1746).

E poi capitano delle chiese belle, ma un po’ difficili da fotografare con uno scatto solo: come, per esempio, la chiesa di San Giorgio (ricostruita ex novo dai gesuiti nel 1638, completata nel 1743).

Si trova più facilmente della precedente, ma, «in compenso», può essere fotografata solo a pezzi.

L’Oratorio del Santissimo Crocifisso in capo alla Ghira (detto del Cristo) è piccolo, dunque si trova a lato di uno grande spazio aperto con una infinità di prospettive possibili: gli architetti degli edifici religiosi già secoli fa avevano l’intenzione di prendere in giro i fotografi.

E poi ci sono delle chiese con le facciate noiose, ma gli interni belli: come, per esempio, la chiesa di San Pietro (della fine del XVI secolo). Non fatevi ingannare dalla prima impressione, ahahaha

Una caratteristica architettonica che accumuna Reggio Emilia con le altre città emiliane che mi è capitato di vedere (in realtà, non tantissime: Piacenza, RavennaParma) è un alto numero di edifici – civili e religiosi – senza l’intonaco sulla facciata. Non ho fatto una comparazione statistica precisa, ma ho avuto la sensazione di vederne di più rispetto alla media della Lombardia. E non so ancora come spiegare tale fenomeno.

Ma, naturalmente, a Reggio Emilia è ben presente anche la bellezza architettonica a me (a noi?) più abituale.

In alcune (poche) vie del centro ho notato una alta varietà di colori delle persiane utilizzate nei palazzi vicini: fanno una impressione bella e simpatica soprattutto se visti dal vivo.

Come in tutte le città del mondo, anche a Reggio Emilia ci sono dei palazzi che di bello hanno solo l’aspetto generale o, al contrario, solo un singolo dettaglio.

Tra i singoli dettagli belli più presenti sulle facciate dei palazzi storici di Reggio Emilia sono gli altorilievi agli angoli (non so se ho utilizzato il nome tecnico appropriato). Qualcuno di essi è in condizioni fisiche ormai precarie, ma resiste ancora.

Il palazzo apparentemente più trash di Reggio Emilia è la sede della Galleria Parmeggiani (un museo di mobili, dipinti e tessuti): costruito nel 1924 in stile gotico-rinascimentale, il palazzo dimostra di essere un falso già da una buona distanza.

Se fosse stato costruito cento anni più tardi, avremmo detto – in base a diversi suoi dettagli – che l’architetto o l’ingegnere (o entrambi?) ha visto troppi film fantasy e ha studiato poco.

Dal punto di vista culturale/artistico, è molto più interessante il resto della zona nell’angolo della quale si trova il suddetto palazzo: quella area cittadina che nel linguaggio informale si chiama «piazze dei teatri». Infatti, i teatri di Reggio Emilia sono concentrati in poche piazze e vie vicine.

Il teatro «Ariosto», costruito nella seconda metà del XIX secolo, ora ospita principalmente allestimenti di prosa (anche se avrebbe pure lo spazio per l’orchestra).

Il teatro municipale «Romolo Valli», costruito a metà del XIX secolo, è un teatro d’opera. Non sono riuscito a capire perché un teatro lirico sia stato intitolato in onore di un attore non lirico: probabilmente solo perché l’amministrazione cittadina dell’epoca (il 1980, l’anno di morte dell’attore) per onorare un proprio concittadino famoso aveva preso in considerazione solo le dimensioni fisiche dell’edificio (è il teatro più grande della città) e non la sua sostanza. Sarebbe una scelta molto intellettuale…

Il terzo – in termini di importanza – teatro di Reggio Emilia è il teatro «Cavallerizza», inaugurato il 10 gennaio 1989. Il suo nome non è casuale: in origine, e fino alla Seconda guerra mondiale, l’edificio era adibito all’addestramento dei cavalli (e un po’ lo si intuisce tuttora dal suo aspetto esteriore).

Ma nella stessa area del centro storico non ci sono solo i teatri: c’è anche più di un museo. Per esempio, il Palazzo dei Musei: la sede principale dei musei civici cittadini dal 1830. All’interno sono esposte le collezioni di vario genere.

Davanti a questo museo troviamo anche due monumenti interessanti. Uno è il monumento alla Resistenza che raffigura dei personaggi apparentemente ormai privi di forze per continuare a resistere.

Il secondo monumento presente davanti al museo in un primo momento mi era sembrato un incrocio tra un pesce e un orecchio umano. Non so perché lo scultore abbia scelto proprio questa forma: in realtà, il monumento è dedicato ai cinque operai di Reggio Emilia uccisi dalle forze dell’ordine nel corso di una manifestazione del 7 luglio 1960. Mi servirebbe una fonte non di parte che descriva bene lo svolgimento di quella manifestazione… L’uccisione di manifestanti non è una cosa che mi aspetterei dalle forze dell’ordine normali, ma, allo stesso tempo, mi sembra poco probabile che si abbia sparato proprio senza alcun motivo.

Su uno dei muri laterali del museo, poi, ho trovato una interessante opera d’arte.

Ma la gente non vive solo di cultura nel suo senso tradizionale. La piazza Fontanesi, per esempio, è definita come il centro mondano di Reggio Emilia. Effettivamente, nei palazzi che circondano la piazza ho notato diversi locali – di livello «economicamente», secondo me, un po’ vario – palesemente destinati ai giovani e/o alle persone che si sentono ancora giovani.

E poi esistono delle piazze che semplicemente sono belle da vedere.

Sempre nel centro di Reggio Emilia ci sono anche dei parchi (o aree verdi) di varie dimensioni. Sono attrezzati abbastanza bene, ma d’inverno non ho potuto apprezzare come si deve tutta la loro bellezza: posso solo provare a immaginarli con le foglie verdi sugli alberi e non con quelle secche per terra.

E poi, improvvisamente, il centro storico finisce: di colpo finiscono i palazzi d’epoca e iniziano quelli moderni.

Nella maggioranza dei casi quei palazzi moderni non sono particolarmente interessanti…

Ma a volte – secondo me raramente – qualcosa di insolito e quasi attraente capita.

Ecco, a questo punto posso andare in stazione e prendere il treno di ritorno verso casa.

Spero di avervi trasmesso una idea positiva di Reggio Emilia. Io sono stato contento di averla visitata. Provate anche voi, quando trovate la possibilità di farlo.

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