L’esplorazione della Val Codera – alla quale avevo dedicato una parte delle mie vacanze estive 2024 – sarebbe stata inutile senza lo studio del villaggio Codera, il più grande (o il meno piccolo?) dei dieci villaggi della valle. Oltre alle dimensioni e al fatto di avere dato il nome a tutta la valle, questo villaggio è importante anche per essere l’unico ad avere, attualmente, degli abitanti fissi (se le fonti consultate da me non dovessero sbagliare). Come è fatto un centro abitato di montagna che può essere raggiuto solo a piedi tramite la salita di oltre un’ora lungo un sentiero o in elicottero? Ora ve lo faccio vedere.
Per arrivarci, io ero partito da Novate Mezzola e avevo fatto quel ramo del sentiero per Val Codera che passa per il villaggio Avedée. Avendo già descritto quasi completamente il rispettivo tratto del sentiero percorso, trovo logico iniziare il mio racconto su Codera con la descrizione degli ultimi passi fatti lungo il sentiero prima dell’ingresso nel villaggio. Ebbene, non solo ci accorgiamo, a un certo punto, che il sentiero sta diventando di un aspetto più «amichevole», ma vediamo pure che le cappelle poste ai suoi lati sono ora più grandi e curate.
All’improvviso sulla destra compare il piccolissimo cimitero locale: secondo me è di dimensioni 15×15 metri o poco più. A causa del cancello chiuso non sono riuscito a vederlo con la massima attenzione, ma ho notato comunque due aspetti rilevanti dal punto di vista etnografico. In primo luogo, le tombe più «fresche» che ho avvistato sono della metà degli anni ’80 (questo mi aveva inizialmente fatto dubitare del fatto che Codera fosse ancora un villaggio abitato). In secondo luogo, sulle lapidi ho visto una bassa varietà di cognomi (tanti si ripetono, ma questo è normale: nei villaggi piccolissimi e isolati vivono poche famiglie).
Ma riprendiamo allora il sentiero e andiamo verso le cose più allegre. Dopo poche decine di metri compaiono le prime case di Codera e la elisuperficie locale.
Sapevo che la Val Codera è raggiungibile solo a piedi o in elicottero, ma quella di Codera è l’unica elisuperficie appositamente attrezzata che ho notato (le altre potrebbero trovarsi lontano dal sentiero escursionistico; oppure mi ero fatto distrarre da qualcosa). In ogni caso, un viaggio in elicottero da Novate Mezzola a Codera costa 40 euro a persona (fino a 70 euro per altre destinazioni nella valle), mentre il trasporto delle grandi partite di cose fino a un massimo di 900 kg costa 190 euro (fino a 300 euro per altre destinazioni nella valle). A questo punto, dopo avere letto i prezzi, ho capito che, molto probabilmente, in Val Codera risiedono solo le persone non particolarmente anziane e di buona forma fisica, mentre gli altri, al massimo, ci vengono in vacanza. Questo, tra l’altro, spiegherebbe la situazione del cimitero descritta poco sopra.
All’ingresso del villaggio è esposto un cartello con le regole comportamentali. Io avevo violato subito la norma № 2, ma il fuoco era molto piccolo, si trovava a pochi centimetri dal mio naso ed era durato pochissimo, dunque nessuno se ne era accorto.
È invece ridicolo un altro cartello posto all’ingresso: quello del divieto di transito per i cicli e i motocicli. Il sentiero che porta dalla pianura alla valle è, secondo me, impossibile pure per i massimi campioni di mountain bike e di enduro: per una parte del tratto corre lungo il bordo di una scogliera quasi a strapiombo, è pieno di gradini di pietra e di curve un po’ strette. Il 99,999% dei ciclisti e motociclisti semplicemente non arriverà vivo a Codera (a meno che non porti in braccio il proprio mezzo).
E poi sul territorio di Codera ci sono dei cartelli utili e, allo stesso tempo, belli e quasi divertenti.
Ma passiamo, finalmente, alle cose realmente interessanti. La piccola chiesa di San Giovanni Battista è presumibilmente dell’inizio del XVI secolo (ma la sua prima nomina in un documento ufficiale è del 1651) e fino al 1764 era dedicata a San Martino. Purtroppo, al momento del mio passaggio era chiusa, come pure il suo campanile poco distante.
A pochi metri dalla chiesa, in diagonale, si trova l’edificio della ex scuola, trasformato in un rifugio dopo alcuni decenni di abbandono. Effettivamente, in tutta la valle nel 1933 vivevano circa cinquecento persone, mentre nel dopoguerra la quantità dei residenti è progressivamente scesa a 15 (dato del censimento del 2021). Di conseguenza, non ci sono più le persone di età scolastica che giustifichino l’esistenza di una scuola (venendo a piedi anche da altri villaggi della valle). Però ci sono gli escursionisti per i quali «La locanda» può rivelarsi molto utile: per mangiare e/o passare la notte.
Per quanto riguarda gli edifici residenziali, non ho notato quelli abbandonati o addirittura crollati. Al contrario, sono tutti integri, in buone condizioni e, apparentemente, utilizzati almeno con una certa periodicità.
Alcune case, addirittura, sono molto curate. In generale, potete notare facilmente anche voi che a Codera ci sono molti più immobili abitabili dei 15 residenti ufficiali (alcuni di quelli saranno pure dei membri delle stesse famiglie). Presumo, dunque, che molte case vengono utilizzate dai proprietari solo per le vacanze e/o per lo smartworking in una zona bella e tranquilla (potrebbe trattarsi di immobili ereditati o comprati appositamente).
Alcune case sono abbellite con delle opere d’arte.
E alcune altre sono abbellite con dei trofei tipicamente di montagna.
Sulla facciata dell’Oratorio locale è installata una targa dedicata agli abitanti di Codera caduti… Ma caduti in quale guerra? In base allo stile delle foto potrei ipotizzare anche la Prima guerra mondiale. Ma non ho trovato delle conferme o smentite della mia tesi.
Su una delle case più piccole del villaggio è stata applicata una targa di granito con la scritta «baita dell’avo Penone Carlo, Codera 1870–1958». Purtroppo, non sono riuscito a capire chi sia stato il personaggio menzionato, quindi mi sarà molto utile un suggerimento da parte di qualche aborigeno.
Oltre alle semplici abitazioni, poi, a Codera sono presenti alcuni servizi (se possono essere definiti come tali). Per esempio, oltre al già menzionato rifugio-ristorante, a Codera c’è pure una «Osteria alpina», le cui insegne promettono la cucina che utilizza prevalentemente i prodotti locali e il vino buono. Come pure per il locale di prima, non posso dire alcunché sulle qualità reali: non ho provato a entrare (e, essendo passato dopo l’ora di pranzo, forse non sarei nemmeno riuscito a farlo: le stranezze italiane potrebbero valere anche in montagna).
C’è pure una fontanella di acqua: probabilmente potrebbe salvare qualcuno in una situazione di emergenza (ma io non avevo testato la qualità dell’acqua).
Il lavatoio locale sembra essere di recente costruzione ma, molto probabilmente, è stato realizzato solo perché in questa posizione storicamente ce n’era uno più antico.
Sul muro dell’edificio che ospita il museo locale (mi era sembrato chiuso) c’è pure un defibrillatore!
Non meno rara, per un villaggio così piccolo, è la presenza di una panchina (pure bella). Il suo unico problema è l’esposizione al sole.
Gli altri dettagli belli e interessanti di Codera possono essere notati semplicemente guardando i vari angoli del villaggio da qualche nuova prospettiva.
Come avete visto, il villaggio è piccolissimo, ma è pieno di piccole cose belle e rare: bisogna solo cercarle. Io, per esempio, ho trovato due insegne antiche: una di esse ha sicuramente più di cinquant’anni, non mi sarei mai aspettato di vederla fuori da un museo (e mi dispiacerà tantissimo se dovesse essere persa per sempre a causa del tempo, pioggia e sole).
E ora concludo il mio racconto su Codera. Se vi dovesse capitare di fare qualche sentiero in zona, passateci anche voi per vedere questo bel villaggio con i propri occhi.