L’archivio della rubrica «Italia»

Lo scrivo ora, prima che mi sia dimenticato di farlo o che sia passato troppo tempo: ieri pomeriggio mi è capitato di partecipare a un workshop di alcuni ricercatori di statistica della mia Facoltà… Capisco che già la notizia della mia partecipazione a un evento del genere risulta, per alcuni di voi, una bella barzelletta, ma sono appena all’inizio di un racconto che in realtà riguarda degli argomenti seri…
Volevo raccontarvi di avere appreso, nel corso del suddetto workshop, una serie di informazioni interessanti. Per esempio, oggi potrei condividere con tutti coloro che si ricordano ancora della pandemia del Covid-19 il link di una sezione del sito del laboratorio di ricerca «spsTREND». Il gruppo svolge delle ricerche anche quantitative con dei risultati a volte curiosi e non scontati. Così, studiando il malessere psicofisiologico durante la pandemia in Italia il gruppo ha scoperto che con un grado di coinvolgimento personale basso le donne hanno reagito al fenomeno della pandemia in modo «più pesante» degli uomini (questo dato sembra confermare alcuni stereotipi). Mentre con il crescere del grado di coinvolgimento personale (quando tra i familiari si scopre un positivo, un ricoverato o, il grado massimo, un deceduto) la «pesantezza» della reazione maschile raggiunge presto quella femminile. Allo stesso modo, i giovani tra i 18 e i 39 anni risultano «spensierati» finché va tutto bene, ma vanno velocemente «in panico» come le persone più anziane quando vengono a sapere di un positivo, un ricoverato o, il grado massimo, un deceduto in famiglia… Le persone della fascia d’età più elevata (tra quelle impostate dal gruppo di ricerca), invece, quasi non cambiano la propria reazione con crescere della gravità della situazione.

Insomma, è ricerca interessante, lo sono pure alcune altre. Sarebbe curioso applicare lo stesso metodo di ricerca anche ad altri fenomeni del periodo storico corrente.


I fornitori degli armi alla Russia

Per fortuna, non tutto dipende dalle tendenze politiche del momento.
Il Dipartimento di Giustizia degli USA comunica che in Italia è stato arretato, su richiesta degli USA, Artem Uss, il figlio del governatore della regione russa di Krasnojarsk Aleksandr Uss. Un altro personaggio coinvolto nel «caso Uss», Yury Orekhov, è stato arrestato in Germania. Le autorità statunitensi chiederanno l’estradizione di entrambi negli USA. Secondo l’accusa, Uss e Orekhov avrebbero acquistato – attraverso una società di comodo tedesca da loro creata, la Nord-Deutsche Industrieanlagenbau GmbH (NDA GmbH) – delle tecnologie statunitensi utilizzate nella produzione degli armamenti. Le tecnologie in questione sarebbero poi state vendute alla Russia, anche a una azienda colpita dalle sanzioni occidentali. Alcune delle tecnologie ottenute attraverso tale schema sono state trovate negli armamenti russi abbandonati sul campo di battaglia in Ucraina.
Purtroppo, l’estradizione dei due accusati potrebbe invece diventare una questione politica, il cui esito mostrerà il vero rapporto di due Governi europei con la guerra in corso. Presterei un po’ di attenzione a questo test pratico.
Nel frattempo, devo constatare che al momento della scrittura del presente post i media italiani stavano ignorando quasi totalmente l’argomento. E coloro che ne hanno scritto non hanno azzeccato la foto di Artem Uss, che in realtà sarebbe questa:

So che pure in Italia alcune persone sostengono la tesi in base alla quale le guerre si finiscono con la negazione del sostegno alla vittima della aggressione. Io, per ora, ho abbastanza salute mentale per sostenere l’esatto contrario, quindi spero che Uss e Orekhov – come pure altri personaggi del genere – abbiano presto l’occasione di visitare gli USA.


La stampa italiana

Si possono e si devono dire molte cose negative della stampa russa, ma a volte mi stupisce tantissimo anche quella italiana. Per fortuna, mi stupisce in relazione ai dettagli notevolmente più ingenui e pacifici rispetto a quella russa. Tra ieri sera e stamattina ho scoperto due nuovi piccoli esempi che «salvo» in questo post per non dimenticare di approfondirli in seguito.
L’esempio numero 1. Al «Corriere della Sera» non sanno ancora – dopo secoli – che il sesto piano in Russia corrisponde al quinto piano in Italia (e in quasi tutto l’Occidente). Eppure, sarebbe utile avere – soprattutto in questo periodo – almeno un giornalista o redattore che si intenda anche dei piccoli dettagli della vita quotidiana russa.

[N.B.: la morte del manager in questione mi sembra molto sospetta, ma per ora non sono in grado di commentarla.]
L’esempio numero 2. Il giornale italiano «Il Tirreno» (che non ho mai sentito nominare fino a ieri) ha pubblicato, in sostanza, una voce diffusa da non si capisce chi sulla base della lingua che apparentemente non conosce. Il russo si parla (ancora) in moltissimi Stati dell’ex URSS (spesso con accenti ben riconoscibili) e, inoltre, ci sono moltissimi russi anti-putiniani che vivono stabilmente fuori dalla Russia. Ma il giornale « Del Cazzo » «Il Tirreno» ha deciso comunque di fare un regalo enorme alla propaganda russa, la quale sta già sfruttando l’a «articolo» sul mercato interno.

[N.B.: cazzius, potevano essere pure dei parenti di Zelensky stesso, il quale fino a due anni fa parlava malissimo l’ucraino.]


L’architetto di Putin

All’"architetto di Putin" Lanfranco Cirillo, accusato di reati fiscali e tributari, sono stati sequestrati beni per 141 milioni di euro. Per ora non riesco a capire quanto le accuse siano fondate, ma vedo già che Cirillo sta per qualche strano motivo (e in un modo un po’ debole) tentando di difendere Putin dalle accuse di corruzione. Certo, posso presumere che l’unico suo intento sia quello di non perdere i ricchi contratti in Russia, ma di questi tempi non mi sembra una cosa tanto conveniente: almeno per una persona capace di pensare – a differenza dello stesso Putin – alle condizioni della propria vita in un futuro più lontano di qualche mese…
Ma nell’attesa degli sviluppi di questa storia (che un po’ mi incuriosisce) posso constatare già ora che con l’aiuto di Lanfranco Cirillo la Russia contemporanea è riuscita a esportare nel mondo qualcosa di diverso dal petrolio, gas e bombe: il modo di conservare i beni personali (soldi contanti e oggetti di valore registrati all’estero) e di giustificare la loro provenienza («vivo e lavoro all’estero»). Questo «favore» reputazionale potrebbe essere ricordato nel futuro inevitabile senza Putin, quindi qualcuno rischia di perdere più o meno tutto in entrambi gli Stati: quello delle indagini e quello dei guadagni.


Cosa significa pagare in rubli

Purtroppo, nel nostro mondo imperfetto molto spesso si incontrano tra loro le persone che non sanno scrivere le notizie e le persone che non sanno leggere le stesse notizie…
Per esempio: oggi molti giornali italiani hanno scritto del fatto (fatto?) che l’ENI starebbe considerando l’opzione di rispettare il decreto di Putin e pagare quindi il gas russo in rubli. Di questa notizia, però, bisogna scrivere e capire una cosa semplicissima: l’ENI indipendentemente dalla decisione presa, NON pagherà il gas russo in rubli. La spiegazione di tale fenomeno curioso non è difficilissima.
Infatti, bisogna ricordare che:
– il decreto presidenziale di Putin sui pagamenti in rubli è un tentativo di cambiare unilateralmente il contratto firmato dalle aziende private (contratto che, tra l’altro, prevede anche la valuta di pagamento) con una norma di rango inferiore a una legge ordinaria russa: quindi dal punto di vista puramente giuridico quel decreto è la carta igienica sporca;
– di conseguenza, l’ENI ha tutto il diritto di ignorare quel decreto, continuare a pagare in euro come ha sempre fatto e, in caso di problemi, andare dal giudice e vincere la causa;
– naturalmente, nella vita reale l’ENI ha bisogno (per ora) del gas russo, quindi sta cercando delle soluzioni che non compromettano la continuità della sua attività;
– lo stesso decreto di Putin stabilisce, in breve, che lo stesso Gazprom apre dei conti nella propria banca per ogni azienda-cliente non russa, riceve i pagamenti in euro o in altre valute (come ha sempre fatto prima della guerra in Ucraina) su quei nuovi conti e poi converte la valuta ricevuta in più passaggi (ma ormai senza alcuna partecipazione della azienda-cliente) in rubli;
– quindi «pagare in rubli» significherà, per l’ENI, versare gli euri su un nuovo conto della Gazprombank.
Basta, tutto qui.
Però la propaganda russa avrà l’occasione per dire che «l’ENI è stata costretta a pagare in rubli».


L’umorismo di Berlusconi

Questo sabato finalmente si è espresso pure Silvio Berlusconi, parlando del «suo [ex?] amico Putin» ha detto:

Io Putin l’ho conosciuto vent’anni fa. Mi era sempre parso un uomo di gran buon senso, di democrazia, di pace, peccato davvero per quel che è successo…

Nei tempi relativamente normali – quelli che hanno preceduto il 24 febbraio 2022 – avrei riso tantissimo sulle parole «di democrazia» e «di pace». Ora, invece, posso constatare solo due cose.
Prima di tutto, ho scoperto che Silvio Berlusconi è molto meglio di quello che mi sembrava negli ultimi 10–15 anni.
In secondo luogo, devo notare che l’espressione «di buon senso» utilizzata nella citazione di cui sopra potrebbe diventare una interessantissima (e nuova?) formula diplomatica. Infatti, con l’inizio di questa guerra in Ucraina voluta da Putin ci siamo trovati di fronte a una preoccupante scelta: riconoscere che Putin sia un folle incapace di prevedere le conseguenze delle proprie azioni oppure pensare che prenda ancora delle scelte razionali nell’ottica dei fatti e dei costrutti logici esistenti solo nella sua mente (perché, effettivamente, sono due categorie totalmente sconosciute a tutti gli altri). La seconda delle opzioni può essere definita con l’espressione «buon senso», ma di fatto è sempre una forma di pazzia. Proprio come la prima opzione.
Complimenti a Putin che è riuscito a perdere in questo modo «bellissimo» uno degli alleati più fedeli…


Una osservazione sorprendente

Sicuramente tutti i miei lettori minimamente connessi con il mondo reale sanno che a partire da oggi la validità del cosiddetto «Green Pass» è ridotta a 6 mesi. La tutela della salute propria (è uno di quei casi in cui conviene essere egoisti) e degli altri è importante quanto la libertà di spostamento, quindi pure io sono andato – nel tardo pomeriggio di domenica – a ottenere la mia terza dose (il booster). Non ho ancora visto una posizione univoca degli scienziati circa il periodo reale di funzionamento delle prime dosi (a volte mi sembra che a promuovere la vaccinazione frequente siano prevalentemente i produttori dei vaccini stessi), ma la terza dose male non fa (anzi!), quindi sono andato tranquillo. La terza dose del Pfizer – con il quale ci conosciamo già – ha già prodotto lo stesso effetto percepibile di prima: un leggero dolore alla spalla. Ma non è di questo che volevo scrivere.
Mi ha sorpreso tantissimo il vuoto quasi totale al «mio» centro vaccinale (abbastanza grande): una volta compilato il solito questionario, mi sono trovato in una fila con 2 (due!) persone davanti. Considerati la vicina scadenza burocratica, il giorno libero (domenica) per molti lavoratori e una certa paura collettiva del virus, sono rimasto molto sorpreso… Ma si sono già vaccinati tutti? Oppure la maggioranza di coloro che volevano farlo si sono contagiati prima? Boh.
Però dalle conversazioni dei medici e infermieri sentite per caso, ho capito che verso la fine della giornata a loro erano avanzate un po’ di dosi di Pfizer e di Moderna. Di conseguenza, chi non è riuscito a prenotare la vaccinazione per una data vicina, può provare a presentarsi anche senza al centro più vicino verso fine giornata. Potrebbe andarvi bene!

Vaccinatevi, vaccinatevi, vaccinatevi che mi sono rotto tutto di questa pandemia.


“Ciao 2021”

Se avessi la possibilità di svolgere delle ricerche sociologiche qualitative basate su un largo campionario, avrei iniziato da uno dei miei dubbi più grandi degli ultimi 12 mesi.
La mia domanda scientifica è: ma tutti gli italiani entusiasmati per gli show «Ciao 2020» e «Ciao 2021» usciti sul primo canale della televisione russa la notte di Capodanno 2021 e 2022 cosa potevano (o pensavano di) capirci?
Io, essendo madrelingua russo ed essendo aggiornato sulla cultura popolare russa contemporanea e quella dei decenni passati, capisco:
a) a quali canzoni russe e sovietiche è stata data una sonorità scherzosamente «italianizzata»,
b) chi sono realmente tutti i personaggi che partecipano agli show (e, quindi, perché i loro ruoli fanno ridere),
c) che diverse parole italiane fanno ridere agli spettatori russi a causa della assonanza con le parole russe (e negli show citati quelle parole vengono spesso usate per fare delle battute di un livello… ehm… abbastanza vario),
d) che in diverse scene vengono presi in giro (o almeno «citati») la tv russa e sovietica, i film russi e sovietici, la musica russa e sovietica, i meme russi e molti altri fenomeni culturali e sociali,
e) che i rappresentanti non sempre migliori della musica italiana erano ascoltati nell’URSS (ma anche ora tra le persone di una certa età non particolarmente esigenti/aggiornate) solo perché erano tra i pochi cantanti/musicisti del mondo capitalista che si poteva ascoltare legalmente; gli autori degli show e gli spettatori russi lo sanno benissimo.
Purtroppo o per fortuna, non posso fare finta di non capire tutte le cose appena elencate (come alcune altre ancora), quindi non riesco proprio a guardare quegli show con gli occhi di un italiano. E, di conseguenza, non riesco proprio a capire per quali motivi quegli show siano piaciuti tanto a molti italiani. Che cazius potevano capirci?!
Boh…
Saranno (o sarete?) contenti per il solo fatto che qualcuno all’estero si ricorda della lingua italiana? Ma in questo caso l’italiano è solo un contenitore utilizzato intenzionalmente «male» e, certamente, non per manifestare qualche sentimento verso l’Italia.

Bene, ora vado a scrivere ai miei amici sociologi. Sperando che qualcuno si interessi…


Alcune osservazioni pre-festive

Sul mio telefono si sono accumulate un po’ di foto del centro di Milano che viene preparato per il periodo natalizio del 2021. Quindi è giunta l’ora di pubblicarne qualcuna assieme alle rispettive osservazioni: prima che queste ultime diventino obsolete.
In primo luogo, non posso non esprimere la mia soddisfazione per il fatto che si sia finalmente tornati a un albero tradizionale. Complimenti al Comun e allo sponsor per avere compreso che il limite massimo delle anomalie durante le festività invernali sia già stato ampiamente superato l’anno scorso.

Altrettanto bello è rivedere, al solito lato della piazza Duomo, il tradizionale Tempio del distanziamento sociale: Continuare la lettura di questo post »


Le notizie dai mezzi pubblici

Come sicuramente sapete, da ieri, il 6 dicembre, in Italia si applicano le misure relative al cosiddetto «super green pass». Tra le altre cose, questo significa anche il «green pass» è richiesto per accedere a tutti i mezzi pubblici di trasporto. Quindi i giornali scrivono che ieri sarebbero stati effettuati i primi controlli a campione (con delle conseguenze varie per i passeggeri).
Io, da parte mia, posso testimoniare di avere preso, nella giornata di ieri tre tipi di mezzi pubblici molto diversi tra essi (in parte racconterò più tardi il perché) all’andata e poi al ritorno, ma non ho visto alcun controllo (anche se, scendendo dal treno della metropolitana, ho visto salire tre poliziotti dalla porta accanto). O sono stato particolarmente fortunato, o i controlli non sono per ora particolarmente intensi.
Detto questo, esprimo un desiderio: spero che i no-vax convinti continuino a viaggiare, contribuendo con le loro multe al rinvio dell’aumento di qualche imposta. In questo periodo tutti abbiamo bisogno di soldi: persone fisiche, persone giuridiche, gli enti locali e lo Stato…