Lierna, 18 agosto 2021

Sulla pratica sono relativamente rare le situazioni in cui potremmo aspettarci qualcosa di particolare da un piccolo comune semisconosciuto. Una di quelle situazioni è la collocazione del suddetto comune in una bella area naturale, la quale lo rende un luogo attraente – se non prestigioso – per le vacanze: nel comune arrivano gli abitanti capaci e interessati a fare gli investimenti decisivi. Così è successo anche a Lierna (in provincia di Lecco), un centro abitato con poco più di due mila abitanti sul lago di Como.
Dal punto di vista architettonico, Lierna è un paese abbastanza interessante: vi si trovano tanti edifici residenziali e commerciali – di epoche e stili diversi – meritevoli di attenzione.

Il castello locale – di origine romanica – è al giorno d’oggi quasi non identificabile come tale: dopo avere perso la propria importanza militare (dopo la metà del XVI secolo), si è progressivamente trasformato in un borgo residenziale e commerciale. Solo le persone più attente riescono, avvicinandosi, a notare i pochi elementi fortificati rimasti in piedi quasi per caso.

Oggi, ormai, l’ex castello da lontano potrebbe sembrare solo un semplice quartiere del centro storico, anche se leggermente distaccato – secondo la percezione visiva – dal resto del centro abitato. Al posto della base navale militare del ’400 e della prima metà del ’500 oggi c’è una spiaggia comunale abbastanza popolare.

Come al solito, l’architettura religiosa è ben rappresentata sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Alcune chiese, a prima vista, non hanno alcunché di particolare (come, per esempio, quella dedicata a San Bernardo), mentre in realtà sono attrezzate di alcuni elementi tecnologici curiosi: spero che questi ultimi non vengano utilizzati per disturbare tutta la zona con la trasmissione in diretta delle riunioni domenicali.

La chiesa di Lierna più interessante – dentro e fuori – è quella dedicata a Sant’Ambrogio (costruita all’inizio del XVII secolo sulla base di un edificio religioso dell’XI secolo). Il nome della chiesa si spiega anche dal fatto che nell’alto medioevo il territorio di Lierna apparteneva ai monaci milanesi della basilica di San Dionigi (non più esistente), dipendendo dunque dall’Arcidiocesi di Milano.

Ci tengo a sottolineare che conviene andare a vedere anche la parte posteriore dell’edificio, soprattutto il suo angolo lontano dal battistero: troverete un interessantissimo affresco di stile poco abituale per le chiese italiane.

In generale, devo constatare di essere rimasto un po’ sorpreso per l’alta quantità delle cappelle – spesso «incorporate» in altri tipi di costruzioni – avvistate in giro per Lierna. La maggioranza di esse non mi è però sembrata caratterizzata da un particolare valore artistico.

Le uniche cappelle realmente interessanti di Lierna sono quelle quattordici che contengono i bronzi (?) raffiguranti la «Via Crucis»: si trovano lungo la via che inizia nelle vicinanze della chiesa di Sant’Ambrogio e porta verso il cimitero.

Il cimitero di Lierna, allo stesso modo di molti altri cimiteri italiani, potrebbe essere visitato come un meso della scultura commemorativa, ma in questa sede volevo segnalare un’altra cosa. All’esterno del cimitero, sotto il suo muro di cinta, troviamo una fila delle lapidi dei caduti nella Prima guerra mondiale. La stilistica è ben riconoscibile e, forse, si addice bene alle tombe dei militari.

La scritta sulla targa del monumento recita: «Lierna ai suoi caduti nel centenario di fondazione delle truppe alpine 1872–1972». Il monumento stesso ci ricorda, poi, anche l’importanza di progettare bene gli spazi pubblici: per ora l’aquila sembra impigliata nei cavi elettrici.

Le vie e i vicoli più interessanti di Lierna ci portano, stranamente, sempre verso il lago. Anche quando all’inizio sembra di andare in una direzione diversa.

Probabilmente è la prima volta che vedo un faro sulla riva di un lago (o, almeno, non mi ricordo di averne visti altri nella mia vita). E spero che sia realmente un faro, seppure abbastanza primitivo dal punto di vista tecnico.

Ma torniamo per un po’ alle vie che portano al lago. Molte di esse ci portano non al lungolago, ma alle piccole spiagge – spesso larghe pochi metri – schiacciate tra le case e/o recinti delle abitazioni private. Tutte le micro-spiagge avvistate (per caso!) mi sono sembrate pubbliche, spesso abbastanza pulite e riservate (nel senso di tranquille) ma, probabilmente, poco abituali per un italiano medio: spesso sassose o erbose. Quindi ho visto pochissimi utenti.

La seconda grande particolarità dell’accesso al lago a Lierna è la quasi totale assenza del lungolago nella sua forma tradizionale. Infatti, fino a questo momento mi è capitato di visitare solo le località dove il lungolago (oppure il lungomare o il lungofiume) era costituito da un lungo marciapiede con dei bar, ristoranti e negozi (e, spesso, pure un passaggio per le auto). Nel centro storico di Lierna, invece, la buona parte del lungolago è, in sostanza, un lungo parco molto curato. Non particolarmente profondo e con poca varietà delle piante, ma con una sufficiente quantità dell’ombra e delle panchine.

Qualsiasi punto del lungolago è adatto per contemplare il lago di Como.

Mentre il verde pubblico è ben curato in ogni punto del territorio comunale, non solo sul lungolago.

Non sono però sicuro che sia il merito dei cartelli categorici (e a volte un po’ brutti) appesi in diversi punti strategici.

Le tavole di marmo con i nomi delle vie si distinguono per il vero minimalismo.

Mentre il modo di collocare quelle tavole è, a volte, un po’ strano.

Anche l’unica meridiana vista a Lierna – su una casa privata – è un po’ strana: funziona solo per otto ore al giorno. Capisco che i suoi difetti sono dovuti alla sua posizione, ma non capisco perché si sia deciso di collocarla proprio in quel punto non ottimale.

Per fortuna, la scarsa realizzazione delle buone idee da parte di alcuni è bilanciata, almeno temporaneamente, dalla buona creatività degli altri. Su una parte del lungolago era in corso la mostra fotografica «I 100 anni dell’aquila» dedicata al centenario della Moto Guzzi (la cui sede produttiva storica si trova a Mandello del Lario, uno dei comuni vicini). Le foto che raccontano i vari passaggi della storia della azienda sono state esposte prima in diversi comuni della provincia di Lecco e poi, all’inizio di novembre, pure a Milano. Molte di quelle foto erano realmente interessanti da vari punti di vista.

Tra le installazioni permanenti che incidono sulla vita quotidiana dei residenti e dei visitatori di Lierna si potrebbe mettere in evidenza, per esempio, una interessante fontanella…

Oppure un parco relativamente grande – ma, pare, l’unico – per i bambini.

Mentre alcuni elementi della segnaletica orizzontale si distinguono per l’inabituale minimalismo grafico (un po’ come le targhe con i nomi delle vie).

Pure alcune panchine sono abbastanza minimaliste.

Per fortuna, alcuni pezzi dell’arredo urbano rispettano la stilistica montana – un po’ ruvida ma esteticamente bella – che un turista medio si aspetterebbe di trovare in una località del genere. A questo punto devo constatare che a Lierna, a differenza di molti altri comuni della zona, è poco diffusa l’usanza di piantare i fiori annuali in tutti i luoghi pubblici.

Considerato quanto scritto, non posso non esprimere il mio stupore per il fatto che in un paese complessivamente bello come Lierna, uno dei palazzi più mediocri sia quello del Municipio. E non si trova nemmeno in centro (un fatto positivo per l’architettura, ma un po’ anomalo per le tradizioni istituzionali).

Per riflettere serenamente anche su questo strano fenomeno avevo deciso di tornare, finalmente, alla seconda componente dei miei viaggi dell’agosto 2021: percorrere una parte del sentiero Viandante (ne ho parlato abbastanza in dettaglio nel fotoracconto sulla mia visita a Bellano). Ho dunque ripreso il sentiero per camminare in direzione Varenna e ho notato che il problema della scarsità dei segnavia in questo tratto del sentiero persiste: i cartelli rimangono pochi e poveri nelle informazioni fornite (anche se potrebbe sembrare una cosa difficile); ma almeno hanno iniziato a comparire i tradizionali segni in vernice sulle pietre. Ma allo stesso tempo ho fatto presto una scoperta molto positiva: qualcuno dei turisti esperti ha preso un pennarello nero e ha integrato i pochi segnavia presenti lungo il sentiero con delle informazioni utilissime. Effettivamente, su alcuni incroci sono stato salvato – grazie a quelle persone gentili sconosciute – dal prendere una strada sbagliata e quindi dal fare anche un lungo (chilometrico) e fastidioso percorso di ritorno fino a uno dei cartelli. Meno male che mi ero informato anticipatamente sul sentiero e sapevo quindi che Fiumelatte (aggiunto al segnavia in pennarello) fosse una frazione di Varenna. Insomma, le persone poco sicure del proprio senso di orientamento farebbero bene a munirsi di una mappa topografica prima di andare in montagna: anche se qualcuno migliora i segnavia progettati male.

La prima metà (più o meno) del percorso da Lierna a Varenna è tutta in salita più o meno rapida, rappresentata da uno stretto sentiero che corre su pietre e rocce. Le zone esposte al sole si alternano spesso con quelle all’ombra. Per fortuna (soprattutto la mia) a queste quote il sole inizia a essere un po’ meno fastidioso rispetto alla pianura.

Ho visto solo una area di sosta tradizionale su questo tratto del sentiero: a poca distanza da Lierna si trova un tavolo in legno (nell’unico punto del sentiero che offre uno spazio sufficiente per metterlo). Da questa area di sosta possiamo anche dare uno sguardo a Lierna dall’alto: si vedono bene alcuni dei luoghi che abbiamo visitato (per esempio, quello sulla penisola è l’ex castello).

Le prossime eventuali aree di sosta potranno essere improvvisate da ogni singolo turista, il quale è ovviamente libero a riposare sedendosi su qualsiasi pietra o tronco d’albero caduto. Riprendiamo, comunque, il sentiero e dopo alcuni tratti chi richiedono quasi delle abilità elementari dell’arrampicata ci accorgiamo di entrare in una area sempre «più boschiva», in mezzo alla quale si vedono, molto raramente, dei resti delle abitazioni (?) umane abbandonate secoli fa. Il sentiero continua a essere in buone condizioni, ma è comunque consigliato di camminare con un po’ di attenzione. L’attenzione servirà non solo per non scivolare, ma anche per non perdere i paesaggi migliori.

Lungo il sentiero si incontrano alcuni cenotafi… Mentre stavo preparando questa foto, mi era venuta in mente una coppia simpatica incontrata sul sentiero (le uniche due persone incontrate su tutto il tratto fatto): dopo uno scambio delle opinioni circa l’orientamento sul sentiero – un tema sofferto da tutti, ahahaha – hanno trovato le parole per esprimere i dubbi che erano già visibili nei loro occhi. Hanno chiesto se la redazione del nostro sito personale non avesse paura di andare in montagna in una quantità numerica così ridotta e con l’equipaggiamento palesemente urbano. Avrei voluto rispondere, ehm, «ma non esageriamo», ma sono stato molto più diplomatico.

A una delle tappe decisive del percorso (nel mezzo del cammino ahahaha) da Lierna a Varenna ci si ritrova, improvvisamente, su una radura alla quale si affaccia una robusta casa in pietra. Le sue condizioni fisiche non sono proprio perfette, ma non sembra nemmeno abbandonata: le finestre sono integre e la porta metallica con una serratura moderna è chiusa a chiave. Proprio a questo punto nella mia testa si è riaccesa la vecchia idea di prendere una casetta molto isolata in un posto di montagna raggiungibile solo a piedi: per rifugiarsi ogni tanto da tutto e da tutti per concentrarmi sui progetti personali. Alla fine, nemmeno con il lockdown del 2020 era stato del tutto possibile (in un certo senso, è stato proprio al contrario).

C’è da lavorare sull’aspetto economico della questione, mentre dal punto di vista tecnico pare una cosa realizzabile: pure nel caso appena citato qualcuno è riuscito a portare in cima alla montagna una vasca da bagno (addirittura, direi) e organizzare la fornitura d’acqua.

Dopo la radura con la casa il sentiero inizia a essere notevolmente più facile – un po’ scivoloso ma prevalentemente in discesa – quindi ero abbastanza convinto di riuscire a realizzare l’idea iniziale: arrivare fino al castello di Vezio che sovrasta Varenna. A pochissimi chilometri dalla meta, però, sono stato «finalmente» fregato dai segnavia messi a caso: una delle frecce mi ha indotto a prendere una discesa che poco prima di Fiumelatte porta a una strada provinciale. Secondo la testimonianza di un aborigeno incontrato, tantissimi escursionisti sono caduti vittime di questa trappola organizzativa del sentiero. Ma è stata una consolazione un po’ scarsa: l’arrivo a Varenna è diventato molto meno bello.

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