Amo vedere le città di notte. Soprattutto quelle nuove. E ancora di più amo vedere di notte quelle città che di pomeriggio sono piene di turisti rincoglioniti. Insomma, la mia conoscenza con il Finale Ligure non poteva che iniziare di notte. Alle 20:30 del venerdì 19 luglio avevo preso il treno da Milano Centrale e alle 23:50 [ancora dello stesso giorno] ero sceso alla stazione di Finale Ligure Marina (non indicata su Google Maps!)…
Il Finalborgo, uno dei tre vecchi comuni che oggi costituiscono il Finale Ligure, è ancora circondato dalle mura del XII secolo. Oggi, nel XXI secolo, tutte le porte sono aperte pure di notte, i ponti sono abbassati.
Il borgo è piccolo, può essere girato tutto in un’ora, ma il titolo di uno dei «borghi più belli d’Italia» è meritatissimo. L’illuminazione notturna è adeguata al posto storico.
A un certo punto, verso le tre di notte, incontro due scolari (apparentemente appena maggiorenni) che tentano di chiedermi una sigaretta in inglese. Quando scoprono che riesco ad esprimermi in italiano dicono: «Ah, meno male. Sa, qui è pieno di stranieri…»
Un altro dettaglio interessante: tanti negozianti locali non chiudono per la notte le proprie vetrine con saracinesche, grate o persiane (come si chiamano quelle in legno che si vedono in primo piano sulla foto seguente?).
A questo punto sono andato a dormire. E la mattina dopo ho continuato ad esplorare la città.
I turisti si avviano verso il mare, i locali aprono gli ombrelloni un po’ kitsch sopra i tavoli esterni… notate il ponteggio all’entrata della chiesa in ristrutturazione: all’opposto degli ombrelloni è talmente bello nella sua semplicità che sembra un baldacchino montato per la visita papale.
Ma ora che c’è la luce solare, possiamo andare in montagna (le spiagge non mi interessano) a vedere la città dall’alto. Qui siamo a metà strada verso la cima, sulla piazzola davanti al Castel San Giovanni (nulla di particolare).
Mi chiederete perché ho deciso di salire in cima sotto un sole pazzo sudando come un porco? Rispondo: perché volevo vedere le rovine del Castel Govone, fondato nel XII secolo dai marchesi del Carretto, i feudi locali.
Non sono assolutamente dispiaciuto per tanta fatica e tempo serviti per la salita (ancora meno per i chili persi): il castello è veramente bello. Per via dei lavori di ristrutturazione, però, non ero riuscito ad avvicinarmi più di così. Prima di andarci, dunque, controllate i giorni di apertura al pubblico.
Una indicazione a quelli che sono curiosi almeno quanto me: il presente castello scompare dal campo visivo nell’ultimo terzo della salita e ricompare solo quando arrivate in cima alla relativa montagna. Oppure quando sbagliate strada e prendete, involontariamente, la discesa. Di conseguenza, state attenti: una volta arrivati a questo «incrocio», dovete prendere il sentiero che va a sinistra in alto.
Ora possiamo riscendere per vedere la vita degli umani. Lungo il sentiero che corre al confine del centro abitato e le montagne, ho notato due vecchie grotte abbandonate. Entrambe sono attrezzate di porte e ripiani. Ora sono piene di rifiuti vari, ma penso che in origine svolgevano la funzione di depositi per alimenti (in sostanza dei frigoriferi antichi).
E poi, ad un certo punto, ho trovato una grossa grotta abitata.
Non lontano da essa si trova una chiesa (Nostra Signora di Loreto o dei cinque campanili) che sembra una moschea.
Continuando la discesa verso la città arriviamo sulla cosiddetta Strada Romana, nel punto d’incontro della quale col Finalborgo troviamo uno strano edificio con gli interni che mi ricordano una struttura avvistata a Bergamo alta. Certamente, le differenze sono molteplici (la prima delle quali è l’acqua corrente) e, probabilmente, anche le funzioni sono diverse. Questa struttura in particolare a cosa serviva? I cavalli non ci entrano, quindi per lavare i panni? O per conservare gli alimenti in un ambiente fresco?
Tante case private, prevalentemente nelle zone periferiche vicine alla montagna, anche nelle vie pedonali, hanno davanti alle porte delle lavagne, alte circa 50 cm e inseribili in dei incastri verticali, a uno scopo che mi è rimasto sconosciuto. A cosa servono?
Se, invece, alziamo lo guardo, notiamo sopra l’ingresso di un edificio apparentemente abbandonato non solo un banalissimo ferro da cavallo, ma pure un tipo di pialla il cui nome italiano non si trova sui dizionari (in russo si chiama fuganok, mentre in tedesco fugbank). Porta fortuna nei lavori manuali? Oppure allontana lo spettro della disoccupazione?
In realtà alle porte di Finale Ligure sono legati tanti misteri. Ecco, per esempio, un ingresso privo di una qualsiasi insegna:
E poi ci sono dei locali in cui si mangia la Coca-Cola. L’espressione «Coca-Cola. Buon appetito» sembra una bestemmia.
Anni fa, dopo aver notato una Gilera d’epoca sul davanzale (all’interno!) di una mensa milanese, avevo pensato di aver visto tutto. In un bar del Finale Ligure sono andati oltre appendendo una bici sopra le teste dei clienti.
Ole! Finalmente vedo una via intitolata in un modo decente! Non ad un astratto «patriota» professionale, ma a una persona che ha fatto una opera concreta a beneficio della propria comunità.
A proposito di luce elettrica: nel centro storico i lampioni più diffusi sono un po’ troppo grandi ma belli.
Queste strutture metalliche, invece, non so servono per le bandiere o per le torce.
I cestini del centro storico sono belli (ho visto un modello simile solo a Soncino), ma sempre strapieni. Non so se la colpa sia da attribuire alla quantità dei turisti o al lavoro scarso degli spazzini.
Finalmente un cestino per la raccolta differenziata che può essere definito bello.
Mentre il seguente modello, originale, mi ricorda qualcosa, ma non mi ricordo cosa.
Ma l’oggetto più mostruoso è il posacenere posizionato all’ingresso della biblioteca cittadina… Comunque funziona come si deve: i mozziconi buttati dentro si spendono da soli per la mancanza dell’ossigeno all’interno.
Le sedie e le enciclopedie all’interno della biblioteca mi ricordano qualcosa… No, Eugi, no! Trattieniti!
Il bike-sharing di Finale Ligure è abbastanza diffuso e apprezzato in tutta la città.
Vabbè, abbiamo visto tutti i dettagli caratterizzanti questa città. È l’ora di partire. Concludo dunque con la foto della stazione FS ignota a Google Maps.