Arona, 22 dicembre 2018

Arona è una cittadina piemontese di poco più di 14 mila abitanti, separata dal confine piemontese-lombardo solo dalle acque del Lago Maggiore. Essendo relativamente bene apprezzata dai turisti grazie alla presenza, appunto, del lago, è una località non poverissima e quindi ben curata. Come succede però per la maggioranza delle località piccole del genere, Arona non dispone di bellezze create dall’uomo eccezionali o monumenti di importanza storica alta. Di conseguenza, lo studio turistico-etnografico di Arona è interamente caratterizzato dalla ricerca dei piccoli dettagli interessanti.
Nel centro storico si trovano alcuni esemplari di architettura simpatici e ben inseriti nel contesto della geografia fisica.

Nella maggioranza dei dettagli architettonici si nota facilmente l’importanza primaria attribuita al lago. Si tratta in questo ultimo caso di una scelta economicamente sensata.

Il lago e le montagne che circondano la città sono belli anche senza la presenza delle tracce umane.

La presenza del lago in alcune occasioni è sfruttata molto bene anche dagli artisti. Uno dei monumenti più curiosi di Arona funziona anche da panchina. Chissà quanti fotografi hanno saputo sfruttare questa combinazione. Io, intanto, non ho saputo decidere se sarebbe stato troppo banale piazzare il monumento in questione più vicino all’acqua.

Il monumento più pubblicizzato di Arona è invece la statua chiamata il «Colosso di San Carlo Borromeo» (detto Sancarlone). Alta quasi 32 metri, sarebbe stata la più alta tra le statue visitabili all’interno fino alla costruzione della Statua della Libertà. Si trova fuori città sulle colline e, dal punto di vista puramente artistico, non merita la camminata (a meno che qualcuno non si volesse accertare che pure nel ’600 italiano vi furono degli scultori con una conoscenza approssimativa della anatomia).

Nella città di Arona, invece, vengono ricordati altri personaggi. Purtroppo, però, le dimensioni dei monumenti sono inversamente proporzionali alla loro utilità per lo sviluppo della città e dello Stato. L’ingegnere Gian Giacomo Ponti, fondatore della STIPEL (società telefonica esistita tra il 1925 e il 1964), si è guadagnato solo una targa sulla propria casa natale.

Le tracce della storia più antica, per esempio le fondamenta delle mura romane, vengono curate dagli spazzini: niente di anomalo, visto il livello di interesse di queste rovine per tutti coloro che non sono degli storici altamente specializzati.

Ben poco resta anche della Rocca Borromea di Arona, su cui territorio ora si trova un parco.

Gli edifici civili interessanti e originali si trovano spesso nei cortili e vie secondarie. Nei posti del genere c’è la vita quotidiana vera e non quella turistica.

Si possono addirittura osservare degli elementi architettonici ormai rarissimi, dei quali nessuna guida turistica vi parlerà: i bagni aggiunti ai palazzi antichi che ne erano una volta sprovvisti.

Anche le case a ringhiera possono essere belle. Sono quasi dispiaciuto per il fatto che uno dei pochi esemplari trovati a Arona sia in uno stato di abbandono.

Un altro esemplare sembra ancora abitato e ha le vecchie vetrate salve secondo me per miracolo. Meno male che gli abitanti non si oppongono ai miracoli.

Il Comune di Arona, invece, ha un suo modo di intendere la bellezza. Beh, conoscendo le tradizioni italiane in materia, queste luci natalizie sembrano non troppo banali.

La concezione di bellezza realmente spaventosa si trova nelle teste di alcuni commercianti locali. Così, per esempio, una bella donna sarebbe composta dalle gambe e da qualcosa di indefinito che brilla immediatamente sopra di esse.

Nel 2016 mi era già capitato di vedere a Calolziocorte una agenzia viaggi con un nome bello e originale. Il bel nome di una agenzia di Arona sembra invece più una severa verità che una battuta elegante. I viaggi cambiano la mente, non posso negarlo.

Un laboratorio specializzato nella riparazione delle macchine per cucire ha cinque vetrine piene di vecchie macchine prodotte da diverse fabbriche del mondo. Se l’attività primaria del negozio dovesse iniziare a fruttare poco, esso può sempre essere trasformato in un bellissimo museo tecnico. Io ci sarei andato, soprattutto se fosse prevista la possibilità di provare a utilizzare gli esemplari che mi interessano.

Alcuni commercianti del centro si sono uniti in una lotta di classe.

Anche una pro loco di Arona ha prodotto un cartello curioso. Ma anziché videosorvegliare le sigarette accese nei luoghi consentiti, dovrebbe fare qualcosa contro le cicche che finiscono per terra. Alla gente incapaci piacciono le sfide facili.

Le vecchie targhe in ceramica purtroppo sono rare. Ma ci sono.

In una sola occasione ho visto il nome di una via indicato in modo veramente originale. Su un muro scuro e non monocolore si vede malissimo, l’ho notato quasi per caso. Comunque, la sua presenza è sempre meglio della tradizione italiana di scrivere i nomi delle vie una volta ogni due o tre chilometri.

Ad alcuni (ma inspiegabilmente non tutti) cartelli low-cost sono state aggiunte delle strisce metalliche con le informazioni sui personaggi indicati. Chi aveva proibito di scrivere tutto nello spazio originariamente previsto? Sono delle strutture che non ho mai visto prima.

Sempre per la prima volta ho visto l’espressione «Area Demaniale» su un cartello. Che senso ha specificarlo? Lo si è fatto poiché la gente non si lamenti con il Comune per la qualità della manutenzione? Boh…

Un pezzo del lungolago è dedicato a un evento bellico recente. È un’altra rarità per l’Italia.

Sempre sul lungolago è stato avvistato un modello di panchina bello e fino a quel momento sconosciuto.

A molti cestini è stato aggiunto il posacenere da design brutale ma funzionale.

In periferia, su un pezzo del lungolago, le panchine sono alternate con degli attrezzi sportivi interessanti e molto popolari tra gli anziani.

Mentre per i loro nipoti ci sono dei giochi che propongono di affiancare la componente intellettuale a quella sportiva. Mi sono subito ricordato del mio primo insegnante di educazione fisica (un veterano della guerra in Afghanistan) che inventava spesso delle gare con l’aggiunta degli esercizi matematici. Per esempio, bisognava attraversare di corsa la palestra, risolvere un esercizio e tornare di corsa indietro; la squadra-vincitrice era scelta in base alla migliore combinazione tempo/calcoli corretti.

Un modello interessante di fontanella.

Un altro aspetto sociologico interessante di Arona è l’organizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti. A ogni unità immobiliare sono forniti dei contenitori di colori diversi per ogni tipologia del materiale da esporre nei giorni prestabiliti. Ma, in generale, questo è un aspetto della vita quotidiana italiana che per ora ho studiato poco.

Tornando agli argomenti un po’ più elevati, ricordiamo che a Arona si trova lo scalo della Navigazione Lago Maggiore. In sostanza è un piccolo porto.

Mentre la stazione ferroviaria è di una grandezza anomala: l’edificio è a tre piani (invece dei classici due) e a prima vista sembrerebbe un palazzo istituzionale.

Aspettando il mio treno per Milano mi sono accorto della presenza di uno strumento mai visto prima nelle vecchie stazioni italiane: un ascensore d’epoca. Penso che quegli ascensori, presenti su ogni banchina, abbiano una età simile a quella della stazione stessa (attivata nel 1905) e siano stati in origine destinati allo spostamento delle merci e dei bagagli (si veda la loro apertura larga e orizzontale). Sarebbe bello vederli rinascere con l’adeguamento all’uso da parte dei passeggeri (tanto gli ascensori per le categorie con la mobilità limitata ci devono essere comunque).

A questo punto, avendo visto tutti i dettagli interessanti scoperti, lasciamo Arona a vivere la sua solita vita e partiamo verso casa.